Consiglio europeo del 29 e 30 giugno, l'intervento di replica al Senato della Repubblica

Mercoledì, 28 Giugno 2023

Presidente, la ringrazio e ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti in questo dibattito interessante che riguarda molte materie e di rilevante complessità, riguarderà il Consiglio europeo di domani e di dopodomani.
o ringrazio per i numerosi spunti, mi limiterò come sempre evitando di ripetermi alle questioni sulle quali posso fornire un punto di vista ulteriore a quelle che non condivido. Ho sentito molti interventi che condivido e non ci tornerò così da lasciare anche lo spazio alle dichiarazioni di voto.

Intanto ci sono alcune questioni che sono ricorrenti e io le citerò secondo i primi che le hanno citate. È ricorrente la questione della riforma della governance, il patto di stabilità e crescita, è ricorrente il tema del PNRR, è ricorrente il tema del MES. In particolare il senatore Misiani mette insieme giustamente le tre cose dicendosi, come anche io credo, d'accordo sul fatto che non si possa e non si debba tornare alle regole del vecchio patto di stabilità. Dicevo stamattina e sono convinta che quello sulla riforma della governance europea in tema di stabilità e crescita è una di quelle materie sulle quali ragionevolmente, insomma anche in passato, le posizioni del Parlamento sono state posizioni più ampie di quelle delle singole maggioranze e spero che sarà così anche in questo caso. Tutti ci rendiamo conto di come le future regole della governance devono essere orientate soprattutto a garantire la crescita, senza la quale, come dicevo, è anche molto più difficile garantire stabilità e noi crediamo che da questo punto di vista, e spero sarà una battaglia che vorremmo fare insieme, una delle questioni fondamentali sia capire qual è il peso che gli investimenti che noi siamo chiamati a fare, particolarmente noi italiani, con il PNRR, particolarmente sulle grandi scelte strategiche che l'Europa si è data, la transizione verde, la transizione digitale, poi tornerò anche sul tema della difesa, vengono in qualche maniera protette dalla Governance. Su questo siamo d'accordo. Il senatore Misiani ci dice che ci sono due convitati di pietra che rendono sostanzialmente difficile per l'Italia portare avanti questa trattativa, che sono la lentezza, i ritardi sul PNR e la mancata ratifica del trattato di modifica del MES. Io non sono d'accordo ovviamente, senatore Misiani, non sono d'accordo intanto perché a monte c’è un racconto che non corrisponde a verità.

Cioè ci si dice che a Bruxelles non hanno visto un pezzo di carta. Temo che non si sia molto preparati, perché sono molti e copiosi i documenti che noi abbiamo prodotto per la Commissione europea, per essere decisi rispetto ai tempi di attuazione di un Piano nazionale di ripresa e resilienza che non avevamo scritto noi e rispetto al quale le contestazioni che vengono fatte dalla Commissione non sono riferibili a noi. Potrei citarle lo stadio di Firenze, che la Commissione dice che non ritiene debba essere finanziato con i soldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma non sono stata io a inserire lo stadio di Firenze nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. 
Semmai noi stiamo producendo molte carte, cercando ovviamente di dare continuità per quello che possiamo fare a un Piano del quale non avevamo la responsabilità. Questo per quello che riguarda il passato. Voglio anche dire sul problema della trasparenza, Senatore Misiani rispetto al PNRR mi fa francamente un po' specie. Penso che il ministro Fitto sia stato in questi otto mesi di governo in Parlamento diverse volte. Ne contavamo a memoria cinque o sei a riferire, a parlare o a approfondire il tema del PNRR, anche sulla modifica del REPowerEU. 
Chiaramente vogliamo coinvolgere il Parlamento, sono materie strategiche sulle quali è giusto che ci sia una convergenza. Sono contenta che oggi vogliate il Parlamento centrale rispetto al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, perché ricordo quando il Piano fu approvato dal Parlamento, 370 pagine di documento che era stato consegnato alle Camere un'ora prima dell'inizio della discussione. Sono cose che non abbiamo condiviso in passato e che non intendiamo ripetere. Dopodiché lei dice che siamo in ritardo sul futuro, cita la Germania e il Lussemburgo che hanno già presentato i loro progetti, la Francia e Malta. Chiaramente il senatore Misiani è una persona molto preparata e conosce la differenza tra quello di cui ha parlato e il caso italiano. Il senatore Misiani sa benissimo che per ciò che concerne Germania e Lussemburgo noi parliamo solamente di una modifica di PNRR, di piani nazionali che sono infinitamente più piccoli del nostro. Il Piano tedesco, se non vado errata, si aggira intorno ai 27 miliardi. Non devo ricordare io a questo Parlamento che il piano italiano investe complessivamente 190 miliardi più i 30 italiani, insomma che è un piano diciamo un tantino più corposo. 

