Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni, punto stampa finale

Domenica, 23 Luglio 2023

Dunque, buonasera a tutti. Doveroso punto all'atto della conclusione di questa importante Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni che oggi l'Italia ha ospitato. Chiaramente non posso non partire da un ringraziamento a tutti i leader che hanno partecipato alla Conferenza, così come ovviamente al Ministero degli Affari Esteri, al Ministro Antonio Tajani, che ci ha ospitato qui alla Farnesina, ai diplomatici, allo staff di Palazzo Chigi che con me hanno lavorato alla realizzazione di questo evento, devo dire anche in tempi molto ristretti.

Molti si sono chiesti come sia nata questa iniziativa, qualcuno si è perfino sorpreso, non io. Girando molto, come ho fatto in questi mesi, mi sono resa conto ancora di più del ruolo fondamentale che l'Italia può giocare particolarmente nel Mediterraneo, con l'Africa, con il vicino Oriente, che sono il nostro ieri, il nostro oggi e lavoriamo perché siano anche il nostro domani.

Quello che accade oggi non sono idee astratte e il ruolo dell'Italia nel contesto mediterraneo non è un’idea astratta. In Africa, nell'Africa sub-sahariana, nell'Africa mediterranea, l'Italia tramite la cooperazione allo sviluppo ha un portafoglio di iniziative a dono di oltre un miliardo, a cui si aggiungono ulteriori iniziative nel vicino Oriente, Libano, Giordania, Siria, pari a ulteriori 250 milioni di euro. Negli interventi a credito sono in corso di realizzazione progetti per quasi un miliardo di euro in Africa e per oltre 220 milioni nei tre Stati che ho citato del Medio Oriente. A questi vanno aggiunti i progetti di Cassa Depositi e Prestiti che non cito per brevità. Il commercio tra Italia e Africa ha registrato negli ultimi anni un incremento medio quasi del 7% e si attesta oggi intorno ai 70 miliardi di euro. Lo scorso anno in particolare sono cresciute quasi del 90% le nostre importazioni, particolarmente nel settore delle materie prime critiche.

A questo aggiungo, perché pochi lo sanno, che SACE è la seconda agenzia di credito all'esportazione al mondo per esposizione in Africa. Ha garantito progetti delle aziende italiane nell'area per oltre 25 miliardi di euro, con una leva che supera i 50 miliardi di euro. L'Italia ha le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista nel Mediterraneo e in Africa, non solamente per l'attenzione che sul piano degli investimenti ha sempre rivolto a queste Nazioni, ma anche per l'approccio che ha saputo dimostrare, un approccio che, ho ripetuto molte volte, una cooperazione non predatoria, una cooperazione paritaria, un approccio che non deve essere paternalistico, che deve aiutare queste Nazioni, accompagnarle, cercare di capire le loro difficoltà, intervenire su quelle difficoltà.
Nasce così l'iniziativa di questa Conferenza, dalla consapevolezza del ruolo che l'Italia può giocare per queste ragioni, per ragioni anche geografiche, per cui noi siamo inevitabilmente un ponte tra l'Europa, l'Africa e il Medio Oriente.

Eppure, da quando abbiamo immaginato questa Conferenza alla sua realizzazione oggi, c'è da dire che ha superato le nostre aspettative, non solamente per la partecipazione straordinaria, nessuna delle Nazioni che è stata invitata era assente oggi, la gran parte dei Paesi, oltre 20, che hanno preso parte alla Conferenza era rappresentata al rango di Capi di Stato e di Governo, c'erano i massimi vertici delle istituzioni europee, c'era l'Unione africana, c'erano 10 organizzazioni, oltre 10 organizzazioni di vario genere internazionali, finanziarie, umanitarie. Assolutamente una partecipazione straordinaria per la quale ancora una volta voglio ringraziare tutti i miei omologhi e tutte le delegazioni, ma la Conferenza supera le nostre aspettative anche per la capacità che all'esito di questo appuntamento abbiamo avuto di stilare delle conclusioni che sono state sottoscritte da tutti gli Stati e le organizzazioni multilaterali partecipanti che, secondo me, sono particolarmente importanti perché danno la dimensione di un'iniziativa che non serviva solamente a parlare. Danno la dimensione di quello che noi chiamiamo “processo di Roma”, cioè l'inizio di un percorso nel quale Nazioni che, per esempio sulla materia migratoria, ma non solamente sulla materia migratoria, hanno in passato spesso considerato i loro interessi non necessariamente convergenti, oggi capiscono quanto invece quegli interessi lo siano, capiscono che per affrontare e gestire le grandi crisi del nostro tempo è fondamentale saper lavorare insieme.

