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30 Giugno 2023

Consiglio europeo del 29 e 30 giugno

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha partecipato a Bruxelles alla riunione del Consiglio europeo del 29 e 30 giugno. Al termine ha tenuto un punto stampa conclusivo.

Consiglio europeo del 29 e 30 giugno, l'intervento di replica al Senato della Repubblica

Mercoledì, 28 Giugno 2023

Presidente, la ringrazio e ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti in questo dibattito interessante che riguarda molte materie e di rilevante complessità, riguarderà il Consiglio europeo di domani e di dopodomani.
o ringrazio per i numerosi spunti, mi limiterò come sempre evitando di ripetermi alle questioni sulle quali posso fornire un punto di vista ulteriore a quelle che non condivido. Ho sentito molti interventi che condivido e non ci tornerò così da lasciare anche lo spazio alle dichiarazioni di voto.

Intanto ci sono alcune questioni che sono ricorrenti e io le citerò secondo i primi che le hanno citate. È ricorrente la questione della riforma della governance, il patto di stabilità e crescita, è ricorrente il tema del PNRR, è ricorrente il tema del MES. In particolare il senatore Misiani mette insieme giustamente le tre cose dicendosi, come anche io credo, d'accordo sul fatto che non si possa e non si debba tornare alle regole del vecchio patto di stabilità. Dicevo stamattina e sono convinta che quello sulla riforma della governance europea in tema di stabilità e crescita è una di quelle materie sulle quali ragionevolmente, insomma anche in passato, le posizioni del Parlamento sono state posizioni più ampie di quelle delle singole maggioranze e spero che sarà così anche in questo caso. Tutti ci rendiamo conto di come le future regole della governance devono essere orientate soprattutto a garantire la crescita, senza la quale, come dicevo, è anche molto più difficile garantire stabilità e noi crediamo che da questo punto di vista, e spero sarà una battaglia che vorremmo fare insieme, una delle questioni fondamentali sia capire qual è il peso che gli investimenti che noi siamo chiamati a fare, particolarmente noi italiani, con il PNRR, particolarmente sulle grandi scelte strategiche che l'Europa si è data, la transizione verde, la transizione digitale, poi tornerò anche sul tema della difesa, vengono in qualche maniera protette dalla Governance. Su questo siamo d'accordo. Il senatore Misiani ci dice che ci sono due convitati di pietra che rendono sostanzialmente difficile per l'Italia portare avanti questa trattativa, che sono la lentezza, i ritardi sul PNR e la mancata ratifica del trattato di modifica del MES. Io non sono d'accordo ovviamente, senatore Misiani, non sono d'accordo intanto perché a monte c’è un racconto che non corrisponde a verità.

Cioè ci si dice che a Bruxelles non hanno visto un pezzo di carta. Temo che non si sia molto preparati, perché sono molti e copiosi i documenti che noi abbiamo prodotto per la Commissione europea, per essere decisi rispetto ai tempi di attuazione di un Piano nazionale di ripresa e resilienza che non avevamo scritto noi e rispetto al quale le contestazioni che vengono fatte dalla Commissione non sono riferibili a noi. Potrei citarle lo stadio di Firenze, che la Commissione dice che non ritiene debba essere finanziato con i soldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma non sono stata io a inserire lo stadio di Firenze nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. 
Semmai noi stiamo producendo molte carte, cercando ovviamente di dare continuità per quello che possiamo fare a un Piano del quale non avevamo la responsabilità. Questo per quello che riguarda il passato. Voglio anche dire sul problema della trasparenza, Senatore Misiani rispetto al PNRR mi fa francamente un po' specie. Penso che il ministro Fitto sia stato in questi otto mesi di governo in Parlamento diverse volte. Ne contavamo a memoria cinque o sei a riferire, a parlare o a approfondire il tema del PNRR, anche sulla modifica del REPowerEU. 
Chiaramente vogliamo coinvolgere il Parlamento, sono materie strategiche sulle quali è giusto che ci sia una convergenza. Sono contenta che oggi vogliate il Parlamento centrale rispetto al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, perché ricordo quando il Piano fu approvato dal Parlamento, 370 pagine di documento che era stato consegnato alle Camere un'ora prima dell'inizio della discussione. Sono cose che non abbiamo condiviso in passato e che non intendiamo ripetere. Dopodiché lei dice che siamo in ritardo sul futuro, cita la Germania e il Lussemburgo che hanno già presentato i loro progetti, la Francia e Malta. Chiaramente il senatore Misiani è una persona molto preparata e conosce la differenza tra quello di cui ha parlato e il caso italiano. Il senatore Misiani sa benissimo che per ciò che concerne Germania e Lussemburgo noi parliamo solamente di una modifica di PNRR, di piani nazionali che sono infinitamente più piccoli del nostro. Il Piano tedesco, se non vado errata, si aggira intorno ai 27 miliardi. Non devo ricordare io a questo Parlamento che il piano italiano investe complessivamente 190 miliardi più i 30 italiani, insomma che è un piano diciamo un tantino più corposo. 

