Il Presidente Meloni interviene all'Assemblea Assolombarda 2023

Lunedì, 3 Luglio 2023

Buongiorno a tutti, è per me un grande piacere essere qui oggi e avere l'opportunità di confrontarmi con la vostra Associazione, che come è stato detto e come anche io ribadisco, rappresenta il cuore produttivo della Lombardia e dell'Italia, essere qui in presenza, perché tenevo a essere qui in presenza.
Sfortunatamente non potrò fermarmi a lungo ma voglio salutare e ringraziare il Presidente Spada, il Presidente Bonomi, il Presidente Fontana, il Sindaco Sala, il Presidente La Russa, i tanti colleghi, ma voglio soprattutto salutare e ringraziare i tanti operatori economici che siedono in questa sala, in una cornice obiettivamente altamente simbolica che è quella di questo Hub tecnologico del gruppo Camozzi.
Io ho scelto di venire qui questa mattina, di esserci in presenza, perché penso che sia doveroso sottolineare l'importanza dell'Industria manifatturiera italiana a livello europeo, a livello mondiale, che è trainata dalle imprese del settore che operano nella città metropolitana di Milano, nelle province di Lodi, Pavia, Monza e Brianza che sono rappresentate da Assolombarda.
Se i numeri del settore sono dei numeri incontrovertibili, quelli dei territori rappresentati da Assolombarda sono addirittura sorprendenti. E nonostante questi numeri e questi risultati noi assistiamo ancora una tendenza inspiegabile dal mio punto di vista, a sminuire il portato dell'Industria italiana, mentre ad esempio si elevano a punto di riferimento realtà esterne ai nostri confini nazionali dalle quali però dal mio personale punto di vista non avete nulla da imparare. Semmai qualcosa potresti avere da insegnare. E guardate non parlo a caso, io penso ad esempio che non si possa non considerare la capacità di ripresa che c'è stata nel post pandemia da parte delle nostre imprese, rispetto a quello che è accaduto in altre economie che storicamente vengono considerate più performanti della nostra.
Una capacità di ripresa che oggi ci consegna un'economia italiana in crescita oltre le aspettative, con una stima di previsione al rialzo del PIL al +1,2% nel 2023, una crescita superiore alla media europea, superiore a quella delle principali economie continentali, + 0,7 stimato per la Francia, + 0,2 stimato quando va bene per la Germania, in poche parole noi stiamo dimostrando un’affidabilità maggiore rispetto al resto dell'Eurozona. Per non parlare dei dati sull'occupazione, con il record di contratti stabili, con il tasso di disoccupazione ai minimi dal 2009, come è stato certificato proprio pochi giorni fa dall’Istat.
Io sono fiera del lavoro che questo governo sta facendo, ma ho anche il senso della misura e so che questi risultati non si devono al governo, questi risultati, questo piccolo miracolo, si devono al vostro lavoro ed è la ragione per la quale continuo a non comprendere questo tentativo, questa tendenza di sminuire i risultati della nostra Nazione che però purtroppo è abbastanza congenito della nostra mentalità. Il motivo per cui ne parlo non è che a ciascuno dispiaccia non veder riconosciuti i propri sforzi, il motivo per cui ne parlo è che io credo che questo atteggiamento sia autodistruttivo, che sia un atteggiamento che ci penalizza, che ci indebolisce e penso che vada combattuto,
Allora il mio compito con il vostro aiuto è spezzare questa narrazione, ripartire dal valore del nostro modello industriale, dalla consapevolezza di quello di cui questa Nazione è capace, orgoglio, ottimismo, fiducia, è quello di cui abbiamo bisogno, e io ho tutti e tre.
Ho l’orgoglio di guidare questa Nazione, ho l’ottimismo sul fatto che con intelligenza e buona volontà possiamo fare persino meglio, e sono fiduciosa che il declino si possa invertire, perché come mi è già capitato di dire in passato, il declino non è un destino, è una scelta.
Quello che serve è capire quali sono le sfide su cui si gioca il futuro dell’Italia produttiva, il futuro dell’Europa produttiva, prevenire i rischi che si corrono, riconoscere gli errori che sono stati commessi in passato. Su tutto questo posso garantirvi che il governo ha le idee chiare e lavora a livello nazionale ed europeo a 360 gradi.