Dicevo “processo” perché ovviamente noi ci diamo un orizzonte ampio, questo è l'inizio di una piattaforma strategica, di una piattaforma inclusiva, oggi c'erano, come ho detto, molti Paesi ma molti altri devono essere coinvolti in questo processo. È un lavoro pluriennale per un'azione collettiva con una serie di obiettivi urgenti per tutti. Lavorare sullo sviluppo, perché il tema delle migrazioni oggi è un tema del quale vanno soprattutto rincorse e comprese le cause. Oggi per chi ha seguito tra voi il dibattito ci si rende conto di quanto il fenomeno sia multiforme, di quanto ogni Nazione abbia dei problemi, ma tutti sono vittima in qualche modo del fenomeno se non viene gestito e particolarmente delle reti di trafficanti. Fermare le reti di trafficanti è un obiettivo che tutti condividiamo, promuovere percorsi sicuri e legali, migliorare le procedure di asilo e di gestione, ripartire equamente gli oneri per i Paesi che ospitano i rifugiati, aiutare i Paesi che più di tutti si stanno caricando il peso di chi scappa dalla guerra, dal terrorismo e ha inevitabilmente bisogno di vedere rispettato il diritto internazionale.

Per fare questo serve un lavoro comune, molto ampio, che nessuno può evidentemente fare da solo. Servono ovviamente finanziamenti che devono essere più adeguati, iniziative e progetti di cooperazione. Dobbiamo rafforzare le iniziative soprattutto di lotta alla povertà e di protezione sociale, creare posti di lavoro e sviluppo delle competenze, sostenere una formazione, un'istruzione di qualità, l'imprenditorialità, garantire servizi essenziali, c'è il tema ovviamente della lotta ai cambiamenti climatici, cioè sono molte le materie sulle quali solamente una cooperazione multilaterale ad ampio raggio che rimetta al centro il Mediterraneo può davvero arrivare a dare delle soluzioni. Voi avete visto oggi, avrete seguito, presumo, la mia introduzione, quindi non voglio dilungarmi troppo, abbiamo lavorato prevalentemente su quattro filoni di discussione che ricalcano i punti delle conclusioni che sono state adottate stasera. Contrasto all'immigrazione illegale, particolarmente alla rete dei trafficanti. Sfruttando la disperazione umana ci sono ormai organizzazioni criminali che sono mosse solamente da interessi di lucro e che nel fare il loro lavoro destabilizzano anche i Paesi nei quali operano. Noi pensiamo che sia giusto lavorare per rafforzare la cooperazione tra le forze di polizia, le nostre autorità giudiziarie, per il più possibile amalgamare anche le legislazioni che si occupano di questa materia per evitare che il lavoro che fa una Nazione venga poi reso vano dal fatto che la rete di trafficanti è sempre più lunga. Bisogna colpire le reti finanziarie, “follow the money”, avrebbe detto qualcuno a cui siamo molto legati anni fa, e poi ovviamente una migliore cooperazione per la gestione degli strumenti di rimpatrio.

