Consiglio europeo del 26-27 ottobre, l'intervento di replica al Senato

Wednesday, 25 October 2023

Signor Presidente, i tempi sono molto brevi. Ringrazio i colleghi che hanno contenuto i loro interventi, per cui io farò altrettanto e mi limiterò a svolgere solo poche considerazioni perché, prima di andare a pranzo al Quirinale, sono contenta se riesco ad ascoltare le dichiarazioni di voto.
Intanto desidero ringraziare tutti i componenti dell'Assemblea del Senato per questo dibattito, in cui l'assenza (salvo casi molto rari) di toni gratuitamente polemici, mi pare dia atto della consapevolezza della fase molto delicata che l'Italia si trova ad affrontare a livello internazionale con i suoi partner. Mi pare che ci sia questa consapevolezza e voglio ringraziare tutti i colleghi che sono intervenuti.
Ho solamente alcune risposte da dare o precisazioni da fare. 

Vorrei dire alla collega Rojc che anche io sono molto dispiaciuta di non aver personalmente potuto partecipare al vertice di Tirana, anche se il primo ministro Rama era informato da tempo di questa mia indisponibilità; comunque abbiamo contribuito con una lettera che è stata inviata al vertice, che purtroppo coincideva con il giorno in cui in Consiglio dei Ministri approvavamo il disegno di legge di bilancio e avevamo la visita del re di Giordania a Roma, quindi per me era impossibile partecipare. Ciò non toglie, senatrice, che io penso che si veda l'impegno italiano, e particolarmente di questo Governo, sulla regione dei Balcani occidentali. È un impegno che ci viene riconosciuto da tutti, in cui non ci sono Nazioni più amiche delle altre, ma che invece ci vede operare per risolvere i problemi, quando è richiesto il nostro aiuto. Anche domani, a margine del Consiglio europeo, ragioneremo di utilizzare la presenza (che dovrebbe esserci) dei vertici della Serbia e del Kosovo per tornare ad affrontare la questione. Non siamo mai mancati su questa vicenda e non mancheremo mai, banalmente perché siamo perfettamente consapevoli del ruolo che viene riconosciuto all'Italia nei Balcani occidentali.
Questo mi porta anche a dire qualcosa di più sul tema dell'allargamento ai Balcani occidentali. Intanto a me non piace chiamarlo allargamento. Io credo che piuttosto dovrebbe parlarsi di riunificazione, perché in quest'Aula ho detto varie volte - e lo ribadisco - che non considero l'Unione europea un club. Non siamo noi a decidere chi sia europeo e chi non lo sia, lo hanno già deciso la storia e la geografia. Noi dobbiamo capire come riusciamo a mettere insieme gli interessi di queste Nazioni con delle regole che possano essere sempre più efficaci. Ritengo pertanto che il ruolo che l'Italia ha giocato e continua a giocare anche per dare un senso e un'accelerazione rispetto agli sforzi che questi Paesi stanno facendo per entrare a tutti gli effetti nell'Unione europea dimostri un nostro impegno sincero in questo senso.