Malta e Francia sono le due Nazioni che finora hanno presentato una modifica che coinvolge il REPowerEU che è un piano nuovo anche qui, anche questo dovremmo saperlo e dovremmo sapere che la scadenza per la presentazione di quel piano è il 31 di agosto ed essendo il piano italiano il più complesso di tutti, ebbene anche per non dover poi ritrovarsi a modificare in corsa le cose che non state inserite nel PNRR è bene che questo lavoro si faccia con serietà.
Quindi non ci sono ritardi, c'è semplicemente un lavoro serio che stiamo cercando di fare senza fare polemica. Guardate colleghi, perché avremmo potuto fare polemica. Invece non abbiamo fatto polemica, noi ci siamo messi ai remi e abbiamo cominciato a lavorare, per mandare avanti un piano che è importante per l'Italia anche sugli aspetti che potevamo non condividere complessivamente, perché quando si tratta di interesse nazionale noi ci mettiamo a lavorare e mi fa specie francamente che invece i partiti che hanno di fatto steso il piano sul quale oggi si lavora e che in alcuni casi richiede da parte della Commissione Europea delle modifiche, siano anche quelli che se la prendono con l'attuale Governo. Mi fa specie, mi fa specie anche, lo dico che lo faccia il Commissario Gentiloni, che il piano immagino lo avesse letto prima e che oggi chiama in causa il Governo italiano dicendo che bisogna correre e fare di più, ma insomma se si fosse vigilato un po' di più nel passato probabilmente oggi si farebbe più velocemente.
Per quello che riguarda il MES, qui rispondo anche al senatore Monti che ringrazio sul tema della logica di pacchetto, ma torno su quello che diceva sempre il senatore Misiani perché giustamente, ripeto, siamo d'accordo col senatore Misiani sul fatto che non si debba tornare indietro ai vecchi parametri del patto di stabilità. Però vedete, e questo spiega un po' anche il concetto della logica di pacchetto, se la vogliamo chiamare così, il meccanismo europeo di stabilità richiama i parametri del precedente patto di stabilità al suo interno. Quindi da una parte si dice che noi non dobbiamo tornare ai vecchi parametri del patto di stabilità e dall'altra si chiede di approvare prima di vedere quali sono i parametri nuovi del patto di stabilità, di ratificare un trattato che prevede i vecchi parametri del patto di stabilità, temo che sia uno dei tanti elementi che dimostrano come le cose vanno valutate nella loro interezza. 

