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14 Marzo 2023

Giubileo 2025, a Palazzo Chigi la quarta riunione della Cabina di Coordinamento

Si è tenuta oggi a Palazzo Chigi la quarta riunione della Cabina di Coordinamento Giubileo 2025, presieduta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. L’incontro si è aperto con l’illustrazione da parte del Sindaco di Roma Capitale e Commissario straordinario del Governo al Giubileo 2025, Roberto Gualtieri, degli aggiornamenti sullo stato di avanzamento delle procedure di affidamento e del cronoprogramma dei progetti, alla luce anche delle norme di semplificazione recentemente introdotte.

14 Marzo 2023

Unar e Lega Serie A firmano il protocollo d’intesa per contrastare le discriminazioni nel calcio

È stato siglato oggi pomeriggio, presso la Biblioteca Chigiana della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Protocollo d’Intesa tra il Presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini e il Direttore dell’Unar – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri Mattia Peradotto.

14 Marzo 2023

Fisco, incontro Governo - sindacati

Il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il Viceministro, Maurizio Leo e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, illustrano ai rappresentanti delle sigle sindacali i principi della delega relativa alla riforma del Fisco. 

14 Marzo 2023

Fisco, il Governo illustra i principi della Delega ai sindacati

Un’ampia delega per rivoluzionare in modo strutturale il sistema fiscale italiano dopo 50 anni dall’ultima riforma complessiva che risale agli anni ’70 (Legge delega n. 825 del 1971). In occasione del confronto a Palazzo Chigi con i rappresentanti delle sigle sindacali, il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il Viceministro, Maurizio Leo e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, hanno illustrato principi e tempistiche del ‘Nuovo Fisco’ ridisegnato dal Governo Meloni che passa da una revisione organica del sistema tributario italiano.

14 Marzo 2023

Il Ministro Fitto incontra il Segretario di Stato spagnolo per l’Ue Navarro, scambio di vedute su PNRR, energia, migrazione e futuro dell’Unione

Il Ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, ha incontrato oggi a Madrid il Segretario di Stato spagnolo per l’Unione Europea, Pascual Ignacio Navarro Ríos.
I colloqui si sono innanzitutto incentrati sui temi all'ordine del giorno del prossimo Consiglio Europeo del 23 e 24 marzo e, più in prospettiva, su un ampio spettro di questioni europee in vista della Presidenza di turno spagnola nel secondo semestre 2023.

14 Marzo 2023

Milano Cortina 2026, istituita cabina di regia

Con decreto del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è stata istituita la Cabina di regia per le opere e gli interventi relativi ai Giochi olimpici e paralimpici invernali «Milano Cortina 2026».

13 Marzo 2023

Gli auguri del Presidente Meloni a Papa Francesco per il decimo anniversario dell'elezione al Soglio pontificio

Santo Padre, Le scrivo per porgerLe i miei personali auguri e quelli del Governo italiano per il decimo anniversario dell’elezione al Soglio di Pietro. Il Suo Magistero è un punto di riferimento insostituibile per l’Italia, l'Europa e per il mondo. Sono tanti gli interventi, le azioni concrete e i gesti simbolici che Lei ha compiuto in questi anni e che entreranno nella storia. Mi consenta di ricordarne uno che ricorre spesso nella mia memoria: il momento straordinario di preghiera celebrato il 27 marzo 2020 sul Sagrato della Basilica di San Pietro.....

13 Marzo 2023

Il Presidente Meloni alla presentazione del libro "L'atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale"

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha tenuto un intervento alla presentazione del libro "L'atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale" di Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, presso la sede della rivista a Roma.

Intervento del Presidente Meloni alla presentazione del libro di Padre Antonio Spadaro

Lunedì, 13 Marzo 2023

Buonasera a tutti.

Grazie a Padre Spadaro per l’invito. Il mio saluto a Sua Eminenza il Cardinale Parolin, che nella sua relazione mi ha offerto molti spunti estremamente interessanti, illuminanti per molti versi. Ringrazio e saluto tutte le autorità civili e religiose intervenute. Ringrazio e saluto gli Ambasciatori, i colleghi della stampa, tutti gli intervenuti.

