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Consiglio europeo del 14-15 dicembre, le Comunicazioni del Presidente Meloni alla Camera

Martedì, 12 Dicembre 2023

Signor Presidente, Onorevoli colleghi,  
buon pomeriggio intanto, il prossimo Consiglio Europeo del 13 e 14 dicembre arriva al termine di un anno complesso, che ha visto l’Unione europea nel suo complesso e i singoli Stati membri dover fronteggiare sfide e minacce esterne che ne hanno condizionato l’agenda e con le quali dobbiamo, e ancora dovremo fare i conti. 
Come prevedibile l’appuntamento che ci apprestiamo a celebrare verterà in gran parte, ancora una volta, sui grandi temi dell’agenda internazionale. 
L’appuntamento di giovedì e venerdì a Bruxelles, preceduto da un importante Vertice con i Paesi dei Balcani occidentali, ha al proprio ordine del giorno una serie di questioni cardine: l’aggressione russa dell’Ucraina, la crisi in Medio Oriente, l’allargamento dell’Unione Europea, l’attuazione della nuova politica migratoria UE, la revisione del bilancio pluriennale per adattarlo alle sfide nuove con le quali ci confrontiamo.

Ma mancherei di onestà intellettuale se non affrontassi per primo il tema che, anche se formalmente non all'ordine del giorno del vertice, in questo momento vede maggiormente concentrata l'Italia e che in ogni caso avrà ricadute molto importanti sulla tenuta e sul futuro dell'Unione. Mi riferisco ovviamente alla riforma del Patto di stabilità e crescita, sulla quale, come sapete, il Governo è impegnato da mesi in condizioni negoziali certamente non semplici, mesi nei quali non abbiamo mai smesso di adoperarci per un approccio costruttivo e pragmatico che consenta finalmente di bilanciare la necessaria solidità dei bilanci nazionali, e la sostenibilità dei loro debiti pubblici, con l'indispensabile sostegno alla crescita e agli investimenti.
Perché non è stato così fino ad oggi e non possiamo permetterci che continui a essere così da domani. Ma voglio dire che, a dispetto di alcune semplificazioni che ho letto, che spesso alimentano una contrapposizione tra i cosiddetti Paesi virtuosi e quelli diciamo così spreconi, tra frugali e spendaccioni, oggi la posizione negoziale dell'Italia parte da una base di credibilità e da una serietà che sono riconosciute alla nostra Nazione grazie al lavoro di questo Governo, in particolare grazie al lavoro del Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. 
Se, nonostante una trattativa difficilissima, la partita è ancora aperta, se l'accordo finale è stato posticipato auspicabilmente a una nuova riunione dell'Ecofin da convocarsi nei giorni successivi al Consiglio europeo con il mandato di chiudere entro l'anno, è perché a Bruxelles tutti riconoscono che la posizione del Governo italiano è sostenuta da una politica di bilancio seria che anche oggi voglio rivendicare.

Perché l'Italia, a dispetto del racconto che spesso si fa, è una Nazione virtuosa. Lo testimonia innanzitutto l'avanzo primario, che fatta eccezione per il periodo Covid e post-Covid ha quasi costantemente registrato un incremento dai primi anni 90 ad oggi e dal 2024 noi torneremo in avanzo primario. Lo testimonia il nostro sistema pensionistico, che è comunque tra i più equilibrati d'Europa. Lo testimoniano le misure adottate da questo Governo. Negli ultimi mesi noi siamo intervenuti per ridurre le spese improduttive, abbiamo avviato un'azione di razionalizzazione della spesa che riguarda il settore pubblico, abbiamo dato vita a un piano di privatizzazione che però, sia chiaro, con questo Governo mai diventeranno delle svendite. 