Combattere la rete dei trafficanti, combattere l'immigrazione illegale è anche il modo migliore e la precondizione per offrire nuove opportunità di migrazione legale. E qui noi abbiamo portato l'esempio del Governo italiano, che per la prima volta ha attivato un Decreto flussi triennale con quote maggiori rispetto a quanto venisse fatto in precedenza, proprio perché le quote erano coperte da chi entrava illegalmente, che immagina corsie preferenziali per le Nazioni che con noi collaborano nella lotta ai trafficanti e quote aggiuntive per coloro che fanno percorsi di formazione concordati prima della partenza. È un modello sul quale stiamo cercando di coinvolgere le altre Nazioni, l'Unione europea, è un modello sul quale è importante lavorare insieme.

E poi il tema del sostegno ai profughi e ai rifugiati, soprattutto ribadendo il diritto, come dicevo, per chi scappa da guerra e persecuzione a mettersi in salvo, ma è inevitabile che il peso maggiore di chi scappa da guerra e persecuzioni ricade inevitabilmente, deve ricadere inevitabilmente sulle Nazioni che sono più prossime e serve aiuto per queste Nazioni, che non sempre hanno avuto aiuto a sufficienza. Oggi sono state molte le testimonianze in questo senso, penso al Libano, penso alla Giordania, e siamo qui anche per occuparci del peso che queste Nazioni si stanno caricando. E poi, come dicevo, più importante di tutto la cooperazione con i Paesi africani, in generale con i Paesi di provenienza dei migranti. Noi abbiamo parlato di un modello di sviluppo ampio, non predatorio, sostenibile. Questo è soprattutto il “processo di Roma”.

Significa anche finanziare le iniziative con una pluralità di strumenti, comprese le donazioni degli Stati partecipanti, compresi gli strumenti che sono già attivi presso l'Unione europea. Voglio ringraziare anche Ursula von der Leyen, Charles Michel, i MED5 che erano qui oggi, così come voglio ringraziare lo sceicco Mohammed Bin Zayed, Presidente degli Emirati Arabi Uniti, che oggi ha dato un segnale di concretezza dichiarando di aver già dedicato 100 milioni di euro per avviare queste iniziative. Per me è un segnale importante, chiaramente è un segnale, ma è un segnale importante di concretezza. La cosa che ho sentito dire più spesso oggi è che abbiamo visto molte di queste iniziative, spesso si fanno iniziative che trattano anche questo tema, ma la concretezza, gli obiettivi di concretezza, di approccio che questa iniziativa ha dato oggi è un inedito. E sono molto fiera di questo perché penso che queste iniziative abbiano un senso, se riescono a dare il segnale di qualcosa di nuovo. E quindi le donazioni degli Stati che partecipano, oggi erano presenti a questa conferenza Nazioni che non sono teatro di immigrazione, che non sono vittime del fenomeno, che non soffrono il fenomeno migratorio, ma che erano qui perché capiscono come lavorare tutti insieme contro le reti di criminali significa anche lavorare per la stabilità del Nord Africa e del Mediterraneo.

E quindi, dicevo, il coinvolgimento pubblico, ma io credo che su questo ci sia anche un lavoro importante che può fare il settore privato nell'essere coinvolto in questo piano d'azione. Chiaramente dobbiamo guardare lo scenario, leggere il contesto, anticipare gli eventi, gli Emirati Arabi Uniti ad esempio quest'anno ospiteranno la COP28, l'evento sui cambiamenti climatici, e anche questa è un'altra materia che ci coinvolge, che coinvolge particolarmente l'Africa così come oggi rischia di impattare con maggiore forza il mancato rinnovo dell'accordo sul grano per responsabilità della Russia e quindi noi dobbiamo essere pronti a dare una mano a 360 gradi.