Dieci anni fa, esattamente a quest'ora, Jorge Mario Bergoglio veniva eletto Papa e quando si affacciava su Piazza San Pietro dalla Loggia delle Benedizioni, annunciando che avrebbe assunto il nome di Francesco, lui pronunciava una frase che secondo me era la più efficace delle presentazioni di quello che sarebbe stato il suo pontificato.

Dice Papa Francesco: “Sapete che è dovere del Conclave dare un Vescovo a Roma. Pare che stavolta i miei fratelli siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo”. E con queste parole Papa Francesco ci dà un’anticipazione, se lo riguardiamo adesso a dieci anni di distanza, di quello che sarebbe stato forse il tratto più distintivo del suo pontificato, per come io lo leggo e per come Padre Spadaro mi ha aiutato a rimettere insieme i pezzi di questo mosaico. Il suo tratto più marcato è proprio l'attenzione ai luoghi e ai popoli lontani, alle periferie, alle periferie fisiche e alle periferie esistenziali. 

Ed io davvero voglio ringraziare Padre Spadaro perché questo testo con il quale lui ha ricostruito questo lavoro, lui lo chiama Atlante, in effetti è qualcosa quasi di didattico, che aiuta proprio con le mappe e con il racconto a rimettere insieme un quadro che oggi è molto chiaro di questo Pontefice, e io credo davvero che ci offra degli spunti.

Chiaramente non è nel mio ruolo, e forse neanche nelle mie possibilità, interpretare il pontificato di Papa Francesco e fare un lavoro che Sua Eminenza il Cardinale Parolin ha già fatto egregiamente, quello che io credo sia il mio compito in questa serata è cercare di capire come interpreto alcuni elementi e alcuni insegnamenti che da questo Pontefice sono arrivati nel lavoro che mi trovo a fare tutti i giorni.

Allora parto da un elemento che a me ha particolarmente colpito di Papa Francesco e dei tratti che ne riprende Padre Spadaro, partendo da un elemento che non può non rinfrancare chi come me si trova a guidare una Nazione come l'Italia, forse nel suo momento più complesso dalla fine dell'ultimo conflitto mondiale.

Delle volte, e lo dico particolarmente in questi giorni, cerchi di affrontare un problema e se ne apre un altro che è ancora più grande e, davvero, diventa un po' complesso. Io da questo punto di vista sicuramente non sono stata fortunata se vogliamo, però poi la lettura che ne dà Papa Francesco è una lettura che io ho trovato straordinaria e riguarda proprio il tema della crisi.

Secondo il Pontefice la crisi di per sé non è negativa, e per la verità noi dovremmo già saperlo perché basta andare all’etimologia della parola crisi. La parola crisi viene dal greco Krisis, scelta, da Krinò, distinguere. Padre Spadaro ne fa una un'immagine straordinaria, dice che “la crisi richiede quel tipico lavoro di setaccio che pulisce il chicco di grano dopo la mietitura”. Quel lavoro di scegliere, separando il chicco buono, il chicco pulito dalle sue scorie, è fondamentale per poi macinare il grano e per fare con quel grano farina e pane.

La crisi è un momento per liberarsi dalle scorie. La crisi è anche un'occasione. Perché? Perché la crisi costringe a scegliere. È una cosa che la politica spesso non ha fatto. È una cosa che, quando la situazione è più tranquilla, la politica può rinviare e l'Italia questo oggi lo sta pagando perché noi lo abbiamo visto in passato: questa è una Nazione che non ha avuto una visione industriale. Eravamo nella globalizzazione, abbiamo scelto quale fosse il nostro ruolo nella globalizzazione?  Quale fosse il nostro ruolo come potenza industriale, quali dovessero essere le nostre specificità, su cosa puntare, qual era la nostra forza? No, non l'abbiamo scelto. Abbiamo fatto delle chiare scelte di politica economica con le poche risorse delle quali disponevamo? Molto spesso no, molto spesso ci si è limitati a mettere insieme le rivendicazioni dei partiti che componevano la maggioranza di turno e cercare di accontentare un po' tutti, senza porsi il problema di capire se questo poi avesse un quadro d'insieme.