Nella loro interezza anche per un fatto di equilibrio, anche per un fatto di maggiore chiarezza su quello che si sta approvando. Dopodiché la collega Rojc parlava di immigrazione e di corridoi umanitari. Collega Rojc, temo che il tema dei corridoi umanitari sia un tantino in contrapposizione con la politica delle porte aperte che si è fatta in questi anni, è proprio questo il tema che io cerco di segnalare. Così come così come un'immigrazione regolare è purtroppo più difficilmente compatibile con la politica delle porte aperte, tant'è che negli anni nei quali c'erano altri al governo, i decreti flussi, cioè i decreti con i quali si norma la quantità, la provenienza dei migranti regolari, sono stati praticamente azzerati perché le quote di migrazione in Italia erano tutte coperte da migrazione illegale. Esattamente questo è il problema che noi poniamo. Il problema che poniamo è che finché noi non distinguiamo tra chi ha diritto, secondo la protezione internazionale, la convenzione di Ginevra, la protezione sussidiaria dell'Unione Europea, a stare in Europa e chi non ha diritto, perché è migrante economico e quindi va gestito e affrontato in maniera completamente diversa, noi non aiuteremo davvero chi ha maggiore bisogno e diritto a essere aiutato. È esattamente questa distinzione che noi stiamo cercando di far passare a 360 gradi.
Quindi sui corridoi umanitari, certo, siamo d'accordo, i corridoi umanitari, collega Rojc, riguardano chi ha diritto alla protezione, non sono esattamente quello che fanno i trafficanti facendosi pagare migliaia di euro per mettere le persone su navi di fortuna che troppo spesso periscono nel Mediterraneo. Dopo di che sono d'accordo invece con la collega Rojc per quello che riguarda, lo citavo stamattina, il problema dell'integrazione dei Balcani occidentali, l'attenzione verso i Balcani occidentali. Voglio tranquillizzare la collega e voglio confermare che l'impegno italiano in queste settimane, in questi mesi è stato pieno da questo punto di vista e anzi se lei ha visto, se la collega ha visto la relazione di questa mattina, in riferimento a quello che io dicevo non considero un processo di allargamento ma semmai un processo di riunificazione, nel momento in cui noi apriamo il nostro dibattito, la nostra attenzione per esempio alla Moldova, per esempio ad altre nazioni, non dobbiamo, dicevo, dare il segnale che qualcuno che si era mosso prima rimane indietro. Non ci sono corsie preferenziali, non ci sono ovviamente trattamenti diversi, non ci devono essere soprattutto per rispetto ai Balcani occidentali, sui quali, insisto, l'Italia è forse una delle nazioni che in Europa sta seguendo maggiormente questa materia.
Collega Paganella, voglio dire che sono d'accordo, parla di Ucraina sul fatto che questa fase richiede fermezza e prudenza. Considero la fermezza la principale forma di prudenza che si possa mettere in campo, voglio citare diversi interventi che ho sentito. 
Dicevo, ribadisco, quando si parla di pace, io immagino che nessuno in cuor proprio in questa Aula pensi che la guerra piace, no? Che qualcuno vuole alimentare la guerra perché si diverte in un conflitto. Noi siamo tutti d'accordo sulla pace. Il punto sul quale non siamo d'accordo è come ci si arrivi. È su questo che io non capisco alcuni interventi e non mi riferisco ovviamente a quello del collega Paganella che ho condiviso, ma a quello del collega Lorefice. Io ho detto e ribadisco, quando mi si chiede di lavorare sulla pace che ad oggi, a condizioni date, il modo più efficace di favorire la fine del conflitto e l'apertura di un tavolo negoziale è sostenere l'Ucraina. Ed è sostenere l'Ucraina, colleghi, perché l'ho detto e l'ho ribadito cento volte, l'unico elemento che può costringere in un conflitto le parti a mettersi intorno a un tavolo è l'equilibrio delle forze in campo. È lo stallo.