E il tutto accompagnato da dati macroeconomici stabili, soddisfacenti, da un mercato del lavoro che sta facendo registrare risultati record sul fronte dell'occupazione e particolarmente sul fronte dell'occupazione stabile, da una borsa che nel 2023 sta facendo registrare la migliore performance d'Europa, da uno spread sotto controllo, da agenzie di rating notoriamente poco accomodanti, che danno fiducia all'economia italiana. E grazie all'impegno di tutto il Governo e del Ministro Fitto in particolare abbiamo registrato risultati straordinari sulla rimodulazione e sull'attuazione del PNRR che oggi ci vengono riconosciuti dalla Commissione europea, dal Consiglio, da tutti gli analisti economici.
Ricordo ancora quando nei mesi della campagna elettorale la nostra annunciata volontà di intervenire per revisionare un Piano nato in un quadro economico e geopolitico completamente diverso da quello attuale veniva, diciamo così, derisa, derubricata ad annuncio velleitario, addirittura bollata come una scelta irresponsabile che avrebbe portato l'Italia con un piede fuori dall'Europa, messo a rischio la nostra credibilità internazionale, messo a rischio i nostri conti pubblici. Con tenacia e perseveranza abbiamo dimostrato che si poteva fare e che anzi si doveva fare. Ed è stato fatto.
Ed è proprio grazie alla serietà dimostrata dalla nostra Nazione già oggi, in attesa della auspicata conclusione positiva dei negoziati, possiamo dire che per la prima volta - ripeto, per la prima volta - un punto decisivo che l’Italia ha posto fin dall’inizio del negoziato è stato riconosciuto e accettato da tutti i partner europei. 
Non possiamo non esprimere la soddisfazione per il fatto che, secondo l’ultima bozza di accordo, la traiettoria di aggiustamento del rapporto deficit/PIL (attualmente prevista allo 0,5% annuo) dovrà tenere conto nel triennio 2025-2027 degli interessi maturati sul debito contratto per gli investimenti effettuati sulla doppia transizione verde, sulla transazione digitale e sulla difesa.
È un riconoscimento importante, un riconoscimento non soltanto pratico, che ci consentirà di alleggerire l’impatto della traiettoria di riduzione del deficit rispetto alle manovre di bilancio dei prossimi anni, ma è anche un grande riconoscimento di principio. Grazie all’Italia si afferma un principio di coerenza tra le politiche dell’Unione e le regole di bilancio che devono consentire all’Unione di attuare quelle politiche. 
Perché non avrebbe avuto senso continuare a definire politiche sempre più ambiziose nei diversi settori e mantenere nel contempo regole di bilancio che limitano gli investimenti per realizzarle. 
Naturalmente noi auspicavamo e lavoriamo perché questo principio venga affermato stabilmente e non soltanto - come purtroppo ancora pensano la gran parte dei governi europei di ogni colore politico - per gli anni che ci vedranno impegnati nella messa a terra dei PNRR nazionali. Però questo importante punto raggiunto anche a nostro favore, se confermato apre una porta molto significativa per le future partite di bilancio, che noi giocheremo con sempre maggiore ambizione forti di questa posizione propositiva e di assoluto buon senso che ci auguriamo faccia sempre più breccia anche tra gli altri governi. Fatta questa lunga ma necessaria premessa, veniamo ai temi propri dell’ordine del giorno della riunione.
Quello che si apre giovedì sarà un Consiglio Europeo rilevante perché - come dicevo in apertura - i Capi di Stato e di Governo saranno chiamati ad assumere decisioni di forte valenza geopolitica per l’Europa di oggi e di domani.