Perché nella politica economica le cose funzionano se persegui una linea, altrimenti rischi di spendere molte risorse per risultati che purtroppo non sono adeguati alle risorse che stai spendendo. Non un'idea chiara su quali fossero le priorità sulle quali bisognasse investire, delle volte anche sulla politica estera abbiamo avuto delle posizioni altalenanti. È possibile che fosse più redditizio sul piano del consenso. Non scegliere è sicuramente più redditizio nella misura in cui quando scegli, sempre, c'è qualcuno che rimane deluso e quindi finché si è potuto fare si è fatto.

Oggi noi siamo in una situazione nella quale la politica questo non se lo può più permettere e, nella difficoltà della realtà che ogni giorno ci troviamo ad affrontare ringrazio Dio per questo, cioè della possibilità di essere costretta a fare delle scelte, anche scontentando qualcuno - che è una cosa che ho messo in conto e che si deve mettere in conto -, ma con la possibilità di dare a questa Nazione un'idea di politica industriale, economica, un'idea di priorità sulle quali bisogna concentrare le poche risorse delle quali si dispone, un'idea di quale debba essere il futuro per le Istituzioni di questa Nazione, una scelta per le sue principali riforme. Non è una cosa facile, però il fatto di essere costretta a farlo, di non avere scelta, alleggerisce la mia coscienza. 

Ripeto: molto spesso tutto questo non aiuta sul consenso. Io ho visto quando noi abbiamo fatto la scelta, sicuramente dolorosa, di non prorogare lo sconto sulle accise della benzina, è stata molto contestata, è stata molto discussa, ma era una scelta. Noi avevamo 40 miliardi, 30 erano sulle bollette, rimanevano 10 miliardi, avevamo due scelte: continuare a scontare le accise sulla benzina, che era un provvedimento che impattava su tutti alla stessa maniera e i dati dicono che quasi il 70% va a beneficio delle fasce più alte, oppure prendere quei 10 miliardi e concentrarli sulle fasce che erano maggiormente in difficoltà. Abbiamo fatto la seconda di queste scelte. Oggi io rivendico quella scelta, perché farne un'altra probabilmente sì, avrebbe aiutato tutti e quindi avrebbe avuto maggiore consenso, ma non era la scelta giusta in quel contesto. E io credo che la politica si debba assumere la responsabilità di dire anche no, quando c'è da dire di no. 

Così come sulla politica strategica di questa Nazione noi, ad esempio, partendo da un fatto di crisi e da un elemento di crisi, stiamo cercando di trasformare quella che è una crisi in una opportunità. La crisi energetica. Oggi l'Europa ha un problema di approvvigionamento energetico, l'Italia in quella difficoltà ha un vantaggio che è la nostra posizione geo-strategica. L'Italia è una piattaforma nel Mediterraneo, può essere la porta d'ingresso dell'energia europea. E questo significa fare diverse cose: significa lavorare sulla sicurezza energetica italiana ed europea e significa fare cooperazione, particolarmente con i Paesi del Mediterraneo, con i Paesi africani. 

È una materia sulla quale io lavoro, come avete visto, da diverso tempo, e qui trovo un altro elemento illuminante della parola di Papa Francesco che ricordava anche Sua Eminenza il Cardinale Parolin, che è il tema di considerare la Misericordia il fulcro dell'azione politica. Come fa una categoria filosofica come la Misericordia entrare in un discorso così concreto, che a volte ha anche bisogno di andare avanti molto velocemente come la Geopolitica? Questo è molto interessante. La lettura che ne do e che ne ho dato è proprio nel tema di un approccio non predatorio della cooperazione allo sviluppo. 