Se noi non avessimo sostenuto gli ucraini non avremmo avuto bisogno di parlare di niente, ma non perché avremmo avuto la pace, perché avremmo avuto una invasione. Dopodiché ci si spiega, nel momento in cui ci si dice che appunto che non bisogna inviare armi all'Ucraina, il collega Lorefice dice, voi continuate a battere sullo sconfiggere la Russia. Noi non continuiamo a battere sullo sconfiggere la Russia, noi continuiamo a battere sul difendere l'Ucraina, che è un'altra cosa. Dopodiché, nella risoluzione del Movimento 5 Stelle c'è scritto che non bisogna mandare armi all'Ucraina. Questo è un fatto. E allora il tema non è più la pace, perché collega Lorefice, lo chiedo a lei e spero che mi risponda e che farà la dichiarazione di voto, quando noi smetteremo di sostenere, dovessimo smettere di sostenere l'Ucraina, ammesso che ci seguissero anche i nostri partner che non ci seguirebbero, lei sa dirmi che cosa accadrebbe? Cioè lei pensa che si aprirebbe un tavolo negoziale nel momento in cui l'Ucraina è più debole o piuttosto che noi avremmo quella invasione.
E allora le cose vanno chiamate con il proprio nome, non vanno chiamate pace, vanno chiamate voglio un mondo e accetto un mondo nel quale chi è militarmente più forte può liberamente invadere il suo vicino. 

E purtroppo questo è il pensiero che sottintende il generico riferimento alla pace. L'ho detto stamattina e lo ripeto anche a voi, perché spero che almeno in questa dichiarazione di voto del Movimento 5 Stelle qualcuno mi risponda. Io ho visto una intervista del professor De Masi, filosofo di riferimento al Movimento 5 Stelle, che diceva che è meglio vivere sotto una dittatura piuttosto che morire. Posso sapere da chi interviene in dichiarazione di voto se condivide queste parole, perché voi capite bene come questa sorta di esegesi della vigliaccheria, di fatto faccia strage di secoli di civiltà europea, di secoli di battaglie, di gente che ha dato la vita per difendere la libertà, per difendere la democrazia, per difendere i valori che sono della nostra civiltà. Voglio sapere se siete d'accordo o se non siete d'accordo. Voglio sapere se credete che Paolo Borsellino dovesse preferire vivere piegandosi alla mafia piuttosto che fare le battaglie che ha combattuto. Non si può sostenere in coscienza una frase del genere. E se non siete d'accordo, sono contenta e mi aspetto che lo diciate. E mi aspetto che lo diciate.
Perché le cose vanno chiamate, signori, con il loro nome, non vanno chiamate in un altro modo. Io sono una persona che è sempre stata abituata a assumersi le sue responsabilità anche quando c'erano cose scomode e si possono dire basta che ci si mette la faccia. Quello che non si può fare è far finta che si vuole la pace, quando in realtà non è la pace che si sta perseguendo.

Dopodiché, sempre il collega Lorefice,  faceva un riferimento al tema della richiesta [..] dalle regole sul Patto di stabilità delle spese di investimento relative tanto alla transizione verde e tanto alla transizione digitale quanto al tema della difesa e dice qual è il nesso tra clima e difesa. Il nesso è l'autonomia strategica che vuol dire rafforzare le proprie catene d'approvvigionamento quando si vuole fare la transizione verde per non passare da una dipendenza dalla Russia verso una dipendenza da Cina, che vuol dire rafforzare la propria tecnologia digitale e che vuol dire rafforzare la propria difesa. 
Perché guardi, investire sulla difesa, anche qui collega Lorefice, cerchiamo di chiarirci, non vuol dire comprare le armi per andare in giro a tentare di muovere guerra a qualcuno, vuol dire essere all'altezza di difendersi da soli. Sa che cosa mi colpisce? Mi colpisce che solitamente quelli che si scagliano contro gli investimenti sulla difesa sono anche quelli che poi denunciano un'eccessiva ingerenza per esempio degli Stati Uniti nelle scelte di politica estera e europea. Le due cose non stanno insieme, collega Lorefice, perché se tu chiedi a qualcun altro di difenderti devi anche sapere che probabilmente non lo farà gratis e che tu hai maggiori difficoltà a difendere i tuoi interessi, quindi sì, autonomia strategica, l'investimento in difesa è un investimento nell'autonomia politica della nazione e dell'Europa. E anche qui le cose bisogna avere il coraggio di dirle come stanno, non si può tenere tutto e il contrario di tutto insieme. O si sceglie di chiedere ad altri di provvedere alla propria sicurezza, o si sceglie di provvedere alla propria sicurezza, sapendo quali sono ovviamente le conseguenze di qualsiasi delle scelte che si fa.
Dopo di che, collega Monti, la ringrazio. Solamente al netto della vicenda del MES, la questione del pacchetto, ho due cose da dire. Sul tema dell'equilibrio di bilancio la ringrazio ma guardi io non credo si possa dire davvero che ci sono componenti della maggioranza che sono riluttanti rispetto a una seria politica di bilancio. Sono riluttanti, sono state riluttanti come sono anche io insomma, come si sa alle politiche di austerità ma sono due cose diverse tant'è che stamattina io dicevo che sono finite le politiche di austerità, ma questo non vuol dire non dover essere seri rispetto anche al modo in cui ti poni all'estero. Io, anche da grande contestatrice dell’austerità, mi sono ritrovata in passato a segnalare che alcuni provvedimenti che i governi prendevano di spesa molto allegra e poco produttiva non è che ci aiutassero poi nelle contrattazioni che andavano fatte. Mentre condivido e condivido invece pienamente il tema del rapporto all'interno del Mercato unico con gli interessi delle altre Nazioni europee, stamattina nella mia relazione io citavo STEP, questo programma presentato dalla Commissione europea che noi immaginiamo come primo passo di un Fondo sovrano europeo, ma in quel primo passo c'è una cosa che questo Governo ha chiesto con forza per rispondere a chi chiedeva un allentamento degli aiuti di Stato per rispondere all'Inflation Reduction Act senza porsi sufficientemente il problema che questo avrebbe creato una disparità tra Paesi che avevano un maggiore spazio fiscale e Paesi che non ne avevano.

Né il problema si poteva risolvere a monte con il Fondo sovrano perché conosciamo i tempi. Un Fondo sovrano richiede molti mesi di contrattazione se non anni e quindi noi non saremmo stati in grado di competere nel momento in cui si allentavano le norme sugli aiuti di Stato. Cosa abbiamo chiesto? Come tutti sanno abbiamo chiesto piena flessibilità nell'utilizzo dei fondi esistenti, che vuol dire recuperare risorse non spese, che vuol dire modificare gli obiettivi delle risorse che sono disponibili, su questo il programma che è stato presentato alla Commissione europea diventa un atto concreto. Poi bisogna continuare a essere assertivi sui tavoli competenti, ma mi pare che in questa fase il Governo abbia lavorato per difendere l'interesse italiano e per fare del suo meglio, anche per garantire il Mercato unico rispetto ad alcune decisioni che venivano prese.
Collega Borghi, sulla Tunisia. Dunque, collega Borghi, io non so, sento delle volte in quest'Aula cose che non rispondono a verità. Non è vero che la Tunisia ci ha sbattuto le porte in faccia. Non è vero che la Tunisia ci ha sbattuto la porta in faccia, è vero che c'è una trattativa in corso, è vero che è già firmata una dichiarazione congiunta, obiettivo che non era scontato, è vero che adesso si sta lavorando per arrivare a una iniziativa più sostanziosa. Io non voglio dare tempi di quando questo accadrà, ma insomma continuiamo a lavorare e mi pare che si fanno passi in avanti molto significativi. E voglio dirle anche che non è vero che noi abbiamo chiesto al Presidente Saied di fare in buona sostanza il gendarme dei migranti per qualche milione di euro. Non è questo l'approccio che lei vedrà quando questo lavoro dovesse andare avanti. L'approccio che lei vedrà è proprio invece un approccio che è quello sul quale stiamo lavorando con la Commissione, che da una parte affronta la questione dei migranti ma dall'altra parla soprattutto di investimenti, parla soprattutto di sviluppo, parla soprattutto di aiutare la Tunisia, le sue imprese, le sue famiglie, i suoi cittadini. Era quello che dicevo stamattina, noi stiamo lavorando soprattutto per aiutare i tunisini e quindi mi dispiace, ma i posti dai quali lei parte non sono attualmente corretti. Io credo che invece vada dato atto al lavoro che il Governo italiano ha fatto da questo punto di vista, dal suo arrivo ad oggi, nel riaprire anche un dialogo che sta diventando quotidiano e quindi del lavoro che il Governo italiano ha fatto su un fronte fondamentale non solo per la questione migratoria, ma per la stabilità del Nord Africa, per la stabilità del Mediterraneo, per la stabilità dell'Unione europea. Credo che se la Presidente von der Leyen e il Primo Ministro Rutte sono venuti con me in Tunisia in una missione che era europea è perché tutti si rendano conto di un tema che è molto strategico e lo dico con garbo e sottovoce, ma credo che il Governo italiano in questo abbia avuto un ruolo non secondario.

Dopodiché, aggiungo, che sono d'accordo sul fatto che il tema degli investimenti proprio sul modello Tunisia in Africa, ne ho parlato lungamente, debba essere strutturale, debba richiedere risorse adeguate, è esattamente il lavoro che stiamo facendo. Quando adesso si apre il tema del bilancio pluriennale dell'Unione europea, l'Italia ha mandato il suo documento di posizionamento dicevo stamattina, uno degli elementi fondamentali di questo elemento di posizionamento è che si deve tenere conto del tema instabilità del Nord Africa, che vuol dire dedicare risorse adeguate a una cooperazione seria con i Paesi africani, che secondo me può essere strategica, come dicevo con il Piano Mattei per l'Africa. Mi dispiace che qui si riesca a fare polemica anche su un progetto strutturale, strategico, di visione che questo Governo ha messo in campo e che ha messo in campo nell'interesse dell'Italia, nell'interesse dell'Africa, nell'interesse dell'Unione europea.

Perché ci sarà una ragione per la quale noi in questi anni abbiamo speso moltissime risorse sulla cooperazione, spese in centinaia, migliaia di microprogetti e quelle risorse non sono riuscite a tornare adeguatamente in termini di stabilità, di crescita e di sviluppo dei Paesi africani. Forse bisogna concentrarsi su un progetto strategico e ci sono alcune questioni strategiche che possono mettere in collegamento gli interessi europei con quelli africani perché, guardi, la cooperazione seria si fa così. La cooperazione seria si fa da pari a pari, si fa quando delle Nazioni condividono delle scelte strategiche e quando si legano grazie a progetti che non sono uno spot, ma diventano un'opera strutturale. È esattamente quello che noi tentiamo di fare con il tema del piano Mattei per l'Africa, che non è una cosa che possiamo fare o vogliamo fare da soli, è un progetto pionieristico sul quale cerchiamo di coinvolgere l'intera Unione europea. Perché? Perché per esempio, come ho detto anche qui diverse volte, l'Africa è potenzialmente un enorme produttore di energia e segnatamente di energia pulita. L'Europa oggi ha un problema di approvvigionamento energetico, non irrilevante. Le due cose possono essere messe insieme in un progetto strategico? Sì, assolutamente sì. Noi possiamo, con adeguati investimenti, con un po' di intelligenza, con un po' di visione e con progetti che non si fermano dopo tre mesi o dopo sei mesi, aiutare l'Africa finalmente a vivere di risorse delle quali dispone e che purtroppo molto spesso sono state invece depredate a quei Paesi, salvo poi andare lì a fargli le lezioni e il paternalismo. Può produrre energia per le sue società, può far crescere i suoi interessi strategici, la sua economia e il suo benessere.