La dimensione europea, ringrazio il Presidente Spada per averla messa al centro di questa Assemblea, e internazionale, è centrale è perché noi viviamo in un quadro globale, quel quadro è in continuo mutamento.
Stiamo affrontando i processi epocali di transizione digitale, energetica e ambientale delle nostre economie, nuove logiche e nuovi assetti dei mercati globali, una nuova fase della storia della politica industriale in un’epoca di cambiamento del quadro geopolitico al quale eravamo disabituati. 
La buona notizia è che l’Italia vive un’inedita fase di stabilità politica, e che l’Europa anche in risposta a quello che stanno facendo gli altri attori globali, penso alla Cina, agli Stati Uniti, sembra progressivamente, seppure lentamente, aprire gli occhi e prendere coscienza di quale debba essere il suo ruolo. Perché qualcosa non ha funzionato, non possiamo nascondercelo. Qualcosa non ha funzionato se il primo embrione dell’unificazione europeo si chiamava CECA, Comunità economica del carbone e dell’acciaio, cioè nasceva per mettere in relazione e coordinare il lavoro che le Nazioni facevano sull’approvvigionamento energetico e sull’ approvvigionamento di materie prime, e oggi quando sono arrivati i primi shock noi abbiamo scoperto che quello su cui eravamo più esposti in assoluto era l’approvvigionamento energetico e l’approvvigionamento di materie prime.
Qualcosa non ha funzionato.
Oggi finalmente si torna a parlare di catene di approvvigionamento fondamentali, di controllo dei propri asset strategici, di autonomia strategica, questa consapevolezza c’è finalmente e anche un ruolo geopolitico che l’Europa deve giocare.
Questo ci ricorda che noi siamo in un periodo di crisi, però le crisi sono anche sempre un’occasione.
Del resto la parola crisi viene dal greco crisis, scelta, decisione. La crisi impone di scegliere, scegliere è il sale della politica, questo è il tempo della politica, di una politica che deve tornare a essere autorevole, centrale, capace di indicare una rotta e di assumersi la responsabilità della rotta che indica.
Quella politica ha bisogno di accompagnare l’Italia e l’Europa verso un nuovo modello di relazioni economiche che si sta materializzando, penso all’Inflation Reduction Act, veniva citato precedentemente, il pesante piano di investimenti varato dal governo americano in favore della transizione energetica ed ecologica, che è sì un piano che ha un impianto protezionistico,  e che inevitabilmente porta con sé un rischio di delocalizzazione da parte di diversi produttori anche europei ed è evidente che di fronte a uno scenario del genere l’Europa non possa non reagire, non possa non rispondere, non coordinarsi, a maggior ragione perché Europa e Stati Uniti guardano lo stesso rivale sistemico che è la Cina.
Anche qui noi con intelligenza possiamo cogliere un’opportunità perché gli Stati Uniti perseguono progressivamente anche un decoupling cioè un disaccoppiamento dall’economia cinese che a noi offre l’opportunità di porci come fornitore alternativo, almeno per alcune materie prime critiche, estratte o processate in Europa e nei segmenti più carichi di innovazione e contenuto tecnologico.
Quella delle materie prime critiche è una delle principali sfide del nostro tempo. 
Se consideriamo soprattutto la loro importanza per la transizione ecologica, transizione che come abbiamo sempre detto e ribadito con forza in Europa è indispensabile, ma va fatta con criterio, non può cioè ritenersi che noi per avviare la transizione ecologica possiamo smantellare la nostra economia e le nostre imprese.
La transizione ecologica, la sostenibilità ambientale, deve camminare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica, vogliamo cioè sì difendere la Natura ma la vogliamo difendere con l'Uomo dentro e dell'opera dell'Uomo quella che più di tutte garantisce anche la messa in sicurezza del territorio.
Allora la nostra sfida, quello che ci differenzia da un certo ambientalismo ideologico, un po' miope dal mio punto di vista, si materializza su diversi dossier che proprio in Europa si stanno discutendo e l'approccio che abbiamo portato è un approccio molto pragmatico, penso ad esempio al regolamento sui veicoli leggeri perché se dopo il 2035 sarà ancora possibile immatricolare veicoli con motore endotermico, alimentati con combustibili neutri in termini di emissioni di CO2 sarà soprattutto grazie al coraggio assunto dall'Italia in questi mesi.