Non è un caso che questo nostro lavoro di Italia come capofila di un discorso, che secondo me deve essere europeo nel rapporto con l'Africa, fondato soprattutto sul tema della produzione energetica, noi l'abbiamo definito Piano Mattei per l'Africa. Abbiamo preso l'esempio di un uomo che quando faceva cooperazione allo sviluppo con i Paesi non arrivava per togliere e portare via, arrivava per lasciare qualcosa. 

La cooperazione è cooperazione solamente se si fa da pari a pari, ma non è sempre la cooperazione che noi abbiamo visto. Non è sempre la cooperazione che noi abbiamo visto soprattutto nei confronti dell’Africa perché, diciamoci la verità, l’Africa non è un continente povero di materie prime, di possibilità, di ricchezze naturali. È un continente sfruttato. 

E allora l'approccio che secondo me noi dobbiamo cercare di realizzare, è un approccio nel quale noi abbiamo sicuramente un interesse e l'interesse è la produzione energetica - mix energetico, diversificare le fonti dalle rinnovabili all'idrogeno verde, qualsiasi strumento per noi è interessante -, ma quella produzione con i nostri investimenti, con il nostro know-how, con la nostra formazione, può produrre in Africa ricchezza. Non vuol dire arrivare ed estrarre l’oro per portarlo via senza magari lasciare niente, vuol dire lasciare su quei territori strumenti, investimenti, lavoro.

Io ho incontrato in questi anni molti africani e molti di loro - quasi tutti - mi hanno detto: “Guarda che noi non vogliamo venire in Europa. Noi non vogliamo essere costretti a scappare dalle nostre terre. Noi vogliamo riuscire a vivere bene nelle nostre case, nelle nostre Nazioni, con le nostre famiglie, di ciò che abbiamo”. Su questo ci siamo interrogati adeguatamente in questi anni, abbiamo lavorato a sufficienza in questi anni? No, io credo che su questo si possa fare molto di più e credo che questo sia anche l'approccio più umano che si può avere, l'approccio più - se vogliamo - misericordioso che si possa avere, un approccio nel quale noi non ci consideriamo migliori degli altri. 

Questo Papa Francesco lo dice perfettamente perché dice: “Se ogni persona ha una dignità inalienabile, se ogni essere umano è fratello o sorella, allora anche la mia Nazione è corresponsabile del suo sviluppo. E il nostro compito è accogliere quando se ne abbia un bisogno inderogabile e promuoverlo nella sua stessa terra, non usufruendone svuotando di risorse naturali Paesi interi. Accoglienza come bisogno inderogabile, cooperazione come arma di libertà”. È esattamente quello su cui stiamo cercando di lavorare. 

Voi immagino abbiate visto che abbiamo cominciato il nostro lavoro, io ho cominciato il mio lavoro girando l'Africa in lungo e largo per portare investimenti quando potevo, e ho posto questa questione anche a livello europeo perché chiaramente l'Italia non può da sola fare quello che invece l'Unione europea potrebbe fare molto più efficacemente. 

Io insisto, credo che questo sia il modo più responsabile di approcciare questa materia. lo dico in giorni particolari nei quali il Governo, la sottoscritta, sono stati accusati di cose raccapriccianti, ma la mia coscienza è a posto perché, vedete, quello che ci raccontano questi giorni è che più persone partono più persone si mettono nelle mani di cinici trafficanti e più c'è il rischio che qualcosa vada storto.

Io francamente non credo che questo possa mai essere il modo giusto, umano, responsabile di affrontare questa vicenda. 

Certo sarebbe forse più facile, potremmo anche noi mettere tranquillamente la testa sotto la sabbia; lasciare che siano dei mafiosi a decidere chi può arrivare da noi; lasciare che riesca ad arrivare da noi solo chi ha i soldi per pagare quei mafiosi; lasciare che in Africa continuino a prendere piede i mercenari della Wagner e i fondamentalisti; lasciare che chi arriva da noi si ritrovi spesso a non avere la vita che gli era stata promessa e si ritrovi magari a fare la manodopera alla criminalità organizzata o vittima della prostituzione con i riti voodoo fatti sulla testa dei propri figli, finché non si ripaga in prostituzione qualche decina di migliaia di euro.