Malta e Francia sono le due Nazioni che finora hanno presentato una modifica che coinvolge il REPowerEU che è un piano nuovo anche qui, anche questo dovremmo saperlo e dovremmo sapere che la scadenza per la presentazione di quel piano è il 31 di agosto ed essendo il piano italiano il più complesso di tutti, ebbene anche per non dover poi ritrovarsi a modificare in corsa le cose che non state inserite nel PNRR è bene che questo lavoro si faccia con serietà.
Quindi non ci sono ritardi, c'è semplicemente un lavoro serio che stiamo cercando di fare senza fare polemica. Guardate colleghi, perché avremmo potuto fare polemica. Invece non abbiamo fatto polemica, noi ci siamo messi ai remi e abbiamo cominciato a lavorare, per mandare avanti un piano che è importante per l'Italia anche sugli aspetti che potevamo non condividere complessivamente, perché quando si tratta di interesse nazionale noi ci mettiamo a lavorare e mi fa specie francamente che invece i partiti che hanno di fatto steso il piano sul quale oggi si lavora e che in alcuni casi richiede da parte della Commissione Europea delle modifiche, siano anche quelli che se la prendono con l'attuale Governo. Mi fa specie, mi fa specie anche, lo dico che lo faccia il Commissario Gentiloni, che il piano immagino lo avesse letto prima e che oggi chiama in causa il Governo italiano dicendo che bisogna correre e fare di più, ma insomma se si fosse vigilato un po' di più nel passato probabilmente oggi si farebbe più velocemente.
Per quello che riguarda il MES, qui rispondo anche al senatore Monti che ringrazio sul tema della logica di pacchetto, ma torno su quello che diceva sempre il senatore Misiani perché giustamente, ripeto, siamo d'accordo col senatore Misiani sul fatto che non si debba tornare indietro ai vecchi parametri del patto di stabilità. Però vedete, e questo spiega un po' anche il concetto della logica di pacchetto, se la vogliamo chiamare così, il meccanismo europeo di stabilità richiama i parametri del precedente patto di stabilità al suo interno. Quindi da una parte si dice che noi non dobbiamo tornare ai vecchi parametri del patto di stabilità e dall'altra si chiede di approvare prima di vedere quali sono i parametri nuovi del patto di stabilità, di ratificare un trattato che prevede i vecchi parametri del patto di stabilità, temo che sia uno dei tanti elementi che dimostrano come le cose vanno valutate nella loro interezza. 