C'è ancora da lavorare, c'è ancora da lavorare per far riconoscere i biocarburanti e non solamente i carburanti sintetici neutri in termini di CO2 sulla base di dati tecnici e scientifici che ovviamente devono essere evidenti, ma noi intanto siamo riusciti a imporre il principio della neutralità tecnologica, ponendoci insieme alla Francia, alla testa di un fronte del no alla nuova normativa che oggi raggruppa otto Paesi europei, così come lavoriamo sul decreto imballaggi perché anche qui non ha molto senso aver spinto negli anni sul tema del riciclo e oggi voler colpire chi è riuscito a diventare un'avanguardia in tema di riciclo.
Bisogna avere il coraggio di dire le cose quando non funzionano, neutralità tecnologica cioè se da una parte è giusto che l'Europa stabilisca gli obiettivi della transizione ecologica, se noi condividiamo come condividiamo quegli obiettivi, dall'altra credo che la tecnologia con la quale ogni Nazione sceglie di raggiungere quegli obiettivi debba essere lasciata alla definizione degli Stati nazionali, chiaramente quando corrisponde alle regole che vengono immaginate, per salvaguardare l'economia, per salvaguardare il sistema industriale e anche per non consegnarci a nuove pericolose dipendenze. Perché sbagliare è umano ma perseverare… 
Allora, dicevamo delle materie prime che è uno dei dossier tra i più strategici dei prossimi anni, quello dal quale dipende sostanzialmente la capacità di sviluppo delle nostre economie e anche qui ci stiamo muovendo a livello europeo. La scorsa settimana a Berlino si è svolto il primo appuntamento della trilaterale Italia-Francia-Germania sulla politica industriale: 3 Nazioni che complessivamente rappresentano il 55% del PIL manifatturiero d'Europa e sono insieme la terza manifattura mondiale dopo Usa e Cina. 
A Berlino abbiamo condiviso le strategie sul tema materie prime critiche rafforzando la cooperazione con l'obiettivo di mettere in campo azioni di approvvigionamento sicuro, sostenibile ed economicamente vantaggioso. Il prossimo 30 ottobre invece a Roma sarà il momento della digitalizzazione della manifattura, nel 2024 a Parigi sarà quello delle tecnologie green.
Un approccio congiunto per un'Europa che oggi inizia a parlare niente meno che di sovranità, una cosa impensabile solo qualche mese fa quando il tema della sovranità veniva confuso con una sorta di approccio tardivamente autarchico, una specie di pericolosa tendenza dei partiti di destra. Forse non era così, forse semplicemente chi opera nel campo del reale, non nel campo dell’ideologia o nel campo dell’utopia ha più facilità a prevedere ciò che inevitabilmente poi si materializza.  
E le cose sono andate così perché è bastato un battito d’ali di farfalla dall’altra parte del mondo per far cedere il fragile modello di sviluppo degli ultimi trent’anni, quello che era stato basato tutto su una globalizzazione senza regole. Lo vediamo oggi con l'invasione dell'Ucraina e con la nostra necessità di ridisegnare il nostro approvvigionamento energetico ma ancora prima lo avevamo visto con la pandemia, quando dopo aver consegnato ad alcuni mercati asiatici tutta la filiera di chip e semiconduttori e la Cina durante la pandemia ha deciso di privilegiare il mercato interno, da noi si sono fermate intere catene di approvvigionamento.
Abbiamo capito quando sono arrivati gli shock quanto fosse miope da parte dell'Europa e da parte dell'Occidente mettere alcuni settori strategici delle proprie economie in mano a Nazioni che non potevano esattamente dirsi affidabili.
Allora la sfida che ci troviamo di fronte oggi è quella di tornare padroni del nostro destino limitando il più possibile la dipendenza da Paesi terzi, particolarmente nei settori strategici. È una sfida che per essere vinta va affrontata in maniera unitaria perché è chiaro ormai che la questione delle catene da approvvigionamento ha una valenza economica produttiva ma anche una valenza geopolitica strategica e su questo il Governo è impegnato in prima linea, così come siamo impegnati sul nuovo fronte della governance europea. 
La riforma del Patto di stabilità e crescita che, per come la vediamo noi, nella sua nuova versione - perché escludiamo che si possa tornare ai parametri precedenti la pandemia - dovrebbe privilegiare di più la crescita senza la quale del resto diventa molto difficile anche garantire stabilità.
Così come riteniamo che si debba assicurare parità di condizioni nel mercato interno e che questo debba prevedere una piena flessibilità dei Fondi europei esistenti. È stata ed è una delle grandi questioni che il Governo ha portato in Europa e che oggi si materializza ma la sfida sulla riforma della governance è sugli investimenti.
Se l'Europa fa delle scelte strategiche e quelle scelte strategiche sono Transizione verde, Transizione digitale ma anche - parlando sempre di autonomia strategica – Difesa, poi non si possono punire le Nazioni che investono sulla Transizione verde, sulla Transizione digitale con regole che non riconoscano il valore aggiunto di quegli investimenti. E quindi, per noi la sfida di scomputare le spese di investimento in questi obiettivi dal calcolo del rapporto deficit/PIL è una sfida prioritaria. 
Garantire, come dicevamo, piena flessibilità dei fondi, anche su questo si è cominciato a lavorare, abbiamo visto la proposta della Commissione europea della Piattaforma delle tecnologie strategiche per l’Europa che prevede al suo interno la flessibilità e che, dal nostro punto di vista, è anche un primo passo verso un Fondo sovrano europeo che è necessario per affrontare sfide che dureranno almeno per i prossimi tre decenni.
Al tema della flessibilità io non posso non legare quello del PNNR. Il PNNR è una grande occasione, come una grande occasione ha bisogno che remiamo tutti nella stessa direzione.
Il Piano non è stato scritto nel negoziato dall'attuale Governo ma noi oggi lavoriamo senza sosta per mettere a terra tutte le risorse nei tempi necessari.
È un Piano che ha bisogno di correttivi ma è soprattutto un Piano che ha bisogno di grande impegno da parte di tutti gli attori per riuscire a essere realizzato nei tempi che sono previsti. Qui voglio dire che mi dispiace anche se non mi stupisce che, invece, anche il PNRR in Italia sia diventato terreno di scontro. 
Penso che su una partita del genere noi dovremmo comportarci come se fossimo un solo uomo: maggioranza, opposizione e tutti i livelli istituzionali, aziende, sindacati, magistrati, intellettuali, gente comune. Perché qui non è in gioco il Governo qui è in gioco la modernizzazione dell'Italia e la sua credibilità a livello internazionale. E lo dico perché mi dispiace che anche qui ci sia chi non perde occasione per fare polemica, persino chi tifa perché si fallisca come se non fosse nell'interesse di tutti riuscire. 
Ma io voglio assicurarvi che quei soldi li metteremo a terra costi quel che costi; modificheremo le parti che non vanno bene; privilegeremo i progetti che hanno un respiro strategico; contratteremo con la Commissione ciò che è necessario contrattare; faremo le norme necessarie a superare le lungaggini e le difficoltà degli Enti locali; faremo ciò che va fatto e metteremo tutti ai remi e se qualcuno vuole rimanere a guardare vorrà dire che quando avremo terminato avrà imparato una lezione.
Abbiamo grandi sfide davanti e il Governo è consapevole che è impossibile affrontarle da soli. Per questo lo diceva Giovanna Pancheri, fin dal nostro insediamento che noi abbiamo recuperato con convinzione lo spirito di confronto che deve caratterizzare le fasi di profondo cambiamento, come quella che viviamo.
Abbiamo inaugurato un nuovo metodo caratterizzato da un dialogo costante, aperto, con le parti sociali per discutere insieme obiettivi e interventi necessari a supporto dell'economia nazionale delle principali filiere produttive.
Un primo risultato di questo lavoro si è visto ad esempio con il ddl sul Made in Italy che è la prima tappa di un documento globale di politica industriale, Made in Italy 2030 che presenteremo a tutto il mondo produttivo nella primavera del prossimo anno. 
Il ddl Made in Italy ha come obiettivo quello di rafforzare le filiere del Made in Italy.
Si dà tre obiettivi. Il primo è quello di lavorare sulle competenze, avete visto l'istituzione del Liceo del Made in Italy e non solo; quello di rafforzare le filiere garantendo risorse adeguate - penso soprattutto alla nascita del Fondo sovrano - e quello delle tutele con una lotta capillare alla contraffazione anche con l'utilizzo di tecnologie innovative in questo senso.
A questo lavoro, dicevamo prima, dei chip, si accompagna quello per varare a breve un vero e proprio Chips Act italiano, iniziativa che si inquadra sullo sfondo del Chips Act europeo che come sapete su questo tema si dà degli obiettivi importanti.
La politica dei semiconduttori si inserisce in un piano più ampio volto a rendere l'Italia competitiva in settori ad alto contenuto tecnologico.
 Il ramo dell'high-tech ha bisogno dal mio punto di vista di particolare attenzione nel contesto globale per attrarre nuove imprese dall'estero; per evitare la fuga di quelle che operano in Italia e, vado verso la conclusione, un ultimo focus non posso non farlo su un altro tema cruciale per il futuro dell'Italia che è il tema del mercato del lavoro.
Il mercato sta rispondendo bene alle politiche di questi mesi, lo citavamo in apertura. 
Beneficiamo anche del buon andamento dell'economia ma i dati sull'occupazione ci stanno dando grandi soddisfazioni. Noi abbiamo cercato con le nostre misure di fare la nostra parte, penso soprattutto al tema del taglio del cuneo contributivo e agli incentivi per l'assunzione dei giovani. Così come credo che sia stato un segnale molto importante l’abolizione del Reddito di Cittadinanza per chi poteva lavorare, perché chi può lavorare non può e non deve essere incentivato a non farlo.
Abbiamo bisogno del contributo di tutti. Ora stiamo lavorando per reperire le risorse che sono necessarie a rendere strutturale il taglio che abbiamo previsto per il 2023, come sapete. Sei punti percentuali per i redditi di lavoro fino a 35 mila euro, 7 punti per quelli fino a 25.000 euro, un segnale non di poco conto in sette mesi di lavoro e con le scarse risorse che abbiamo a disposizione.
Così come lavoriamo sulla riforma fiscale e intendiamo riconoscere nella riforma fiscale, tra le altre cose, una tassazione di favore per quelle imprese che investono in innovazione così come per quelle che investono in capitale umano, perché guardate questa è un'altra grande questione: nel tempo nel quale si affaccia l'intelligenza artificiale nella nostra vita noi dobbiamo capire l'importanza del capitale umano. 
Eravamo abituati a un progresso che serviva a ottimizzare il capitale umano e oggi rischiamo di trovarci di fronte a un progresso che sostituisce le capacità umane e questo può produrre uno shock incredibile nella nostra società e quindi bisogna che le due cose camminano insieme.
C’è ancora molto da fare e i dati positivi che registriamo sono un incoraggiamento a fare meglio e ad affrontare problemi strutturali che in passato alla fine non si è mai riusciti ad affrontare, penso al forte disequilibrio tra domande e offerta di lavoro: 2 milioni di posti di lavoro che il mercato non è attualmente in grado di soddisfare per carenza di profili adeguati. È una cosa che noi non ci possiamo permettere in questo contesto e dunque, una delle principali sfide che ci poniamo è quella di riformare le politiche attive del lavoro legando sempre più la formazione alle competenze richieste dalle imprese; richieste dalla continua e rapida innovazione che attraversa il mondo produttivo e la nostra società.
Anche su questo sarà importante il contributo del mondo imprenditoriale.
Il vostro contributo, le vostre idee, le vostre proposte. Su questo e su molto altro possiamo e dobbiamo lavorare insieme e probabilmente non sempre saremo d'accordo su tutto. Ma io so che una cosa la vediamo allo stesso modo e cioè che questa Nazione si può salvare. Che questa Nazione può ancora stupire, che questa Nazione può ancora dimostrare al mondo quanto vale. Perché sì, abbiamo mille difficoltà ma siamo sempre l’Italia.
Siamo sempre la nave più bella del mondo, saremo sempre la nave più bella del mondo. Il nostro scafo può avere qualche danno però è uno scafo solido, è uno scafo sicuro.
Il nostro equipaggio non sempre ha avuto indicazioni proprio chiare però è un equipaggio che ha cuore e ha cervello e se noi riusciamo, oggi, a dare indicazioni chiare e remare tutti nella stessa direzione, non dobbiamo temere nessun tipo di onda indipendentemente da quanto alta possa essere. 
Su questo io so che noi la pensiamo alla stessa maniera e su questo confido di lavorare insieme con voi. 
Vi ringrazio.