Ciò porta anche a un altro riferimento che faceva il presidente Monti circa il tema delle regole e dell'unanimità. Presidente Monti, fermo restando che il gruppo di lavoro al quale lei faceva riferimento parla delle regole attuali e che quindi non si inseriscono sul tema dell'allargamento, però credo che la questione si ponga seriamente nel momento in cui noi immaginiamo un'Unione europea partecipata da 32, 33, 34 Stati: più si amplia la partecipazione e più chiaramente dobbiamo interrogarci sul funzionamento dell'Unione. Io le dirò la mia opinione: non penso che questo problema si risolva banalmente modificando le regole sull'unanimità, intanto perché non sarebbe un segnale rispettoso verso chi oggi decide di aderire all'Unione europea quello di dire: fino ad oggi abbiamo avuto l'unanimità, adesso che arrivate voi la togliamo. Non sarebbe il mio modo di vederla e inoltre, non funzionerebbe comunque. Io credo che nel momento in cui noi immaginiamo un'Unione europea che rimette insieme i Paesi che fanno parte dell'Europa, dobbiamo discutere di quali siano non le regole ma le priorità: più siamo e meno potremo pensare di occuparci di cose minime. Il paradosso dell'Unione di questi tempi, che io ho denunciato tante volte e per questo sono stata spesso definita euroscettica ed eurocritica, è che noi ci siamo occupati con grande dovizia di particolari di materie che potevano tranquillamente essere lasciata la competenza agli Stati nazionali, occupandosi di quello che era più vicino alla vita dei cittadini, mentre non ci siamo occupati di quello che gli Stati nazionali non avrebbero potuto fare da soli, che erano le grandi strategie.
Non abbiamo avuto una strategia sull'approvvigionamento energetico, non abbiamo avuto una strategia di sovranità sulle materie prime, di catene del valore fondamentali su materie alle quali non potevamo rinunciare, non abbiamo avuto una politica di difesa, non abbiamo avuto una politica estera, non abbiamo avuto quello per cui l'Unione serviva. L'occasione della riunificazione può essere l'occasione di fare i conti con gli errori del passato e di segnare un'Europa che possa fare la differenza, dove gli Stati nazionali non arrivano da soli, perché il principio della sussidiarietà che è iscritto nei Trattati è alla fine l'unico principio che noi non siamo mai stati davvero capaci di applicare. Questo per quello che riguarda il tema dei Balcani.
Non torno sulla questione della crisi mediorientale, perché mi pare che ci sia consenso sulle parole che ho detto. 
Voglio dire al collega Verducci che chiaramente sono d'accordo sul fatto che si debba lavorare ad ogni livello per combattere una propaganda antisemita e una disinformazione che sono diventati uno strumento di queste guerre ibride, lo vediamo oggi per la vicenda mediorientale, come lo vedevamo ieri per la questione dell'Ucraina. Il tema è anche legato a quello dell'intelligenza artificiale, che è un'altra grande questione che intendiamo approfondire e che l'Italia porterà all'attenzione nella sua Presidenza del G7 il prossimo anno. Credo che di questo siamo tutti consapevoli e che siamo tutti orientati a lavorare insieme. Penso - glielo dico davvero senza polemica - che sul tema dell'antisemitismo non valga la pena dividersi e dire che la responsabilità è di qualcuno o di qualcun altro. Lei ha fatto un riferimento preciso, ma se ne potrebbero fare altri. Noi cerchiamo di spiegare da qualche anno che la forma più reale di antisemitismo che oggi noi viviamo nella nostra quotidianità è stata anche legata a un certo fondamentalismo islamico ed è una forma di antisemitismo sulla quale spesso si è preferito chiudere gli occhi, così come abbiamo denunciato a volte che un'altra forma di antisemitismo si nascondeva dietro la presunta critica nei confronti di Israele. È il motivo per il quale in molte occasioni - lo dico da ex membro dell'opposizione - abbiamo chiesto che si facesse riferimento al diritto di Israele a esistere e a difendersi anche negli atti parlamentari che trattavano il tema dell'antisemitismo.  E mi consenta di dirle che non siamo noi che l'abbiamo impedito, ma è stato impedito su richiesta di altri partiti politici. Ma questa è una materia sulla quale è importante continuare a lavorare insieme.