Nella loro interezza anche per un fatto di equilibrio, anche per un fatto di maggiore chiarezza su quello che si sta approvando. Dopodiché la collega Rojc parlava di immigrazione e di corridoi umanitari. Collega Rojc, temo che il tema dei corridoi umanitari sia un tantino in contrapposizione con la politica delle porte aperte che si è fatta in questi anni, è proprio questo il tema che io cerco di segnalare. Così come così come un'immigrazione regolare è purtroppo più difficilmente compatibile con la politica delle porte aperte, tant'è che negli anni nei quali c'erano altri al governo, i decreti flussi, cioè i decreti con i quali si norma la quantità, la provenienza dei migranti regolari, sono stati praticamente azzerati perché le quote di migrazione in Italia erano tutte coperte da migrazione illegale. Esattamente questo è il problema che noi poniamo. Il problema che poniamo è che finché noi non distinguiamo tra chi ha diritto, secondo la protezione internazionale, la convenzione di Ginevra, la protezione sussidiaria dell'Unione Europea, a stare in Europa e chi non ha diritto, perché è migrante economico e quindi va gestito e affrontato in maniera completamente diversa, noi non aiuteremo davvero chi ha maggiore bisogno e diritto a essere aiutato. È esattamente questa distinzione che noi stiamo cercando di far passare a 360 gradi.
Quindi sui corridoi umanitari, certo, siamo d'accordo, i corridoi umanitari, collega Rojc, riguardano chi ha diritto alla protezione, non sono esattamente quello che fanno i trafficanti facendosi pagare migliaia di euro per mettere le persone su navi di fortuna che troppo spesso periscono nel Mediterraneo. Dopo di che sono d'accordo invece con la collega Rojc per quello che riguarda, lo citavo stamattina, il problema dell'integrazione dei Balcani occidentali, l'attenzione verso i Balcani occidentali. Voglio tranquillizzare la collega e voglio confermare che l'impegno italiano in queste settimane, in questi mesi è stato pieno da questo punto di vista e anzi se lei ha visto, se la collega ha visto la relazione di questa mattina, in riferimento a quello che io dicevo non considero un processo di allargamento ma semmai un processo di riunificazione, nel momento in cui noi apriamo il nostro dibattito, la nostra attenzione per esempio alla Moldova, per esempio ad altre nazioni, non dobbiamo, dicevo, dare il segnale che qualcuno che si era mosso prima rimane indietro. Non ci sono corsie preferenziali, non ci sono ovviamente trattamenti diversi, non ci devono essere soprattutto per rispetto ai Balcani occidentali, sui quali, insisto, l'Italia è forse una delle nazioni che in Europa sta seguendo maggiormente questa materia.
Collega Paganella, voglio dire che sono d'accordo, parla di Ucraina sul fatto che questa fase richiede fermezza e prudenza. Considero la fermezza la principale forma di prudenza che si possa mettere in campo, voglio citare diversi interventi che ho sentito. 
Dicevo, ribadisco, quando si parla di pace, io immagino che nessuno in cuor proprio in questa Aula pensi che la guerra piace, no? Che qualcuno vuole alimentare la guerra perché si diverte in un conflitto. Noi siamo tutti d'accordo sulla pace. Il punto sul quale non siamo d'accordo è come ci si arrivi. È su questo che io non capisco alcuni interventi e non mi riferisco ovviamente a quello del collega Paganella che ho condiviso, ma a quello del collega Lorefice. Io ho detto e ribadisco, quando mi si chiede di lavorare sulla pace che ad oggi, a condizioni date, il modo più efficace di favorire la fine del conflitto e l'apertura di un tavolo negoziale è sostenere l'Ucraina. Ed è sostenere l'Ucraina, colleghi, perché l'ho detto e l'ho ribadito cento volte, l'unico elemento che può costringere in un conflitto le parti a mettersi intorno a un tavolo è l'equilibrio delle forze in campo. È lo stallo.

Se noi non avessimo sostenuto gli ucraini non avremmo avuto bisogno di parlare di niente, ma non perché avremmo avuto la pace, perché avremmo avuto una invasione. Dopodiché ci si spiega, nel momento in cui ci si dice che appunto che non bisogna inviare armi all'Ucraina, il collega Lorefice dice, voi continuate a battere sullo sconfiggere la Russia. Noi non continuiamo a battere sullo sconfiggere la Russia, noi continuiamo a battere sul difendere l'Ucraina, che è un'altra cosa. Dopodiché, nella risoluzione del Movimento 5 Stelle c'è scritto che non bisogna mandare armi all'Ucraina. Questo è un fatto. E allora il tema non è più la pace, perché collega Lorefice, lo chiedo a lei e spero che mi risponda e che farà la dichiarazione di voto, quando noi smetteremo di sostenere, dovessimo smettere di sostenere l'Ucraina, ammesso che ci seguissero anche i nostri partner che non ci seguirebbero, lei sa dirmi che cosa accadrebbe? Cioè lei pensa che si aprirebbe un tavolo negoziale nel momento in cui l'Ucraina è più debole o piuttosto che noi avremmo quella invasione.
E allora le cose vanno chiamate con il proprio nome, non vanno chiamate pace, vanno chiamate voglio un mondo e accetto un mondo nel quale chi è militarmente più forte può liberamente invadere il suo vicino. 