Parto dal tema dell'allargamento dell'Unione, che come sapete io preferisco definire riunificazione di tutti quei popoli, di quelle Nazioni che si riconoscono nei valori e nell'identità del nostro continente. Sulla base delle raccomandazioni della Commissione ci dovremo esprimere sull'apertura dei negoziati di adesione con l'Ucraina, con la Moldova, con la Bosnia ed Erzegovina e sulla concessione dello status di paese candidato alla Georgia. Il Governo sostiene con convinzione la raccomandazione della Commissione europea di aprire i negoziati per l'adesione di Ucraina e Moldova, due Nazioni europee pesantemente colpite dall'ingiustificabile guerra scatenata dalla Russia e da minacce di lunga data alla propria integrità territoriale. Per entrambi i Paesi rimangono alcune misure da attuare prima dell'effettiva apertura dei negoziati, su cui la Commissione sarà chiamata a riferire entro il prossimo marzo. Condividiamo allo stesso modo la raccomandazione di concedere lo status di candidato alla Georgia, anche in questo caso la Commissione ha indicato le rimanenti misure da adottare, sono convinta che da parte georgiana si proseguirà sul cammino delle riforme con lo stesso impegno che è stato dimostrato finora. E passando ai Balcani occidentali sosteniamo, l'Italia sostiene fermamente il cammino europeo della Bosnia ed Erzegovina.
Concedere alla Bosnia-Erzegovina lo status di candidato lo scorso anno ha già portato dei progressi nel percorso di riforme verso l'Unione europea. La Bosnia-Erzegovina potrà fare maggiori progressi all'interno del quadro negoziale piuttosto che fuori e ritengo che mostrare al governo di Sarajevo un forte sostegno al percorso europeo del Paese possa avere un effetto molto positivo sulle dinamiche interne. Anche in questo caso la raccomandazione della Commissione prevede delle condizionalità connesse con l'attuazione di diverse importanti riforme interne che ci auguriamo vengono rispettate. Mi sono soffermata sulla Bosnia-Erzegovina perché i Paesi balcanici saranno, come vi anticipavo, anche protagonisti di un apposito Vertice che precederà il Consiglio europeo, un vertice che io considero particolarmente significativo perché queste Nazioni non possono essere annoverate tra le relazioni esterne propriamente dette dell'Unione Europea. I Balcani si trovano nel cuore del nostro continente, non è una regione che sta ai confini dell'Unione, è una regione che si trova all'interno dei confini dell'Unione. E per questo motivo l'Italia è impegnata a Bruxelles a far valere un approccio strategico ai Balcani occidentali che tenga conto pur nella complessità delle sfide che l'area presenta, della necessità di fornire a questi Paesi una chiara prospettiva di integrazione europea.
È per questa ragione che l'Italia è fiera di guidare insieme all'Austria un nutrito gruppo di Paesi amici dei Balcani occidentali, che comprende tutte le Nazioni vicine, e per questa ragione che sosteniamo il Piano di crescita per i Balcani occidentali presentato dalla Commissione a inizio novembre, che prevede assistenza finanziaria per 6 miliardi, tra somme a dono e prestiti agevolati, e forme di integrazione graduale al mercato unico. Il tutto, come dicevo, condizionato a un percorso ovviamente di riforme da parte dei Paesi beneficiari. Detto ciò, è evidente come l'allargamento porti con sé nuove sfide, alle quali dovremo essere capaci di rispondere. Discuteremo proprio in Consiglio europeo del percorso di riforme che l'Unione europea sarà chiamata a intraprendere per essere pronta ad accogliere i nuovi membri nei prossimi anni e in particolare quelli che hanno un maggior peso demografico ed economico. Dovremo lavorare a un necessario aggiornamento del funzionamento delle politiche, penso particolarmente alla politica agricola comune, alle politiche di coesione, perché possano continuare a rappresentare un valore aggiunto per tutti gli Stati membri, così come sarà necessario ragionare sul bilancio, sulle modalità di funzionamento delle politiche dell'Unione europea, sull'efficacia dei processi decisionali in un contesto che domani vedrebbe oltre 30 Stati membri.

E a questo proposito ovviamente l'Italia sta partecipando attivamente al dibattito sulla definizione dell'Agenda strategica UE 2024-2029, che il Consiglio europeo sarà chiamato ad adottare il prossimo giugno per indicare gli ambiti in cui l'Unione concentrerà i propri sforzi negli anni a venire. Io stessa in questo senso ho preso parte lo scorso 16 novembre a una prima cena ristretta che era stata organizzata a Zagabria dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e ovviamente non faremo mancare il nostro contributo anche nei prossimi mesi. E il focus italiano sarà concentrato sulle priorità. Noi crediamo che un'Unione europea così ampia debba a maggior ragione concentrare il suo lavoro sui grandi temi sui quali gli Stati membri non possono competere da soli, lasciando invece agli Stati membri la competenza sulle questioni più prossime alla vita dei cittadini, nel rispetto del principio di sussidiarietà e rafforzando così anche la sovranità degli Stati membri.