Questo la mia coscienza non me lo consente. Io credo che la questione vada affrontata in modo molto più serio e molto più strutturale - chiaramente questo richiede tempo, richiede tantissimo lavoro - io credo che un approccio serio sia fermare i trafficanti, sia favorire flussi legali e dare alle persone che vengono a vivere nella tua comunità le stesse opportunità che dai ai tuoi cittadini perché non mi convince neanche l'approccio di chi dice noi abbiamo bisogno dell'immigrazione perché gli immigrati fanno lavori che gli italiani non vogliono fare. Non è esatto, è esatto che li fanno a condizioni che gli italiani non sono disposti ad accettare.

Noi non dovremmo accettare che chi arriva dall'Africa debba lavorare a condizioni che i nostri cittadini non accettano: questo significa, secondo me, lavorare tenendo presente cosa sia la dignità della persona e allora sì, si può fare. In questi giorni mentre altri fanno polemica io passo le mie giornate al telefono con tutte le persone con le quali posso parlare per cercare di sbloccare un finanziamento del Fondo Monetario Internazionale alla Tunisia, senza il quale la Tunisia rischia finanziariamente molto e, se le cose vanno male, sarà meglio o sarà peggio per i cittadini tunisini?

Eppure non c'è un interlocutore che su questo ti ascolti. Speriamo di sì, nelle prossime ore, ma questo è il lavoro che noi stiamo facendo in Tunisia, in Libia dove lavoriamo ad una stabilizzazione del quadro politico senza la quale diventa difficile anche fare investimenti, che comunque stiamo provando a fare, aiutare le persone, creare posti di lavoro;  poi nel Sahel dove la situazione immagino sappiate  - anche per un tema geopolitico che non dovrebbe sfuggire ai più in un contesto di conflitto - è sempre più instabile;  nel Corno d'Africa dove la povertà dilaga e ci sono tuttavia delle Nazioni che hanno delle ricchezze importanti sulle quali potrebbero vivere. 

Questa è la politica seria che secondo me va fatta: accogliere chi ha diritto ad essere rifugiato, accogliere senza che debbano pagare i trafficanti chi qui può essere accolto con un lavoro dignitoso, con una vita dignitosa, formare le persone, dare loro lavoro, investire in Africa. Questo mi sembra l'approccio più serio e questo è l'approccio che, secondo me, va portato avanti.

Il contesto internazionale non aiuta, noi siamo nel mezzo di un conflitto ma non solo nel mezzo di uno. Il Pontefice definisce quella che viviamo una guerra mondiale a pezzi. Ed è vero perché i focolai sono moltissimi. Chiaramente c'è tra tutti il tema del conflitto in Ucraina e qui io ho apprezzato molto le parole del Pontefice e anche quelle del Cardinale Parolin, che ha fatto anche un'intervista a Limes “I popoli hanno diritto a difendersi se attaccati”.

La natura di questo conflitto è una natura particolare. Prima diceva giustamente Padre Spadaro che noi non dobbiamo confondere la vittoria con la pace. Ovviamente no, ma non possiamo confondere neanche un'invasione con la pace.

Oggi c'è un aggredito e c'è un aggressore e il problema qual è? Il problema è che se noi ci voltassimo dall'altra parte e non aiutassimo l’aggredito a difendersi non avremmo pace, noi avremmo un'invasione che configurerebbe una guerra molto più vicina.

L'unica cosa che si può fare, la cosa più efficace che si può fare è intanto, per un fatto di diritto, sostenere chi si sta difendendo perché non passi il principio che il diritto del più forte vale più della forza del diritto.

È anche il precedente il problema. Ora gli Stati nazionali da questo punto di vista - e io lo dico per come interpreto il ruolo italiano - tutti vogliamo la pace e tutti facciamo quello che possiamo per favorire una soluzione di questo conflitto che non stabilisca il principio di cui sopra: chi è più forte impone la propria forza.