E purtroppo questo è il pensiero che sottintende il generico riferimento alla pace. L'ho detto stamattina e lo ripeto anche a voi, perché spero che almeno in questa dichiarazione di voto del Movimento 5 Stelle qualcuno mi risponda. Io ho visto una intervista del professor De Masi, filosofo di riferimento al Movimento 5 Stelle, che diceva che è meglio vivere sotto una dittatura piuttosto che morire. Posso sapere da chi interviene in dichiarazione di voto se condivide queste parole, perché voi capite bene come questa sorta di esegesi della vigliaccheria, di fatto faccia strage di secoli di civiltà europea, di secoli di battaglie, di gente che ha dato la vita per difendere la libertà, per difendere la democrazia, per difendere i valori che sono della nostra civiltà. Voglio sapere se siete d'accordo o se non siete d'accordo. Voglio sapere se credete che Paolo Borsellino dovesse preferire vivere piegandosi alla mafia piuttosto che fare le battaglie che ha combattuto. Non si può sostenere in coscienza una frase del genere. E se non siete d'accordo, sono contenta e mi aspetto che lo diciate. E mi aspetto che lo diciate.
Perché le cose vanno chiamate, signori, con il loro nome, non vanno chiamate in un altro modo. Io sono una persona che è sempre stata abituata a assumersi le sue responsabilità anche quando c'erano cose scomode e si possono dire basta che ci si mette la faccia. Quello che non si può fare è far finta che si vuole la pace, quando in realtà non è la pace che si sta perseguendo.

Dopodiché, sempre il collega Lorefice,  faceva un riferimento al tema della richiesta [..] dalle regole sul Patto di stabilità delle spese di investimento relative tanto alla transizione verde e tanto alla transizione digitale quanto al tema della difesa e dice qual è il nesso tra clima e difesa. Il nesso è l'autonomia strategica che vuol dire rafforzare le proprie catene d'approvvigionamento quando si vuole fare la transizione verde per non passare da una dipendenza dalla Russia verso una dipendenza da Cina, che vuol dire rafforzare la propria tecnologia digitale e che vuol dire rafforzare la propria difesa. 
Perché guardi, investire sulla difesa, anche qui collega Lorefice, cerchiamo di chiarirci, non vuol dire comprare le armi per andare in giro a tentare di muovere guerra a qualcuno, vuol dire essere all'altezza di difendersi da soli. Sa che cosa mi colpisce? Mi colpisce che solitamente quelli che si scagliano contro gli investimenti sulla difesa sono anche quelli che poi denunciano un'eccessiva ingerenza per esempio degli Stati Uniti nelle scelte di politica estera e europea. Le due cose non stanno insieme, collega Lorefice, perché se tu chiedi a qualcun altro di difenderti devi anche sapere che probabilmente non lo farà gratis e che tu hai maggiori difficoltà a difendere i tuoi interessi, quindi sì, autonomia strategica, l'investimento in difesa è un investimento nell'autonomia politica della nazione e dell'Europa. E anche qui le cose bisogna avere il coraggio di dirle come stanno, non si può tenere tutto e il contrario di tutto insieme. O si sceglie di chiedere ad altri di provvedere alla propria sicurezza, o si sceglie di provvedere alla propria sicurezza, sapendo quali sono ovviamente le conseguenze di qualsiasi delle scelte che si fa.
Dopo di che, collega Monti, la ringrazio. Solamente al netto della vicenda del MES, la questione del pacchetto, ho due cose da dire. Sul tema dell'equilibrio di bilancio la ringrazio ma guardi io non credo si possa dire davvero che ci sono componenti della maggioranza che sono riluttanti rispetto a una seria politica di bilancio. Sono riluttanti, sono state riluttanti come sono anche io insomma, come si sa alle politiche di austerità ma sono due cose diverse tant'è che stamattina io dicevo che sono finite le politiche di austerità, ma questo non vuol dire non dover essere seri rispetto anche al modo in cui ti poni all'estero. Io, anche da grande contestatrice dell’austerità, mi sono ritrovata in passato a segnalare che alcuni provvedimenti che i governi prendevano di spesa molto allegra e poco produttiva non è che ci aiutassero poi nelle contrattazioni che andavano fatte. Mentre condivido e condivido invece pienamente il tema del rapporto all'interno del Mercato unico con gli interessi delle altre Nazioni europee, stamattina nella mia relazione io citavo STEP, questo programma presentato dalla Commissione europea che noi immaginiamo come primo passo di un Fondo sovrano europeo, ma in quel primo passo c'è una cosa che questo Governo ha chiesto con forza per rispondere a chi chiedeva un allentamento degli aiuti di Stato per rispondere all'Inflation Reduction Act senza porsi sufficientemente il problema che questo avrebbe creato una disparità tra Paesi che avevano un maggiore spazio fiscale e Paesi che non ne avevano.

Né il problema si poteva risolvere a monte con il Fondo sovrano perché conosciamo i tempi. Un Fondo sovrano richiede molti mesi di contrattazione se non anni e quindi noi non saremmo stati in grado di competere nel momento in cui si allentavano le norme sugli aiuti di Stato. Cosa abbiamo chiesto? Come tutti sanno abbiamo chiesto piena flessibilità nell'utilizzo dei fondi esistenti, che vuol dire recuperare risorse non spese, che vuol dire modificare gli obiettivi delle risorse che sono disponibili, su questo il programma che è stato presentato alla Commissione europea diventa un atto concreto. Poi bisogna continuare a essere assertivi sui tavoli competenti, ma mi pare che in questa fase il Governo abbia lavorato per difendere l'interesse italiano e per fare del suo meglio, anche per garantire il Mercato unico rispetto ad alcune decisioni che venivano prese.
Collega Borghi, sulla Tunisia. Dunque, collega Borghi, io non so, sento delle volte in quest'Aula cose che non rispondono a verità. Non è vero che la Tunisia ci ha sbattuto le porte in faccia. Non è vero che la Tunisia ci ha sbattuto la porta in faccia, è vero che c'è una trattativa in corso, è vero che è già firmata una dichiarazione congiunta, obiettivo che non era scontato, è vero che adesso si sta lavorando per arrivare a una iniziativa più sostanziosa. Io non voglio dare tempi di quando questo accadrà, ma insomma continuiamo a lavorare e mi pare che si fanno passi in avanti molto significativi. E voglio dirle anche che non è vero che noi abbiamo chiesto al Presidente Saied di fare in buona sostanza il gendarme dei migranti per qualche milione di euro. Non è questo l'approccio che lei vedrà quando questo lavoro dovesse andare avanti. L'approccio che lei vedrà è proprio invece un approccio che è quello sul quale stiamo lavorando con la Commissione, che da una parte affronta la questione dei migranti ma dall'altra parla soprattutto di investimenti, parla soprattutto di sviluppo, parla soprattutto di aiutare la Tunisia, le sue imprese, le sue famiglie, i suoi cittadini. Era quello che dicevo stamattina, noi stiamo lavorando soprattutto per aiutare i tunisini e quindi mi dispiace, ma i posti dai quali lei parte non sono attualmente corretti. Io credo che invece vada dato atto al lavoro che il Governo italiano ha fatto da questo punto di vista, dal suo arrivo ad oggi, nel riaprire anche un dialogo che sta diventando quotidiano e quindi del lavoro che il Governo italiano ha fatto su un fronte fondamentale non solo per la questione migratoria, ma per la stabilità del Nord Africa, per la stabilità del Mediterraneo, per la stabilità dell'Unione europea. Credo che se la Presidente von der Leyen e il Primo Ministro Rutte sono venuti con me in Tunisia in una missione che era europea è perché tutti si rendano conto di un tema che è molto strategico e lo dico con garbo e sottovoce, ma credo che il Governo italiano in questo abbia avuto un ruolo non secondario.

Dopodiché, aggiungo, che sono d'accordo sul fatto che il tema degli investimenti proprio sul modello Tunisia in Africa, ne ho parlato lungamente, debba essere strutturale, debba richiedere risorse adeguate, è esattamente il lavoro che stiamo facendo. Quando adesso si apre il tema del bilancio pluriennale dell'Unione europea, l'Italia ha mandato il suo documento di posizionamento dicevo stamattina, uno degli elementi fondamentali di questo elemento di posizionamento è che si deve tenere conto del tema instabilità del Nord Africa, che vuol dire dedicare risorse adeguate a una cooperazione seria con i Paesi africani, che secondo me può essere strategica, come dicevo con il Piano Mattei per l'Africa. Mi dispiace che qui si riesca a fare polemica anche su un progetto strutturale, strategico, di visione che questo Governo ha messo in campo e che ha messo in campo nell'interesse dell'Italia, nell'interesse dell'Africa, nell'interesse dell'Unione europea.

Perché ci sarà una ragione per la quale noi in questi anni abbiamo speso moltissime risorse sulla cooperazione, spese in centinaia, migliaia di microprogetti e quelle risorse non sono riuscite a tornare adeguatamente in termini di stabilità, di crescita e di sviluppo dei Paesi africani. Forse bisogna concentrarsi su un progetto strategico e ci sono alcune questioni strategiche che possono mettere in collegamento gli interessi europei con quelli africani perché, guardi, la cooperazione seria si fa così. La cooperazione seria si fa da pari a pari, si fa quando delle Nazioni condividono delle scelte strategiche e quando si legano grazie a progetti che non sono uno spot, ma diventano un'opera strutturale. È esattamente quello che noi tentiamo di fare con il tema del piano Mattei per l'Africa, che non è una cosa che possiamo fare o vogliamo fare da soli, è un progetto pionieristico sul quale cerchiamo di coinvolgere l'intera Unione europea. Perché? Perché per esempio, come ho detto anche qui diverse volte, l'Africa è potenzialmente un enorme produttore di energia e segnatamente di energia pulita. L'Europa oggi ha un problema di approvvigionamento energetico, non irrilevante. Le due cose possono essere messe insieme in un progetto strategico? Sì, assolutamente sì. Noi possiamo, con adeguati investimenti, con un po' di intelligenza, con un po' di visione e con progetti che non si fermano dopo tre mesi o dopo sei mesi, aiutare l'Africa finalmente a vivere di risorse delle quali dispone e che purtroppo molto spesso sono state invece depredate a quei Paesi, salvo poi andare lì a fargli le lezioni e il paternalismo. Può produrre energia per le sue società, può far crescere i suoi interessi strategici, la sua economia e il suo benessere.

Noi possiamo, per la parte che non serve all'Africa, approvvigionarci perché abbiamo un problema di approvvigionamento particolarmente nell'Europa del Centro-Nord, l'Italia può essere particolarmente interessata banalmente perché è “porta”.
E allora il Piano Mattei per l'Africa, guardate, lo dicevo stamattina, ci sono una serie di progetti che sono già sul campo, noi lo presenteremo appunto in autunno definitivamente, è un progetto complesso, strategico, molto importante ma alcune infrastrutture di collegamento sulle quali lavoriamo, il cavo Elmed, il collegamento elettrico con la Tunisia, sbloccati i finanziamenti, il SoutH2 Corridor, ci sono diverse questioni infrastrutturali sulle quali lavoriamo senza poi le infrastrutture di collegamento tutto questo non funziona e non succede. Poi certo se si pensa che un progetto del genere possa essere realizzato in sei mesi si capisce la differenza tra me e chi lo sostiene su cosa sia un progetto strategico. 
Collega Spagnoli, volevo dire solamente una cosa. Collega Spagnoli diceva che in realtà, insomma, sì, vabbè, voi governate, ma vincete solo perché siete uniti mentre gli avversari sono divisi. In Molise non mi è sembrato che sia andata così, collega. Ma lo dico perché un po’ mi incuriosisce questa idea di democrazia, nel senso che io ricordo quando si sosteneva che fosse normalissimo che persone che avevano perso le elezioni stessero al Governo, adesso ci sono persone che hanno vinto le elezioni che stanno al Governo e si dice non hanno la maggioranza. Tesi un po' difficili da sostenere entrambe.

Belt and Road Initiative. Collega Borghi, lei sa bene che l'adesione alla Nuova Via della Seta non è stata come una decisione dell'attuale Governo. Credo che lei ricordi anche, quale fosse al tempo la posizione della sottoscritta. Credo che, come ho affermato e come ribadisco, si possano avere ottime relazioni con la Cina senza per questo partecipare a un progetto, far parte di un piano strategico. Del resto, una cosa che mi ha colpito molto è che, paradossalmente, noi siamo l'unica Nazione che sta all'interno, in Europa, che sta all'interno della Via della Seta, ma non siamo affatto la Nazione che ha il maggiore ritorno nel commercio e nei rapporti con la Cina e questo davvero è un paradosso. Dopodiché, però, le valutazioni sono in corso, c'è ancora tempo per verificare la decisione. Credo che sia una questione che va maneggiata con delicatezza, con cura, con rispetto e anche coinvolgendo il Parlamento, perché su queste materie credo che anche il ruolo del Parlamento e sentire quelle che sono le posizioni del Parlamento sia importante. Quindi su questioni così delicate e importanti io non premerei per accelerare, premerei per trovare soluzioni che siano le più valide possibile nella difesa dei nostri interessi nazionali. Qualcuno diceva, mi dispiace, non ho segnato il nome e non ricordo, relativamente al Patto di migrazione e asilo, sul quale ho ampiamente parlato questa mattina, che in realtà il Patto è un compromesso al ribasso e che la ragione per la quale noi non abbiamo potuto fare di più è che siamo collegati e amici dell'Ungheria di Orban. Mi corre l'obbligo di segnalare ai colleghi che l'Ungheria ha votato contro l'immigrazione e asilo e noi abbiamo votato a favore.
Sapete perché? Perché in questa Nazione c'è qualcuno che non decide in base a quello che gli viene indicato da altre Nazioni, ma decide in base al proprio interesse nazionale. Se io sono d'accordo, sono d'accordo, se non sono d'accordo, non sono d'accordo. La politica degli Stati nazionali non si legge con una lente così schematica e del resto chi conosce un po' la politica europea ed è abituato a conoscere più di quanto la propaganda delle volte imponga, sa benissimo che all'interno del Consiglio europeo le alleanze sono variabili, perché si saldano soprattutto sulla base della difesa degli interessi nazionali, che gli altri fanno e che facciamo anche noi e quindi ci sono delle volte che siamo d'accordo e ci sono delle volte che non siamo d'accordo e questo è il modo giusto per seguire la politica a livello internazionale.

Per questo io oggi così faccio e per questo ieri contestavo a chi mi sembrava facesse più quello che dicevano i suoi alleati politici che non quello che fosse di interesse della propria Nazione e non ero d'accordo e l'ho detto tante volte. Dopodiché il collega Del Rio, e mi pare che ho concluso, dice che l'opposizione non lavora contro il Governo. Bene, bene, nel senso che non lavora contro il Governo nelle dinamiche che vengono discusse al Consiglio europeo, che vengono discusse in Europa e cioè che c'è una preminenza della difesa dell'interesse nazionale rispetto al nostro, legittimo, dibattito politico interno. Le voglio citare una cosa che accadeva qui questa mattina.

Se ritrovo il nome del collega che mi aveva dato della vecchia, com'è? Nicita. No, scherzo, collega. Era una battuta, ma l'avevo letta la cosa politica. Però le ho promesso una risposta, perché il collega Nicita, stamattina parlando di altro, non era in questo dibattito, ma insomma è il Senato della Repubblica e quindi era una materia europea che lui discuteva. Il collega Nicita, in riferimento al tema del cambio di governance della RAI, in riferimento ad altre materie, evocava la questione dello Stato di diritto, evocava il rischio che la Commissione europea potesse, nei confronti dell'Italia, bloccare le risorse del PNRR perché noi abbiamo cambiato la governance della RAI. Ora, va detto colleghi che nel merito, se la Commissione europea non è intervenuta fino adesso sulla RAI difficilmente interverrà. Cioè, se non è intervenuta quando per la prima volta nella storia d'Italia, nel Consiglio di amministrazione della RAI, non era rappresentata l'unica opposizione esistente nel Governo della Nazione, difficilmente interviene adesso perché si cambia la governance della RAI. Ma non è questo il tema che mi interessa. Il tema che mi interessa è che questo tema dello Stato di diritto io lo sento tornare spesso. E lo sento tornare da esponenti della sinistra di vario genere, parlamentari, opinionisti. E a me, dico con onestà colleghi, suona come un incitamento alla Commissione europea. Cioè, è come se una parte della sinistra, nella speranza di colpire il Governo, cercasse di accendere i riflettori su un problema, che sa che non esiste, per tentare di colpire il Governo, magari mandarlo a casa. Voi vi rendete conto di quanto questo sarebbe grave? Vi rendete conto di quanto sarebbe grave chiedere un intervento esterno bloccando all'Italia le sue risorse e i suoi diritti semplicemente perché non si è grado di combattere questo governo facendo opposizione.