Tra i grandi temi, l’Ucraina non sarà solo protagonista della discussione sull’allargamento: il Consiglio Europeo sarà anche l’occasione per ribadire il nostro comune sostegno a Kiev, a 360 gradi. La propaganda russa, soprattutto in queste settimane, prova a raccontare che la resistenza ucraina è stata un fallimento perché la controffensiva non ha ancora liberato il territorio ucraina e quindi, secondo questa teoria, gli sforzi sarebbero stati inutili, particolarmente quelli mandati dall’Occidente. Secondo questo racconto, meglio sarebbe stato seguire i consigli di chi – ed è capitato anche qui – diceva che Kiev non avrebbe dovuto essere sostenuta perché bene o male si trattava di una scelta inutile, però io penso che questa sia propaganda e che la realtà dice ben altro e dice che siamo arrivati al 656esimo giorno di guerra di quella che invece nelle intenzioni di chi la muoveva, doveva essere un’operazione speciale di tre giorni per annettere l’intero territorio ucraino. In questi 656 giorni la Russia è riuscita ad invadere solo l’11% del territorio ucraino ed oggi non controlla neppure per intero le quattro regioni che ha dichiarato di aver annesso e questo ad un prezzo ingentissimo di vite, di soldati e in termini di mezzi. Io penso che l’Ucraina abbia già vinto questa guerra perché ha reso impossibile la conquista russa dell’intero territorio nazionale e lo ha fatto grazie ad un’incredibile dimostrazione di coraggio, grazie ad un’incredibile dimostrazione di amor di Patria, ma anche grazie anche al sostegno dei liberi popoli occidentali che non si sono rassegnati ad un futuro in mano ai despoti e ai tiranni. 
E lo ha fatto anche grazie alla fermezza di quei leader che non si sono voltati dall’altra parte alla prima difficoltà e che non hanno barattato un consenso facile oggi con la messa repentaglio della libertà dei cittadini domani. Anche per questo è necessario continuare ad opporsi con tutte le nostre forze all’aggressione della Russia, perché la sicurezza dell’Ucraina è la sicurezza dell’Europa, e la difesa della democrazia e dell’ordine internazionale basato sulle regole passa oggi dalla difesa di Kiev, della sua libertà, della sua sovranità e della sua indipendenza. Per questo, come ho ribadito in ogni sede: noi siamo e resteremo al fianco dell’Ucraina. Questo tema sarà anche una delle priorità nella nostra Presidenza G7 nel 2024.
Chiaramente non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo della pace. Il sostegno a Kiev e la pressione su Mosca [anche attraverso un XII pacchetto sanzionatorio in discussione a Bruxelles] restano finalizzati, in sostanza e soprattutto, a creare le condizioni per un negoziato serio verso una pace giusta, complessiva, duratura, rispettosa della libertà e rispettosa della dignità dell’Ucraina. 
Allo stesso modo dobbiamo continuare ad affrontare le conseguenze globali del conflitto.
Continuiamo a lavorare con i principali attori come ONU, penso la Turchia per ristabilire dei corridoi sicuri per l’esportazione di grano e prodotti alimentari dall’Ucraina. Ribadiamo l’importanza di iniziative quali i Solidarity lanes dell’Unione Europea e il Grain From Ukraine del Governo ucraino, a favore del quale abbiamo annunciato un nuovo contributo di 2 milioni di euro in occasione del Vertice internazionale sulla sicurezza alimentare organizzato a Kiev il 25 novembre.

L’Ucraina sarà inoltre centrale nei negoziati sulla Revisione del Quadro Finanziario Pluriennale, revisione che l’Italia ha sempre considerato una necessità geopolitica. In questa prospettiva, continuiamo a ribadire che le aree prioritarie per l’Italia sono almeno 3

  1. il sostegno finanziario a Kiev, anche nella prospettiva della ricostruzione; 
  2. più risorse per gestire internamente il fenomeno migratorio anche con l'approfondimento delle relazioni con le Nazioni del vicinato Sud per costruire partenariati paritari di lungo periodo; 
  3. il potenziamento dell’industria europea tramite la Piattaforma delle tecnologie strategiche per l'Europa (STEP). 

Questi ed altri obbiettivi, come la necessità di trovare coperture per i costi di finanziamento del debito del NextGenerationEU, sono certamente ambiziosi. 
Noi concordiamo con la Commissione rispetto alla proposta fatta lo scorso 20 giugno, sia nello spirito che nei volumi delle risorse richieste, e continueremo a lavorare perché la Revisione del Bilancio garantisca le risorse adeguate per tutte le sfide che l’Europa è chiamata ad affrontare, senza trattare alcun argomento separatamente.
Come ho già detto in quest'Aula e ribadisco, rivedere il bilancio pluriennale unicamente per reperire le risorse necessarie all'Ucraina, senza occuparci anche di quelle necessarie a contrastare le conseguenze della guerra sulle nostre società, non aiuterebbe neanche l'Ucraina, perché allontanerebbe un'opinione pubblica e europea già provata dal conflitto. Quindi siamo al lavoro per cercare e trovare una soluzione equilibrata che rispetti questo approccio che preveda, come concordato lo scorso Consiglio europeo di ottobre, un mix di risorse nuove e un mix di riallocazioni di bilancio e una riduzione delle proposte di incremento che sono state formulate dalla Commissione. Su questo punto è per noi fondamentale però che laddove la copertura su alcune di queste voci, penso in particolare alla piattaforma Step, non fosse assicurata da nuove risorse, venga garantita la massima flessibilità sui fondi esistenti e già a disposizione degli Stati membri.
Si tratterebbe di una misura di buonsenso e di equità che ci consentirebbe di bilanciare, seppure parzialmente, i benefici competitivi che i Paesi con maggior spazio fiscale hanno avuto dall'allentamento del regime sugli aiuti di Stato avviato a seguito della pandemia. Insomma, razionalizzazione della spesa non solo a livello nazionale ma anche a Bruxelles, flessibilità per spostare le risorse disponibili dove più necessario alla luce delle attuali sfide. Non mi nascondo ovviamente che, come ogni occasione nella quale si discute di bilancio, prevedo una discussione tutt'altro che semplice. Tuttavia, nelle ultime settimane sono stati fatti dei passi in avanti.
Penso che, se tutti gli Stati membri mostreranno adeguata disponibilità il risultato possa rimanere alla portata.

Tornando al piano internazionale, faremo il punto con gli altri Capi di Stato e di Governo UE sugli ultimi sviluppi della situazione in Medio Oriente e sugli strumenti di cui disponiamo per contribuire ad una soluzione che possa garantire anche stabilità e pace nella regione nel lungo periodo. 
Conoscete la posizione del Governo italiano: ferma condanna degli attacchi terroristici perpetrati da Hamas il 7 ottobre scorso e sostegno al diritto di Israele a esistere e a difendere i propri cittadini e i propri confini, in linea con il diritto umanitario ed internazionale. 
In questo senso, avevamo accolto con grande sollievo il temporaneo cessate-il-fuoco, durato dal 24 al 30 novembre, che ha consentito il rilascio di 105 civili ostaggi di Hamas a Gaza. Da parte sua, Israele ha rilasciato 240 donne e minori palestinesi detenuti in carceri israeliane. 
Continuiamo a sostenere ogni azione possibile affinché gli ostaggi nelle mani di Hamas possano riabbracciare al più presto i loro cari.
Purtroppo, a seguito dell’attentato di Hamas a Gerusalemme, le ostilità sono riprese lo scorso 1° dicembre ma noi continuiamo a lavorare e dobbiamo lavorare con i nostri partner per una nuova tregua e per mantenere l’afflusso di aiuti umanitari alla popolazione civile di Gaza e contenere le tensioni e scongiurare il rischio di loro regionalizzazione.
In questa prospettiva, sono stati avviati contatti con i diversi attori regionali. Io stessa ho incontrato, da ultimo a margine della COP 28, i leader di Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Turchia e Qatar, nonché il presidente israeliano Herzog. 
È fondamentale in questa delicatissima fase inviare messaggi distensivi e spingere per un approccio responsabile che non alimenti le dinamiche del conflitto che avrebbe conseguenze inimmaginabili se si allargasse in una regione così strategica per l’Italia e per l’Unione Europea.
In questo contesto, dobbiamo evitare che l’Autorità Palestinese si indebolisca ulteriormente. Si tratta infatti di un'entità essenziale per il dialogo post-bellico. È un imperativo rafforzare il nostro sostegno all’Autorità, la migliore risposta all’inaccettabile violenza di Hamas deve essere un nuovo impulso politico verso la soluzione dei due Stati. Dobbiamo garantire un orizzonte politico solido al popolo palestinese, insieme alla sicurezza per Israele.
E come ho già detto durante l’ultimo consiglio europeo e intendo ribadire, l’Europa in questo può e deve ribadire un ruolo da protagonista. L’altra priorità per l’Italia in questo momento è garantire un accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza ostacoli per alleviare le sofferenze della popolazione civile e prevenire esodi di massa che destabilizzerebbero ulteriormente la regione.
Abbiamo allocato dieci milioni di euro per sostenere gli sforzi delle Nazioni Unite e del Movimento della Croce e Mezzaluna rossa nell’alleviare la situazione umanitaria a Gaza e abbiamo finora inviato aiuti umanitari con due primi voli il 30-31 ottobre scorsi. A seguito dell’adesione a un’iniziativa promossa dagli Emirati Arabi Uniti per la cura di minori palestinesi, lo scorso 30 novembre, ho personalmente accompagnato a Dubai un primo gruppo di medici provenienti dall’Ospedale Gaslini e dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Sempre in ambito sanitario, e facendo seguito a una proposta coordinata anche con Israele, abbiamo deciso di inviare la Nave militare ‘Vulcano’ che, disponendo di capacità d’urgenza e chirurgiche, è giunta al porto egiziano di El Arish lo scorso 3 dicembre ed è ora impiegata per la cura dei palestinesi feriti, anche tramite l’aiuto di medici qatarini ed in prospettiva giordani e di altri Paesi, promuovendo quella integrazione operativa che riteniamo utile ad una efficace assistenza umanitaria alla popolazione civile della Striscia ma anche a mantenere salda la cooperazione con i paesi arabi.

Voglio inoltre ricordare il forte impegno italiano nella prevenzione e nel contrasto a ogni forma di antisemitismo. A livello interno sono state rafforzate le misure di educazione e prevenzione. A livello internazionale, l’Italia partecipa attivamente ai fora negoziali per il contrasto all’antisemitismo e la preservazione della memoria dell’Olocausto.
Ringrazio sia il Vicepremier Tajani sia il Ministro Piantedosi per questo lavoro.
Purtroppo nelle settimane immediatamente successive al 7 ottobre abbiamo riscontrato una pericolosa riemersione della violenza, del terrorismo e dell’antisemitismo.
L’Europa ha pianto diverse vittime civili, caduti in attacchi all’arma bianca per mano di fanatici jihadisti che hanno risposto all’appello al Jihad globale evocato da Hamas. Abbiamo il dovere di mettere in sicurezza i nostri concittadini sul suolo europeo, rafforzando il coordinamento tra le nostre polizie e i nostri servizi di intelligence, le attività di controllo e prevenzione, l’espulsione e il rimpatrio degli stranieri radicalizzati, il controllo delle frontiere esterne e il contrasto all’immigrazione irregolare. Allo stesso tempo dobbiamo continuare a garantire, come l’Italia sta facendo dal primo giorno, la massima sicurezza alle comunità ebraiche minacciate da un’ondata montante di antisemitismo.
Lo voglio dire con chiarezza ancora una volta a chi cerca di strumentalizzare le drammatiche vicende di Israele e Palestina per sobillare l’odio anti-europeo, anti-occidentale e anti-ebraico: non ci faremo trovare impreparati, difenderemo la nostra libertà, difenderemo le nostre democrazie, difenderemo la nostra civiltà.
Sempre a proposito di sicurezza e in connessione con il difficile contesto internazionale nel quale viviamo, sarà inoltre utile fare un punto sulla collaborazione a livello europeo negli ambiti della sicurezza e della difesa ed in particolare sulla piena attuazione degli impegni assunti con la cosiddetta “Bussola Strategica”, che rimarrà fondamentale nei prossimi anni per la credibilità dell’azione dell’Unione in qualità di fornitore di sicurezza globale.
In quest’ottica, diventa essenziale in particolare rafforzare la Base industriale e tecnologica della Difesa europea, sia per assicurare che le ambizioni comuni siano sostenute da adeguate capacità, sia per poter essere in grado di supportare i nostri partner, a partire dall’Ucraina. In questo l’Italia e la sua industria della Difesa sono ovviamente pronti a fare la loro parte.
Guardiamo quindi con fiducia alla futura Strategia Industriale per la Difesa Europea (EDIS) e al Programma di Investimenti per la Difesa Europea (EDIP), che potranno valorizzare le nostre catene del valore e le competenze europee, senza pregiudicare i partenariati con i nostri Alleati.

Infine voglio concentrarmi sulle politiche migratorie che come noto rappresentano una priorità per questo Governo. Siamo impegnati a costruire sia in Italia sia a Bruxelles una risposta strutturale ad una questione strutturale, abbandonando la logica dell'emergenza, dell'illegalità. In questo senso il Consiglio europeo sarà nuovamente l'occasione per fare il punto sul processo di attuazione di quell'approccio multidimensionale approvato dal Consiglio europeo straordinario dello scorso febbraio, che viene costantemente monitorato e stimolato dalla prassi, fortemente voluta e richiesta dall'Italia, delle lettere inviate dal Presidente von der Leyen ai membri del Consiglio prima di ogni riunione con le quali la Commissione è chiamata a fare stato delle azioni concrete adottate in attuazione del piano. Un piano che prevede, oltre all'adozione del nuovo Patto di migrazione-asilo, che è ancora in discussione nel negoziato interistituzionale, politiche più efficaci di rimpatrio degli stranieri illegali e un decisivo investimento sulla dimensione esterna della politica migratoria UE, costruendo partenariati paritari con i Paesi di origine di transito dei migranti. È infatti necessario rafforzare la cooperazione con i Paesi di origine di transito per prevenire le partenze illegali, combattere i trafficanti, migliorare il sistema dei rimpatri, ampliare i canali di migrazione legale. Come ho detto molte volte, noi dobbiamo progressivamente arrivare a gestire e non subire le migrazioni. 
Si tratta non solo di un approccio pratico per arrivare a una soluzione strutturale, ma anche di un approccio etico, un'accoglienza ordinata e anche un'accoglienza efficace e dignitosa, che evita lo sfruttamento non solo da parte dei trafficanti di esseri umani, ma anche da parte delle organizzazioni malavitose. E allo stesso tempo promuovere uno sviluppo equilibrato e duraturo nei paesi di origine e transito è lo strumento più efficace per contrastare alla radice le cause profonde della migrazione. È la filosofia che, come sapete, sta alla base del Piano Mattei, che intanto muove passi importanti, mette a sistema tutti gli interventi che l'Italia, le sue amministrazioni, le sue imprese partecipate e private possono svolgere e in parte svolgono nei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo e dell'Africa subsahariana per costruire un modello di cooperazione virtuosa e non predatoria con quei Paesi, spingendo così anche i nostri partner, Europa in testa, a fare altrettanto.
In questo senso, ovviamente continuiamo a sostenere la Commissione nei suoi sforzi per dare piena applicazione al Memorandum d’intesa con la Tunisia, ma anche avviarne dei nuovi come quello già annunciato con l’Egitto che vedrà l’Italia ugualmente protagonista così come accogliamo con favore la presentazione del Piano d’azione per il Mediterraneo orientale, che, unendosi ai Piani d’azione già presentati, completano il quadro di riferimento per la gestione europea della migrazione nell'area mediterranea.  
Apprezziamo il lavoro che è stato fatto nella lotta ai trafficanti di migranti, in particolare con l’organizzazione della Conferenza internazionale sul tema lo scorso 28 novembre a Bruxelles alla quale il nostro ministro dell’Interno è stato invitato come relatore chiave e la presentazione di nuove proposte legislative in materia. 
Non potrebbe essere altrimenti, perché siamo stati noi a spingere dall'inizio del nostro mandato perché l'Unione si dotasse di una sua, seria e consapevole politica di contrasto ai traffici illegali di esseri umani e quella che all'inizio era una posizione isolata è oggi convinzione comune ed è merito dell'Italia. 
In questo quadro si inserisce anche il Protocollo tra Italia e Albania per la gestione dei flussi migratori che, insieme proprio al memorandum con la Tunisia, rappresenta quel “valore aggiunto italiano” che vogliamo portare come ulteriore contributo al dibattito europeo. In particolare, l’accordo con Tirana è destinato a divenire un importante strumento per combattere i trafficanti e permettere l’ingresso sul territorio europeo solamente a coloro che hanno diritto alla protezione internazionale. Vi è, su questo, un costante dialogo con la Commissione sull’attuazione dell’accordo, al fine di sostanziare il nostro impegno – scritto nero su bianco nell’Accordo stesso - al pieno rispetto del diritto dell’Unione Europea oltre che di quello nazionale ed internazionale.
Dispiace francamente che, anche in questo caso come già sulla Tunisia, molte delle voci stonate siano arrivate dall’Italia, dove da più parti di chi è arrivato ad attaccare il governo del premier Rama per aver osato aiutare la nostra Nazione a far fronte alla pressione migratoria. Dispiace e colpisce che si sia arrivati addirittura a paventare la richiesta di una espulsione del primo ministro albanese dal Partito Socialista europeo, evidentemente per alcuni italiani di sinistra aiutare l'Italia è una colpa. 
Noi invece abbiamo molto apprezzato che l’Albania, il cui governo è da tempo impegnato nel percorso di adesione all’Unione europea, abbia deciso di agire nello spirito della solidarietà europea pur non essendo formalmente ancora parte della nostra comunità, consentendo peraltro di sperimentare un modello virtuoso di cooperazione operativa tra uno Stato Ue e uno extra-Ue che non a caso sta suscitando concreto interesse anche in altri Paesi dell’Unione. Con buona pace di chi, in patria come in Europa, sembra voler soltanto affossare ogni tentativo di una migliore e più ordinata gestione dell’immigrazione e di un più forte contrasto alla tratta di esseri umani. Continuino pure a tentare di distruggere che noi continueremo a costruire e gli italiani continueranno a vedere la differenza.

In conclusione, cari colleghi, come anticipato all'inizio del mio intervento, sarà un Consiglio importante, allo stesso tempo non privo di criticità, un Consiglio nel quale prima e più che una serie di provvedimenti concreti io mi aspetto decisioni coraggiose, all'altezza del tempo difficile in cui ci è dato di governare. L'Italia, come sempre, farà sentire la sua voce con spirito costruttivo, con soluzioni pragmatiche, forte della credibilità e dell'autorevolezza che in quest'ultimo anno di intenso e proficuo lavoro condotto a testa alta ha evidentemente saputo guadagnarsi in Europa. 
Vi ringrazio.