Nel ruolo degli Stati nazionali, io credo che la cosa più preziosa che si possa fare sia creare un equilibrio tra le forze in campo, che è da sempre la precondizione per qualsiasi tavolo negoziale, perché se qualcuno vince e qualcuno perde non c'è bisogno di mettersi d'accordo.

Però, da questo punto di vista, io credo che sia proprio la Santa Sede quella più idonea a favorire una soluzione negoziale perché non ha altro interesse che non sia quello di una soluzione giusta di questo conflitto, non ha un interesse nazionale che muove gli Stati nazionali quindi inevitabilmente ha sempre anche delle postille. Quindi io davvero sostengo questo sforzo che ho visto e che spero si intensifichi e sul quale la Santa Sede può assolutamente contare sul nostro aiuto.

Dopodiché un altro elemento che io ho trovato molto interessante di questa ricostruzione dell'insegnamento di Papa Francesco riguarda il tema dell'Europa. 

Il Papa dice che “i Padri fondatori ci ricordano che l'Europa non è un insieme di regole da osservare, ma un modo di concepire l'uomo”. È corretto, giusto, giustissimo.

Perché era sbagliato che l'Unione Europea non riconoscesse nei suoi Trattati le sue radici? Perché se non riconosci le tue radici non sai neanche perché stai insieme e quando non c'è una visione sulle ragioni per cui stai insieme rimane solo l'interesse. Lo abbiamo visto. Abbiamo visto in che cosa questo non ha funzionato, lo abbiamo visto in quello che molto spesso ci è sembrato più un gigante burocratico che un gigante politico e anche l'idea dell'Unione Europea come un club nel quale ci sono Nazioni di Serie A e Nazioni di serie B - nel quale qualcuno decide chi ci può stare e chi non ci può stare - è un'idea secondo me distorta dell'Europa.

Se qualcuno in Europa è un po' indietro, se sei una civiltà, se hai un destino comune, lo aiuti, lo avvicini cerchi di aiutarlo a risolvere i suoi problemi. Se invece ti consideri un club, lo spingi, lo spingi fuori come se l’Europa ti appartenesse, ma l'Europa non appartiene a nessuno che non siano i popoli europei.Il fatto – ripeto - di aver in apertura negato quello che ci teneva insieme

quando i primi confini europei erano stati disegnati dai monasteri benedettini è stato un errore che poi purtroppo, in molti casi, abbiamo pagato nella capacità che l'Europa aveva di mettere le grandi questioni prima delle piccole questioni.

Si parlava prima di friend-shoring. È molto bello il riferimento alla fratellanza nelle catene di approvvigionamento, un grande tema che si lega al tema della globalizzazione.

Noi abbiamo pensato per anni - l'ho detto in altre occasioni - che il libero commercio senza regole avrebbe risolto tutti i nostri problemi, che avrebbe democratizzato i regimi, che avrebbe diffuso la ricchezza e non è andata così. È andata che i regimi si sono rafforzati nel mondo grazie al libero commercio, che sono involuti e che noi ci siamo indeboliti perché non controllavamo più niente: lo vediamo oggi con l'energia, lo vedevamo ieri con i chip, lo vedremo domani con qualcos'altro.

E allora sì, uno dei grandi temi che l'Europa si trova ad affrontare ci ricorda le carenze di non aver forse letto a sufficienza il nostro destino comune.

C’è un altro tratto fondamentale, secondo me, del Pontificato di Papa Francesco che per me è preziosissimo che è quello sulla persecuzione anticristiana.

È un grande insegnamento quello di Sua Santità. Dice durante un'omelia del 2016 che ci sono due tipi di persecuzioni anticristiane. Quella che si abbatte sui cristiani perseguitati nel mondo, che è stata oggetto di molti viaggi apostolici del Pontefice, dalla Repubblica centrafricana fino all'Africa dove anche io sono stata, dove la comunità Cristiana è stata di fatto decimata, è curiosamente un tema del quale non si parla quasi mai - la più grande persecuzione in atto nel mondo, è anche quella della quale si parla meno. È qualcosa che dovrebbe farci riflettere.

