Beatissimo Padre,
è per me una gioia grande rivolgerLe il saluto ed esprimerLe gratitudine a nome delle persone qui presenti, oltre che a nome della Presidente del Consiglio, oggi impegnata a Bruxelles per i lavori del Consiglio europeo, e dell’intero Governo che ho l’onore di rappresentare. Dal 1989 ogni anno il 26 giugno le Nazioni Unite celebrano la Giornata internazionale per la lotta contro la droga; quest’anno a Roma, nella cornice del Giubileo della speranza, non poteva esserci luogo e momento migliore.
Ella ha davanti a sé, Santità, un mondo: il mondo di chi – taluni da decenni – dedica la propria esistenza alla prevenzione, alla cura e al recupero dalle dipendenze, in particolare dalle dipendenze dagli stupefacenti. Ma ci sono anche i tanti che l’esperienza della dipendenza l’hanno fatta e ne stanno uscendo, o ne sono venuti fuori, e i loro familiari, che da soli non sarebbero mai riusciti ad aiutare i loro figli. Per tutti, fra pochi istanti, Paola racconterà la sua storia di sofferenza e di speranza.
È un mondo che per troppo tempo ha operato nell’indifferenza generale, ma che oggi vede finalmente le istituzioni al proprio fianco, vorrei dire al proprio interno. Dall’avvio del nostro mandato, alla fine del 2022, abbiamo scelto di lavorare insieme: comunità, enti del Terzo settore, società scientifiche, medici, operatori sanitari, servizi pubblici per le dipendenze, regioni, enti territoriali, governo nazionale. Ciascuno per la sua parte, tutti animati dalla consapevolezza che la tossicodipendenza non è una questione meramente sanitaria: è una sfida culturale e umana, il cui presupposto, non soltanto teorico, è capire bene che cosa vuol dire essere liberi.
È diffusa la convinzione che libertà significhi fare tutto quello che si vuole, e quindi anche assumere la droga o darsi la morte; andrebbe al massimo garantito il rispetto di una procedura per non invadere il perimetro della libertà di altri. Le esperienze delle persone che sono qui, Santità, mostrano nella carne e nel sangue di ciascuno di loro che questa non è libertà. Sono esperienze che danno ragione alle parole che il Suo amato Predecessore San Giovanni Paolo II rivolgeva a un gruppo di universitari (26 marzo 1981): “Essere liberi (…) non vuol dire godimento ma fatica: la fatica della libertà”. Libertà – aggiungeva il Pontefice - significa “pensare, (…) parlare, (…) agire secondo i principi della semplicità e della chiarezza evangelica: “Si, si, no, no”. (…) chiamare bianco il bianco, e nero il nero – male il male, e bene il bene”. Fare questo comporta fatica.
Comporta fatica spiegare che la droga fa male, che distrugge la vita, che rende schiavi e succubi, che promette qualcosa che non può dare e in cambio si appropria della felicità reale: ogni droga, senza distinzioni fra “leggere” o “pesanti”. Comporta fatica per un giovane affrontare un percorso di recupero, perché deve combattere anzitutto contro sé stesso. Comporta fatica per un genitore non voltare lo sguardo, prendersi il carico quotidiano di mortificazioni e di umiliazioni, scoprirsi debole e chiedere aiuto. Comporta fatica per l’operatore del servizio pubblico e della comunità stare dietro, passo dopo passo, a chi è caduto nella dipendenza, condividerne la lotta, le oscurità, le resistenze.
Ma è una bella fatica, carica di amore e di speranza: il contrario della rassegnazione! Non ci rassegniamo al narcotraffico che minaccia intere Nazioni: da tempo le forze di polizia e la magistratura italiane lavorano attivamente per contrastarlo, collaborando con i loro omologhi anche nella Sua amata America Latina. Non ci rassegniamo alle scene di abbandono e di morte che sconvolgono le strade delle città, dove si spacciano e si consumano gli oppioidi sintetici, in primis il Fentanyl. Non ci rassegniamo ad applicare a chi ha una dipendenza l’etichetta dell’indifferenza, riflesso di quella “cultura dello scarto” costantemente denunciata dall’altro Suo amato predecessore, Papa Francesco.
Davanti a Lei, Santo Padre, ci sono testimoni di speranza, convinti che la speranza è di chi costruisce quotidianamente, non di chi urla o inveisce: convinti che non esistono speranze a basso costo, surrogabili con sostanze che danno l’illusione di far sentire potenti, e poi lasciano nella menzogna della schiavitù. La loro fatica oggi riceve il “premio” della Sua parola, del Suo sostegno, della Sua benedizione, nel Giubileo che alla Speranza esorta. Grazie, Santità!