Le conclusioni di questa Conferenza, vista la rilevanza della Conferenza, saranno inviate anche al Segretario Generale dell'ONU e da domani il nostro obiettivo è lavorare ai seguiti concreti di questa iniziativa. Noi lavoreremo dando vita, da domani, a un Comitato direttivo dei Paesi che hanno partecipato per passare alle iniziative concrete, organizzeremo quanto prima una conferenza dei donatori in Italia ma in una anche delle altre Nazioni. Già abbiamo almeno due Nazioni che si sono candidate a ospitare la prossima tappa di questo evento, quindi è secondo me una grande giornata ma è da considerarsi ovviamente come l'inizio di un lavoro che durerà molto tempo ma che dimostra la serietà con la quale l'Italia affronta materie che sono epocali e strutturali, senza iniziative “spot” ma con un lavoro molto faticoso, molto lungo, molto serio.

E questa serietà non viene evidentemente percepita solamente da noi, viene percepita anche dai nostri interlocutori. Vi ringrazio, sono qui a vostra disposizione.

DOMANDE

Domanda: Presidente, grazie. Due domande molto veloci. La prima, lei parlava della migrazione regolare e ha citato il Decreto flussi del Governo italiano. Sposto un attimo la prospettiva, i trafficanti di uomini fino all'inizio degli anni 2000 non esistevano. Da Tampere il Consiglio europeo del 1999, l’Aia, Frontex, Dublino, il problema credo che sia in Europa, nel senso come si emigra legalmente in Europa dall'Africa. Questa è la questione, mi piacerebbe capire se qualche partner africano l'ha sollevata, perché è una cosa che sollevano spesso. La seconda invece è relativa allo sviluppo, l'altro tema è la Conferenza di oggi. Lei ha citato giustamente SACE come ECA seconda per esposizione verso l'Africa, è vero, ma da un punto di vista strettamente economico, qui è una domanda, non so se è venuto fuori l'elemento, in realtà SACE lavora moltissimo con le grandi aziende, buona parte del lavoro e anche dell'impatto positivo che l'Italia può dare nel continente africano è proprio il lavoro delle PMI, e lì se uno parla con una PMI qualsiasi lamenta l'operatività di SACE proprio in Africa.

Presidente Meloni: La ringrazio. Guardi, come si emigra legalmente, sono assolutamente d'accordo con lei, il tema ovviamente viene posto, ma diciamo è un po' “un cane che si morde la coda” si direbbe alle mie parti. In Italia per qualche anno noi abbiamo azzerato le quote di immigrazione legale perché tutte le quote erano coperte a chi entrava illegalmente. Io credo che sia un messaggio devastante, che in Europa tu non puoi entrare, in Italia non puoi entrare legalmente perché c'è chi traffica e quindi chi arriva da noi per paradosso e chi ha i soldi per pagare gli scafisti piuttosto che magari chi avrebbe più diritto, chi è maggiormente in difficoltà o chi qui potrebbe, anche per skill personali, avere condizioni di vita migliori. Perché poi l'altra cosa che io cerco di far notare da qualche anno è che non è esattamente solidale dire “entrate tutti” e poi non occuparsi di che vita queste persone facciano da noi. E non ci dobbiamo tornare sopra perché di storia ne abbiamo viste parecchi. Allora io ho portato il modello italiano esattamente per questo, perché noi immaginiamo delle quote che sono più alte rispetto al passato e ripeto che vengono anche per esempio aumentate, cioè fuori quota finiscono coloro che prima di partire hanno fatto dei percorsi di formazione lavorativa concordati. Perché? Perché siamo sicuri che quelle persone - si dice sempre in Italia e in Europa c'è bisogno di migrazione, è vero - ma c'è bisogno di migrazione se la gestisci. Noi non lo abbiamo fatto e quindi non abbiamo risolto il problema, diciamo, di una migrazione che era necessaria e abbiamo lasciato migliaia di persone in condizioni per cui le famose condizioni di vita migliori poi in realtà non si trovavano.

Poi ovviamente bisogna lavorare con i Paesi. Una volta che si stabiliscono le quote legali, una volta che si stabilisce che quelle quote aumentano quando c’è una formazione indirizzata competenze che sono richieste, poi si lavora con gli accordi bilaterali con i Paesi. Per questo è importante dialogare con loro, perché è l'unico modo di gestire questa situazione. Quindi questo è il modello italiano, è un modello sul quale appunto stiamo cercando di lavorare anche con l'Europa, perché anche qui, come è cambiato il paradigma del rapporto con l'immigrazione. Immagino che lei abbia sentito oggi l'intervento di Ursula von der Leyen e di Charles Michel. Qualche mese fa sarebbe stato impensabile immaginare che tutto fosse concentrato sulla cooperazione, sulla dimensione esterna, ma perché il modo con cui l'Italia cerca di gestire questo fenomeno è un modo che conviene a tutte le Nazioni europee. Noi per anni abbiamo discusso, pensando di poter scaricare il tema uno sull'altro, movimenti secondari, patto di immigrazione e asilo, Dublino, ma è sempre un problema che al massimo può alleviare un po' di più una Nazione, ma lo scarica comunque sul proprio vicino. Secondo me non è il modello. Io ho sempre detto, guardate, l'unico modello è che noi lavoriamo insieme sulla dimensione esterna, che lavoriamo insieme su dei partenariati strategici che ci aiutano anche a rafforzare lo sviluppo e il benessere nei Paesi africani e che così riusciamo a gestire il fenomeno migratorio e allora la migrazione sarà più facile però dentro percorsi legali.
Fino a ieri non si poteva dire perché noi avevamo questa mentalità per la quale la migrazione non si può limitare a un diritto, i confini non esistono, non è il mio approccio. Proprio perché i confini esistono, la migrazione va governata. Che è cosa diversa dai profughi, come sempre, anche qui noi abbiamo confuso due cose che erano molto diverse, che sono normate da regole diverse, che sono proprio due materie. E infatti non a caso oggi le abbiamo divisi. Io credo che da una parte ovviamente bisogna occuparsi, è un tema che abbiamo oggi, di come garantire asilo a chi scappa effettivamente da guerra, persecuzione, terrorismo, ma anche questo non significa che tu puoi essere accolto ovunque nel mondo, perché anche questo diventa non gestire il fenomeno. È inevitabile che le Nazioni più prossime sono quelle che avranno il peso maggiore, è quello che accade con la Turchia, è quello che oggi accade in Polonia con i profughi ucraini, però bisogna porsi il problema di quelle Nazioni che più di altre si caricano il fenomeno. Da una parte, profughi, migrazioni, la migrazione deve essere legale perché è l'unico modo per dare a queste persone condizioni di vita migliori. Su SACE sono d'accordo con lei, credo che si possa fare di più, particolarmente coinvolgendo la Piccola Media Impresa italiana ed è uno dei prossimi obiettivi che mi do nell'interlocuzione con SACE, perché più attori privati riusciamo a coinvolgere, più possiamo, anche con una piccola diplomazia che è fatta dalle nostre imprese, costruire legami solidi, per cui è anche nell'interesse del Governo.

Domanda: La porto su uno dei prossimi appuntamenti internazionali della sua agenda, la visita negli Stati Uniti d'America, che è sicuramente collegata alla conferenza di oggi.
Volevo chiederle quali saranno le priorità dei suoi colloqui con il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden? E se in quella sede fornirà a lui aggiornamenti sulla partecipazione italiana alla Via della Seta e sulle decisioni che il governo ha assunto o assumerà rispetto a questa cosa qui?

Presidente Meloni: Guardi, sicuramente il tema dei rapporti con la Cina è uno dei temi che si discutono ampiamente in ambito G7, potrà sicuramente essere oggetto del nostro confronto, non credo specificamente sul tema della Via della Seta; nel senso che mi è capitato di leggere ricostruzioni un po' bizzarre da questo punto di vista, ma a me la questione direttamente non è mai stata posta dal Presidente degli Stati Uniti che, come lei sa, ho incontrato diverse volte finora.
Sicuramente il tema Cina è un tema che noi sempre affrontiamo e che può essere sicuramente oggetto del dibattito.
Per quello che riguarda le priorità, guardi, quello che accade qui oggi secondo me è una priorità perché io sto cercando di accendere i fari dell'attenzione sul tema Africa e Mediterraneo.
Le conseguenze del conflitto ucraino oggi impattano soprattutto in Africa. In Africa ci sono diversi spoiler che lavorano per la destabilizzazione e quando si è in una situazione di crisi come quella nella quale ci troviamo noi, bisogna guardare tutti gli angoli della scacchiera.
Questo è un tema che io ho posto anche al vertice della NATO, cioè tutto fa parte dello stesso disegno.
L'Europa e l'Occidente hanno pensato, negli ultimi anni, di non doversi occupare a sufficienza di Africa e il risultato di questo indietreggiare ha prodotto, anche, fenomeni predatori, controllo di materie prime critiche, destabilizzazione.
Quindi credo che il tema della centralità mediterranea, dell'attenzione sull'Africa, delle risorse allo sviluppo e dell'attenzione anche alla stabilità come elemento di sicurezza, debbano essere una questione che riguarda tutti i nostri alleati e io lo sto portando in tutte le sedi internazionali, come si sa, a costo di diventare noiosa, ma perché credo che se non lo fa l'Italia non lo farà nessun altro e credo che sia il nostro ruolo nel contesto internazionale.
Noi il prossimo anno saremo presidenti del G7 2024 - come lei sa - e io ho già annunciato che il tema del Mediterraneo, dell'Africa, delle migrazioni, dello sviluppo sarà uno dei temi portanti della nostra Presidenza del G7.

Domanda: Le volevo chiedere se, appunto, siccome domani c'è anche l'inizio del vertice dell'ONU sulla Sicurezza alimentare, le volevo chiedere se avevate discusso delle ripercussioni proprio sul Corno d'Africa dello stop all'accordo sul grano, quale possono essere le soluzioni, poi anche alla luce un commento di quello che è accaduto ieri a Odessa con il nuovo attacco che c'è stato da parte della Russia. Grazie.

Presidente Meloni: Guardi, intanto voglio fermamente condannare entrambe le cose, cioè il mancato rinnovo dell'accordo sul grano, perché utilizzare come arma di guerra la materia prima che sfama il mondo, l'ho detto e lo ripeto, è una offesa all'umanità.
Dopodiché bisogna continuare a fare quello che si può fare per favorire una via diplomatica, ma la comunità internazionale deve essere molto attenta in questa fase a offrire il massimo sostegno che può, particolarmente, ai Paesi africani.
L'attacco alla cattedrale di Odessa per me è stato un colpo al cuore, un simbolo della cristianità, un simbolo di pace. Ho già detto - e l'ho detto anche oggi all'inviato di Zelensky, che era qui come avete visto - che siamo pronti a fare del nostro meglio - in Italia siamo all’avanguardia nel restauro, nella ricostruzione, particolarmente per quello che riguarda i luoghi sagri- siamo pronti a mettere a totale disposizione dell'Ucraina tutte le nostre maestranze e tutte le risorse necessarie per ricostruirla, dare un segnale che secondo me è molto importante in questo momento.
Dobbiamo continuare a lavorare per arrivare a una soluzione del conflitto, come ho detto e come ribadisco in ogni contesto internazionale, ma anche questi episodi ci aiutano a ricordare chi è l'aggredito e chi è l’aggressore. E quindi ribadisco anche qui che non bisogna mai confondere il tema della pace con l'ipotesi di un'invasione e questo mi convince ancora di più che noi dobbiamo continuare a sostenere l'Ucraina.

Domanda: Ha incontrato quattro volte negli ultimi due mesi il presidente Sayed, avrà visto le immagini, quindi ha investito molto in questo tipo di rapporto, avrà visto le immagini addirittura di donne e bambini morti alla frontiera per respingimenti crudeli.
Le volevo chiedere se subordinerà l'accordo, le risorse con la Tunisia anche al rispetto dei diritti umani, se ne ha avuto modo di parlargliene.
E poi visto che ha parlato anche oggi con il premier egiziano e nei giorni scorsi con Al-Sisi, volevo chiederle se, oltre a parlare di investimenti e ringraziarlo per la grazia a Patrick Zaki, ha posto anche la questione della verità e giustizia per Giulio Regeni, o visto che non ne ha parlato in questi interventi, pubblicamente nei comunicati che ha diffuso, se considera la questione archiviata.

Presidente Meloni: Grazie. Ovviamente non considero la questione archiviata, continuo a occuparmene come mi sono sempre occupato della vicenda di Patrick Zaki pur senza parlarne con voi.
Sono stata contenta di quello che l’Italia ha ottenuto con la grazia a Patrick Zaki, credo che sia anche frutto di rapporti e della serietà italiana, di una postura italiana, di rispetto che l'Italia ha verso le altre Nazioni sovrane e quindi continuiamo a fare anche lì del nostro meglio.
Dopodiché, su una cosa voglio essere chiara, perché ho visto anche degli esposti, quanto ci costa, se qualcuno ha visto degli esposti, quanto ci ha costato riportare Patrick Zaki in Italia, se qualcuno pensa che ci siano dietro, non so cosa si intendesse, ma davvero è solo diplomazia ed è una diplomazia che si fonda su rapporti di reciproco rispetto, di dialogo, di pazienza. Credo che sia un grande risultato che dimostra la percezione che si ha nei confronti dell'Italia.
Per quello che riguarda il Presidente Saied, forse è una domanda che dovrebbe fare all’Unione europea, perché le ricordo che l'accordo che è stato siglato è un accordo che viene siglato tra l'Unione europea e la Tunisia, perché la Tunisia è una Nazione che è in estrema difficoltà e chiaramente lasciarla, abbandonarla, diciamo, al suo destino può produrre conseguenze che sono molto gravi.
Per cui, attenzione, perché la politica estera, nella quale si pensa di poter parlare al massimo in tre o in quattro e di non dover parlare con tutti gli altri, se le condizioni non sono esattamente quelle che speriamo, è una politica estera che rischia di peggiorare la situazione.
Come la vedo io? Io la vedo da sempre che esattamente come la democrazia crea sviluppo, lo sviluppo crea democrazia. E quindi quando una Nazione è in difficoltà, piuttosto che lavorare, abbandonandola al suo destino per destabilizzarla ulteriormente e ritrovarci magari, come oggi siamo, in altre Nazioni dove pensavamo di migliorare la situazione - e non mi pare sia migliorata - è cercare di accompagnare queste Nazioni, di lavorare per avvicinarle a degli standard che - chiaramente per noi - sono i nostri standard di riferimento e fare in modo che quello sviluppo possa aiutarle.
Il lavoro che non faccio io, che sta facendo la Commissione europea, ripeto, perché l'accordo è un accordo che è stato siglato dalla Commissione europea, che è stato messo nelle conclusioni del Consiglio europeo e quindi mette insieme la Commissione europea e tutti i leader europei.
Quindi evidentemente l'approccio di dire cooperiamo, cerchiamo delle soluzioni che possano essere strutturali, che possano essere di sviluppo, che automaticamente genereranno anche condizioni migliori è l'approccio che tutti quanti in questo momento condividono.

Domanda: Lei ha parlato oggi di un fondo, si può capire meglio come sarà gestito, come sarà alimentato? Poi abbiamo visto una significativa partecipazione dei Paesi del Golfo, soprattutto il Presidente Mohammed Ben Zayed. Quindi ci può spiegare un po' meglio il ruolo di questi Paesi in questo “processo di Roma” che è partito oggi?

Presidente Meloni: Grazie a lei. Dunque, il Fondo è ovviamente un obiettivo di medio periodo. La grande novità che noi vorremmo per questo Fondo di sviluppo è che le Nazioni che devono ricevere i finanziamenti devono essere anche quelle che decidono come spenderli, quindi c'è un fatto di sovranità e di coinvolgimento pieno delle Nazioni che stiamo aiutando, quindi non appunto l'approccio che spesso si è visto. Adesso ti dico come come tu risolvi i tuoi problemi, c’è un coinvolgimento che secondo me diventa fondamentale in una cooperazione da pari a pari.
Il fondo chiaramente parte da risorse che tutte le Nazioni coinvolte già mettono a disposizione. Si tratta di concentrare le risorse.
Io ho dato alcune direttrici prioritarie di finanziamento che secondo me deve riguardare soprattutto gli investimenti strategici, le infrastrutture, perché quello è il modo più duraturo di fare, cooperazione.
Ci sono quelli che pensano che la cooperazione sia che quando c'è la siccità ti mando le bottiglie d'acqua, ci sono quelli che magari pensano a mandarti un desalinatore perché così l'acqua pulita la puoi produrre da solo. Sono due approcci diversi.
Oggi, per esempio, il Piano Mattei per l'Africa, questione che ho ripetuto tante volte, da che cosa parte? Cerchiamo quali sono i nostri interessi convergenti, perché l'unica possibilità che abbiamo di avere una cooperazione che non è spot, che non è ora, che è duratura, di in qualche maniera, come posso dire, avvicinare e legare i nostri destini.
Oggi uno di questi grandi temi è l'energia, perché noi abbiamo un'Europa in difficoltà sull'approvvigionamento energetico e un'Africa che potenzialmente è uno straordinario produttore di energia, soprattutto pulita.
E quindi con gli investimenti che noi facciamo per questi Paesi, ma anche per un interesse nostro, noi possiamo aiutare loro a crescere, a dotarsi dell'energia ed esportare l’energia che eccede rispetto ai loro bisogni. E crescere ancora di più.
E noi risolviamo il nostro problema dell'approvvigionamento energetico, risolviamo il problema di un'Africa - che non è un continente povero in partenza è soprattutto un continente sfruttato - di vivere delle tante risorse che ha e quindi automaticamente viene anche il tema del governo dei flussi migratori. Quindi si tratta di concentrare queste risorse su alcune grandi direttrici che abbiamo appunto citato, partendo da quello che ciascuno stato fa.
E poi, come dicevo, faremo una conferenza dei donatori sia a livello di paesi -anche con gli altri che non c'erano qui oggi ma che vogliamo coinvolgere - con i privati, dicevamo della piccola e media impresa e tutto deve finire in questo grande obiettivo.
La presenza dei Paesi del Golfo chiaramente è legata anche a questo. Sono Nazioni che capiscono il problema della destabilizzazione dell'Africa, che hanno un'influenza e un'amicizia con i Paesi africani, che hanno dall'inizio dato la loro massima disponibilità, particolarmente Sheikh Mohammed, ma non solamente lui, si sono sinceramente messi a disposizione per l'organizzazione, per la partecipazione a questo evento, credo che il segnale che gli Emirati Arabi in particolare hanno dato con questo annuncio sia un segnale che serve soprattutto a dare il buon esempio rispetto agli altri, è una cosa che io apprezzo molto e credo che sia importante coinvolgerli in questo ragionamento, che non coinvolge solamente le Nazioni di partenza, quelle di transito e quelle di approdo, coinvolge i grandi attori strategici dell'area mediterranea. E guardi, ho detto e ripeto, noi oggi lo facciamo sulle migrazioni, perché migrazioni è sviluppo, no?
Ma è un metodo di lavoro che se dimostra di funzionare si può usare per molti altri temi e magari ridare al Mediterraneo la centralità che ha un po' - negli ultimi anni - perso perché magari i nostri occhi erano rivolti altrove.
Io credo che il Mediterraneo sia ancora un fulcro di tante cose dalla civiltà in poi e credo che sia giusto che faccia del suo meglio per riprendere il suo ruolo nella storia.

Grazie a tutti. Buona serata e buon lavoro.