L’8 marzo ho ricevuto a Palazzo Chigi due ragazze nigeriane vittime di Boko Haram. Sarebbe per me impossibile raccontarvi la loro storia e mi sono vergognata perché loro raccontavano una storia che è oltre ogni nostra immaginazione. Una storia di sofferenza, di persecuzione, di violenza reiterata di fronte alla quale davvero stenti a credere che un essere umano possa ancora andare avanti e io mi commuovevo e loro no.

E mi ha colpito di questa ragazza Janada, che ha raccontato la sua storia, ragazza minuta che aveva affrontato qualcosa di indicibile per aver rifiutato di convertirsi.
Non riusciva a guardarmi negli occhi e mi ha colpito tantissimo come anche fisicamente si vedesse che la vita l'aveva quasi piegata, guardava sempre in basso e io alla fine quando è andata via mi sono permessa di tirarle su il volto per dirle: non devi mai abbassare lo sguardo perché la tua forza è un insegnamento per gli altri, perché tu hai attraversato la sofferenza, ma hai vinto.

Queste storie noi qui non le consociamo, moltissime di queste storie non le racconta nessuno e io credo che sia arrivato il tempo di accendere questo riflettore perché, se non lo facciamo noi, non lo farà nessun altro.

Però c'è anche un'altra persecuzione che Papa Francesco definisce educata, mascherata da cultura, da modernità e da progresso e riguarda le società nelle quali i cristiani non sono una minoranza; riguarda il fatto che noi pensiamo che per accogliere l'altro si debba rinunciare a dire chi siamo. Non sono d'accordo.

Rispetto viene dalla parola respicere, guardare in profondità. Non puoi chiedere rispetto se non dici chi sei, non puoi rispettare gli altri se non sai chi sono. 

Negare la propria identità non è mai un buon modo per dialogare con l'altro, è la consapevolezza della nostra identità che ci aiuta a cercare un arricchimento dagli altri.

Non sono mai stata favorevole a questa idea per la quale, per esempio nei nostri uffici pubblici, non si possono esibire i simboli cattolici perché questo potrebbe offendere altri. Non sono d'accordo perché esporre quei simboli non vuol dire imporre qualcosa a qualcuno, significa dire chi si è, che si creda nel cattolicesimo oppure no, nel cristianesimo oppure no. In quel simbolo sono fondati i valori, sono sintetizzati i valori che hanno fondato la nostra civiltà.

Io credo nel rispetto perché me lo ha insegnato quel simbolo, credo nella sua solidarietà perché me l'ha insegnato quel simbolo, credo perfino nella laicità dello Stato perché me lo ha insegnato il Vangelo, negarlo non ci porta da nessuna parte, negarlo non è un modo per accogliere l'altro, negarlo è un modo per essere noi più deboli e quando si è più deboli, quando non si è consapevoli di chi si è allora sì che si ha paura dell'altro. Non si ha mai paura dell'altro quando si è consapevoli di ciò che si è.

A me pare che il coraggio e la forza con la quale Papa Francesco ha acceso il riflettore su questa materia sia anche per i politici un elemento molto importante e mi fermo qui dicendo un'ultima cosa che non c'è nel libro di Padre Spadaro, ma che voglio aggiungere io da Presidente del Consiglio italiano.

Papa Francesco parla diverse lingue eppure la lingua principale che usa nelle sue omelie, nei suoi viaggi apostolici è l'italiano. Lui è il più grande Ambasciatore della lingua italiana nel mondo e io sono fiera e noi italiani dobbiamo essere fieri che lui abbia scelto di declinare la parola di Dio nella nostra splendida lingua. 

Grazie 

13 Marzo 2023

Il Presidente Meloni alla presentazione del libro "L'atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale"

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha tenuto un intervento alla presentazione del libro di Padre Antonio Spadaro, direttore della rivista La Civiltà Cattolica, "L'atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale".