Intervento del Sottosegretario Mantovano alla XV Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia

22 Dicembre 2022

Ringrazio il ministro Tajani, il segr. gen. e tutti voi per questa occasione di confronto. Potrei fare a meno di intervenire, vista la presenza dei direttori dei Servizi, e in particolare dell’amb. Belloni, che con linguaggio canonistico può ben qualificarsi doctor in utroque. 
Però vorrei dare seguito alla cortesia di chi mi ha rivolto l’invito, e per questo vado subito alla sostanza. 

1. La diplomazia e l’intelligence sono chiamati a svolgere oggi i loro servizi in un contesto internazionale che una persona da cui, fra l’altro, dipende una rete diplomatica di tutto rispetto - Papa Francesco - ha definito ‘terza guerra mondiale a pezzi’: sono funzioni - quella dell’intelligence e quella dei servizi - che hanno indubbie correlazioni, ma anche sfere di autonomia, da coordinare e da rendere operative al meglio, evitando sovrapposizioni o vuoti.
Non viviamo nel sistema dei blocchi propri della Guerra fredda - che culturalmente era più agevole da cogliere -, e neanche nel periodo seguito alla caduta dei Muri, quello della guerra c.d. asimmetrica, già più impegnativo da comprendere. Viviamo in un contesto ancora più difficile, instabile, con decine di conflitti regionali sparsi nel mondo, dall’Africa all’Asia, e persino in Europa, al cui interno l’ultima guerra pareva essere quella del Kossovo.

2. Essendo stato in larga parte della vita giudice penale, privilegio il fatto. E il fatto dal quale vorrei partire è quello che avete così ben ricordato ieri, con l’intitolazione della scalinata e della Sala operativa dell’Unità di Crisi: è l’omicidio, avvenuto nel febbraio 2021, dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci, dell’autista Mustapha Milambo. 
Luca Attanasio non ha fatto coincidere l’esercizio della sua funzione con la redazione di dossier sulla base delle informative pervenute: andava a verificare di persona. Si recava nelle comunità più povere del Congo, quelle ai cui interno avviene il reclutamento di giovani da parte dei gruppi estremisti per occupare territori, che poi diventano irraggiungibili per le organizzazioni umanitarie.
Il primo problema da porsi è allora: come può l’intelligence tutelare questo ruolo dinamico e attivo della diplomazia, contenendone i rischi e fornendo quel quadro informativo che permetta di prevenirli?
Come può farlo, adesso, 22 dicembre 2022, nel momento in cui l’attenzione dei principali attori della comunità internazionale è polarizzata sul conflitto in Ucraina? È comprensibile che ciò avvenga, ma l’attenzione non può essere sempre inversamente proporzionale alla distanza chilometrica. 

3. Questo condizionamento di prossimità va superato: con l’impegno delle nostre Agenzie di Sicurezza, noi intendiamo non spegnere le luci sulle numerose aree di crisi aperte in giro per il mondo, oltre quella ucraina. 
Non intendiamo farlo per il Medio Oriente e per l’Africa, che - nonostante la sconfitta militare del c.d. Stato islamico - vedono la diffusione e l’espansione delle reti jihadiste transnazionali; vedono l’instaurazione di “province del califfato”; vedono le loro aggregazioni a milizie armate locali, e la radicalizzazione di queste ultime. Sapete bene come, oltre i territori di remoto insediamento, si sta creando una mezzaluna di violenza jihadista che si estende dall’area del Sahel al Mozambico, dalle Comore nell’Oceano Indiano, fino alle Filippine nel Mar Cinese meridionale. Nel Sahel in particolare nell’ultimo decennio le violenze sono scoppiate con una ferocia inimmaginabile. 
Questo perverso radicalismo, che fa coincidere politica e religione, ha fatto leva sulla frustrazione di tanti giovani privati di diritti, che patiscono la povertà e le scarse opportunità di istruzione e di lavoro. Gruppi jihadisti transnazionali sono impegnati in una persecuzione mirata e sistematica di quanti non accettano la loro ideologia estremista, siano essi musulmani o cristiani.
Milioni di persone sono fuggite dalle aree dei conflitti e vivono in condizione di sfollati interni o di rifugiati nei Paesi vicini. Nè come diplomazia né come intelligence né come Governo possiamo voltarci dall’altra parte davanti alle gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali – compresa la libertà religiosa –, che spesso hanno per vittime donne e bambini. In tal senso, mi permetterete di sottolineare l’impegno del Ministro Tajani rispetto al tema, spesso obliato, delle persecuzioni dei cristiani nel mondo, e l’apprezzamento per la sua iniziativa di nominare un inviato speciale per la tutela delle minoranze cristiane nel mondo.
E non va dimenticato il rischio dei “cyber-califfati”, in espansione a livello globale, divenuti uno strumento di reclutamento e di radicalizzazione on line in Occidente. 

4. La voce sicurezza si impone come una assoluta priorità anzitutto in termini di “incolumità” del nostro personale all’estero: a parte l’ambasciatore Attanasio e chi lo accompagnava, pensiamo all’attacco subito ad Atene dal Primo Consigliere Susanna Schlein e dalla sua famiglia; pensiamo ai connazionali che, per ragioni professionali (come gli imprenditori), o ideali (gli operatori di volontariato) o anche spirituali (missionari), operano in angoli della Terra in cui il livello di pericolosità si è significativamente innalzato. Il Governo italiano, attraverso i suoi apparati di sicurezza, non mancherà mai di fornire il supporto nell’azione di ciascuno di questi soggetti, a partire dalla protezione delle sedi diplomatiche.
Ci sono altri condizionamenti da superare, ad es. quello fra la dimensione interna e quella internazionale della nostra intelligence: un attacco cyber che parte dal territorio russo e colpisce un’azienda italiana di rilievo strategico è sicurezza interna o esterna? O quello secondo cui la globalizzazione avrebbe reso marginale l’interesse nazionale: la realtà ci attesta ogni giorno il contrario.   
La collaborazione tra intelligence e diplomazia è pertanto cruciale, e deve crescere attraverso lo scambio e il vaglio reciproco delle informazioni su ambienti e interlocutori esteri, evitando sovrapposizioni e invasioni di campo: ci sono margini per lavorare non tanto sulla codifica di una prassi, che va sempre adattata ai diversi contesti, quanto sui condizionamenti culturali e sull’abito mentale di ciascuno.

5. L’obiettivo da raggiungere non è soltanto la fusione del patrimonio informativo e valutativo delle due Amministrazioni (intelligence e Farnesina): l’obiettivo da raggiungere è l’integrazione strutturale dell’intelligence nei meccanismi decisionali che determinano le priorità di politica estera, cominciando dalla fase cruciale dell’analisi. E in particolare, di quelle analisi strategiche di lungo periodo, determinanti per comprendere le sfide che ci attendono in un futuro non immediato, quei “mega trend” che attribuiscono vantaggio competitivo a chi li coglie in anticipo.
In vista del rafforzamento della nostra collaborazione, il prossimo anno andrà messa a punto la Pianificazione informativa per il triennio 2024-2027: sono i “compiti” che il governo assegna al Comparto, contenuti in un documento da intendere come dinamico, cioè integrabile a seconda del mutamento degli scenari.

Ho la certezza che solo facendo “squadra” e ponendo insieme le rispettive capacità percorreremo la strada che porta alla tutela dell’interesse nazionale. Un caro augurio a tutti voi!