Collega Lorefice, non sono certa che lei abbia definito la sua replica dopo aver ascoltato il mio intervento e non so neanche se dovrei preoccuparmi di aver già detto cose che lei mi chiede di dire e quindi di trovarmi una volta tanto d'accordo, ma è evidente che io non credo che i civili, che siano israeliani o che siano palestinesi, abbiano un peso diverso. È evidente che, come ho detto ampiamente nel mio intervento, la causa palestinese e gli attacchi di Hamas non possono e non devono in alcun modo essere sovrapposti.
Mi pare che diverse cose che lei ha chiesto nel suo intervento siano già state annunciate nel mio, compresa la necessità di una politica di espulsione e di rimpatrio immediato più efficace, che dia oggi la priorità ai soggetti che sono segnalati come radicalizzati. Mi pare di aver annunciato che la Commissione europea già lavora anche su proposta italiana sul tema di una intelligence più efficace nel contrasto a eventuali fenomeni di jihadismo anche in Europa. Sono tutte materie sulle quali, prima che mi venisse chiesto dal MoVimento 5 Stelle, eravamo già al lavoro. Mi consenta di dirle, però, che non sono d'accordo quando lei parla di un “accordicchio” con la Tunisia che non ha prodotto niente, che Saied ha rimandato indietro le risorse dell'accordo.
Credo che su questo sia utile fare un po' di chiarezza. 
Punto primo, l'ho detto in punta di piedi prima e lo ribadisco in punta di piedi oggi: nell'ultimo mese le cose stanno andando molto meglio e questo si deve alle autorità tunisine che stanno facendo la loro parte, sicuramente per un impegno che hanno preso con le autorità italiane, ma anche perché vedono che c'è un approccio diverso nel rapporto con quelle autorità. Le risorse che il presidente Saied rimanda indietro non sono quelle del memorandum con la Tunisia dell'Unione europea, ma sono il contributo al bilancio che era previsto l'anno precedente: questo per dare un'idea anche sui tempi con cui certe cose accadono. Però, guardi, già il fatto stesso di chiamarlo “accordicchio” per me tradisce una lettura sbagliata. Infatti, sa che cosa non funziona nel rapporto con la Tunisia in questo momento? Non funziona che una parte dell'Unione europea si presenti per immaginare una partnership strategica con il governo tunisino e un'altra parte dell'Unione europea tenti di smontare quell'accordo, dichiarare che la Tunisia non è un porto sicuro e dire che Saied è uno stupido dittatore.
Non si può pensare di trattare con dei partner così. Io non credo che si possano trattare i partner così e non credo neanche che sarebbe giusto andare dal presidente tunisino Saied e dirgli: guarda, siccome consideriamo la Tunisia una Nazione che non è alla nostra altezza, fate la cortesia. Noi dobbiamo risolvere il problema dell'immigrazione legale: teneteli voi. Non ho mai chiesto che venisse fatto con il resto d'Europa e non chiedo che venga fatto con la Tunisia. 
Quello che posso chiedere alla Tunisia, a fronte di una partnership strategica con una Nazione che è in difficoltà, portando investitori, garantendo lavoro, aiutando una Nazione in difficoltà, è di avere poi una collaborazione che sia a 360 gradi. Non è stato mio e non è dell'Italia di oggi l'approccio di quelli che ti guardano un po' dall'alto in basso e ti spiegano che loro sono migliori di te. Io non ho quell'approccio e forse per questo, anche nei Paesi africani, anche nei Paesi del Sud globale, oggi l'Italia viene guardata in modo diverso e riesce a essere prima fila di un'Europa che spesso ha fatto questo errore.
Quello non è un “accordicchio” per quello che mi riguarda, ma è l'inizio di una partnership strategica, perché io sono abituata a trattare le altre Nazioni così, particolarmente quelle che hanno bisogno del nostro aiuto ed è quello che farò anche in questo caso. 

Per quello che riguarda il piano Mattei, che risponde a questa strategia, non si preoccupi, perché il piano Mattei verrà confrontato con il Parlamento - come io le ho già detto; non è una cosa astratta che pensiamo di fare da soli. È sicuramente un'iniziativa che oggi fa guardare l'Italia con molto interesse anche dagli altri partner europei. È un'iniziativa sulla quale noi puntiamo a essere pionieri di questo nuovo approccio del quale parlavo anche rispetto all'Unione europea. Essendo un'iniziativa strategica italiana di politica estera (non ne ho viste tante in passato, mi faccia dire anche questo), penso che sia giusto che il Parlamento anche su questo si confronti a 360 gradi.

L'ultima cosa velocemente la dico al senatore Delrio, del quale ho molto apprezzato l'intervento. Su una cosa non sono d'accordo, ovviamente, ma lo ha detto lei prima di me: lei ha detto che non è stata favorita una politica delle porte aperte. Lei fa riferimento al Patto di migrazione e asilo. Il punto, senatore Delrio, che io ho tentato di spiegare tante volte è che la redistribuzione di chi arriva illegalmente in Italia non sarà mai la soluzione di questo problema ed è anzi, purtroppo, un pull factor che finisce per favorire i trafficanti di esseri umani. Io e noi abbiamo votato il nuovo patto di migrazione perché le regole per noi sono più favorevoli, ma non ho mai chiesto di risolvere questo problema scaricandolo sugli altri Paesi europei. C'è un modo solo per risolvere questo problema in maniera tale che tutti ne siano soddisfatti e cioè fermare le partenze illegali.
Questo è un tema che l'Italia - mi dispiace, ne sono oggi più consapevole di quanto non ne fossi ieri, dopo un anno che partecipo ai Consigli europei - non aveva mai posto in Europa. Lo abbiamo cominciato a porre noi e devo dire anche che non c'è voluto moltissimo a convincere, con posizioni di buon senso, anche i nostri partner.