Noi possiamo, per la parte che non serve all'Africa, approvvigionarci perché abbiamo un problema di approvvigionamento particolarmente nell'Europa del Centro-Nord, l'Italia può essere particolarmente interessata banalmente perché è “porta”.
E allora il Piano Mattei per l'Africa, guardate, lo dicevo stamattina, ci sono una serie di progetti che sono già sul campo, noi lo presenteremo appunto in autunno definitivamente, è un progetto complesso, strategico, molto importante ma alcune infrastrutture di collegamento sulle quali lavoriamo, il cavo Elmed, il collegamento elettrico con la Tunisia, sbloccati i finanziamenti, il SoutH2 Corridor, ci sono diverse questioni infrastrutturali sulle quali lavoriamo senza poi le infrastrutture di collegamento tutto questo non funziona e non succede. Poi certo se si pensa che un progetto del genere possa essere realizzato in sei mesi si capisce la differenza tra me e chi lo sostiene su cosa sia un progetto strategico. 
Collega Spagnoli, volevo dire solamente una cosa. Collega Spagnoli diceva che in realtà, insomma, sì, vabbè, voi governate, ma vincete solo perché siete uniti mentre gli avversari sono divisi. In Molise non mi è sembrato che sia andata così, collega. Ma lo dico perché un po’ mi incuriosisce questa idea di democrazia, nel senso che io ricordo quando si sosteneva che fosse normalissimo che persone che avevano perso le elezioni stessero al Governo, adesso ci sono persone che hanno vinto le elezioni che stanno al Governo e si dice non hanno la maggioranza. Tesi un po' difficili da sostenere entrambe.

Belt and Road Initiative. Collega Borghi, lei sa bene che l'adesione alla Nuova Via della Seta non è stata come una decisione dell'attuale Governo. Credo che lei ricordi anche, quale fosse al tempo la posizione della sottoscritta. Credo che, come ho affermato e come ribadisco, si possano avere ottime relazioni con la Cina senza per questo partecipare a un progetto, far parte di un piano strategico. Del resto, una cosa che mi ha colpito molto è che, paradossalmente, noi siamo l'unica Nazione che sta all'interno, in Europa, che sta all'interno della Via della Seta, ma non siamo affatto la Nazione che ha il maggiore ritorno nel commercio e nei rapporti con la Cina e questo davvero è un paradosso. Dopodiché, però, le valutazioni sono in corso, c'è ancora tempo per verificare la decisione. Credo che sia una questione che va maneggiata con delicatezza, con cura, con rispetto e anche coinvolgendo il Parlamento, perché su queste materie credo che anche il ruolo del Parlamento e sentire quelle che sono le posizioni del Parlamento sia importante. Quindi su questioni così delicate e importanti io non premerei per accelerare, premerei per trovare soluzioni che siano le più valide possibile nella difesa dei nostri interessi nazionali. Qualcuno diceva, mi dispiace, non ho segnato il nome e non ricordo, relativamente al Patto di migrazione e asilo, sul quale ho ampiamente parlato questa mattina, che in realtà il Patto è un compromesso al ribasso e che la ragione per la quale noi non abbiamo potuto fare di più è che siamo collegati e amici dell'Ungheria di Orban. Mi corre l'obbligo di segnalare ai colleghi che l'Ungheria ha votato contro l'immigrazione e asilo e noi abbiamo votato a favore.
Sapete perché? Perché in questa Nazione c'è qualcuno che non decide in base a quello che gli viene indicato da altre Nazioni, ma decide in base al proprio interesse nazionale. Se io sono d'accordo, sono d'accordo, se non sono d'accordo, non sono d'accordo. La politica degli Stati nazionali non si legge con una lente così schematica e del resto chi conosce un po' la politica europea ed è abituato a conoscere più di quanto la propaganda delle volte imponga, sa benissimo che all'interno del Consiglio europeo le alleanze sono variabili, perché si saldano soprattutto sulla base della difesa degli interessi nazionali, che gli altri fanno e che facciamo anche noi e quindi ci sono delle volte che siamo d'accordo e ci sono delle volte che non siamo d'accordo e questo è il modo giusto per seguire la politica a livello internazionale.

Per questo io oggi così faccio e per questo ieri contestavo a chi mi sembrava facesse più quello che dicevano i suoi alleati politici che non quello che fosse di interesse della propria Nazione e non ero d'accordo e l'ho detto tante volte. Dopodiché il collega Del Rio, e mi pare che ho concluso, dice che l'opposizione non lavora contro il Governo. Bene, bene, nel senso che non lavora contro il Governo nelle dinamiche che vengono discusse al Consiglio europeo, che vengono discusse in Europa e cioè che c'è una preminenza della difesa dell'interesse nazionale rispetto al nostro, legittimo, dibattito politico interno. Le voglio citare una cosa che accadeva qui questa mattina.

Se ritrovo il nome del collega che mi aveva dato della vecchia, com'è? Nicita. No, scherzo, collega. Era una battuta, ma l'avevo letta la cosa politica. Però le ho promesso una risposta, perché il collega Nicita, stamattina parlando di altro, non era in questo dibattito, ma insomma è il Senato della Repubblica e quindi era una materia europea che lui discuteva. Il collega Nicita, in riferimento al tema del cambio di governance della RAI, in riferimento ad altre materie, evocava la questione dello Stato di diritto, evocava il rischio che la Commissione europea potesse, nei confronti dell'Italia, bloccare le risorse del PNRR perché noi abbiamo cambiato la governance della RAI. Ora, va detto colleghi che nel merito, se la Commissione europea non è intervenuta fino adesso sulla RAI difficilmente interverrà. Cioè, se non è intervenuta quando per la prima volta nella storia d'Italia, nel Consiglio di amministrazione della RAI, non era rappresentata l'unica opposizione esistente nel Governo della Nazione, difficilmente interviene adesso perché si cambia la governance della RAI. Ma non è questo il tema che mi interessa. Il tema che mi interessa è che questo tema dello Stato di diritto io lo sento tornare spesso. E lo sento tornare da esponenti della sinistra di vario genere, parlamentari, opinionisti. E a me, dico con onestà colleghi, suona come un incitamento alla Commissione europea. Cioè, è come se una parte della sinistra, nella speranza di colpire il Governo, cercasse di accendere i riflettori su un problema, che sa che non esiste, per tentare di colpire il Governo, magari mandarlo a casa. Voi vi rendete conto di quanto questo sarebbe grave? Vi rendete conto di quanto sarebbe grave chiedere un intervento esterno bloccando all'Italia le sue risorse e i suoi diritti semplicemente perché non si è grado di combattere questo governo facendo opposizione.

È su queste cose che bisogna capirci. È su queste cose che secondo me si supera il limite, che è il limite che intercorre tra il fatto che noi possiamo dividerci quanto vogliamo qui dentro e ci divideremo sempre. Del resto io sono la prima che risponde a tono, lo sapete, non sono una persona che si è mai nascosta, non mi vedrete mai... Stamattina qualcuno si diceva scioccato in aula perché mi ero appassionata nella replica, non mi vedrete mai paludata come magari vi aspettereste. E penso che dovrò preoccuparmi di più quando invece non riuscirò a mettere la stessa passione in quello che faccio. E per carità non si può dire a me e non potrei mai chiedere io che non ho fatto sconti dall'opposizione di non fare l'opposizione, come va fatta, come io ritengo che vada fatta, con decisione, senza peli sulla lingua, non lo chiederei mai.
Però è cosa diversa, chiedere il sostegno esterno contro l'Italia. Questo è un limite sul quale, confido, saremo tutti d'accordo. Prima viene l'interesse dell'Italia, prima vengono i diritti della Nazione e poi vengono gli interessi di partito.
Grazie.