È su queste cose che bisogna capirci. È su queste cose che secondo me si supera il limite, che è il limite che intercorre tra il fatto che noi possiamo dividerci quanto vogliamo qui dentro e ci divideremo sempre. Del resto io sono la prima che risponde a tono, lo sapete, non sono una persona che si è mai nascosta, non mi vedrete mai... Stamattina qualcuno si diceva scioccato in aula perché mi ero appassionata nella replica, non mi vedrete mai paludata come magari vi aspettereste. E penso che dovrò preoccuparmi di più quando invece non riuscirò a mettere la stessa passione in quello che faccio. E per carità non si può dire a me e non potrei mai chiedere io che non ho fatto sconti dall'opposizione di non fare l'opposizione, come va fatta, come io ritengo che vada fatta, con decisione, senza peli sulla lingua, non lo chiederei mai.
Però è cosa diversa, chiedere il sostegno esterno contro l'Italia. Questo è un limite sul quale, confido, saremo tutti d'accordo. Prima viene l'interesse dell'Italia, prima vengono i diritti della Nazione e poi vengono gli interessi di partito.
Grazie.

06 Luglio 2023

Campagna di comunicazione “Proteggi ciò che ami, ami ciò che proteggi. Non dare al fuoco una possibilità”

Il tema della campagna, realizzata dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria, è la prevenzione finalizzata al contrasto degli incendi boschivi in linea con la campagna antincendi boschivi (AIB) dei Vigili del fuoco. La realizzazione di un video in cui alle bellezze naturali dell’Italia sono contrapposte scene di incendi devastanti e territori feriti rappresenta l’invito a fare attenzione ai propri comportamenti, a volte irresponsabili, superficiali e imprudenti.

Consiglio europeo del 29 e 30 giugno, l'intervento di replica alla Camera dei Deputati

Mercoledì, 28 Giugno 2023

Presidente, 
ringrazio lei e ringrazio i colleghi che sono intervenuti. Io cercherò di essere sufficientemente breve, perché come sapete sono attesa, insieme ai Ministri competenti, al Quirinale per il tradizionale pranzo che si svolge prima del Consiglio europeo e vorrei riuscire ad ascoltare le dichiarazioni di voto come credo sia doveroso fare. Quindi mi concentrerò soprattutto sulle cose che meritano una risposta, sulle cose sulle quali non sono d'accordo: mi perdoneranno particolarmente alcuni colleghi della maggioranza, se interventi che ho condiviso non verranno citati.
Voglio dire al collega Cesa, che è intervenuto per primo, che sono d'accordo su quanto suggeriva Helmut Kohl, di non governare guardando ai sondaggi. È esattamente quello che cerchiamo di fare ma è, dobbiamo ricordarlo, un privilegio che hanno solamente governi che si possono permettere un orizzonte lungo, che sanno che possono essere giudicati alla fine del loro lavoro di 5 anni. Ed è esattamente quello che noi stiamo facendo, cercando soluzioni che hanno bisogno di tempo, ma che diventano strutturali. C'è però, collega Cesa, un sondaggio che occorre guardare settimanalmente, e anche questo stiamo facendo: i dati che ci interessano, i dati che mi interessano sono quelli relativi all'economia. E i dati dicono che la nazione che negli ultimi anni è stata fanalino di coda per crescita in Europa, oggi è stimata per essere la nazione che crescerà di più, che noi abbiamo raggiunto record del tasso di occupazione, del numero di occupati, del numero di contratti stabili; che un metro, che non è stato in passato utilizzato da me ma da altri, quello dello spread, vede oggi una situazione di tranquillità sui mercati finanziari maggiore di quella che si aveva lo scorso anno. Questi sono i dati che dobbiamo continuare a monitorare per capire se il nostro governo sta facendo bene il suo lavoro.
Il collega Rosato diceva in buona sostanza, riferendosi alla sottoscritta, “coglie l'importanza delle sfide comuni in Europa”. Non so se ci fosse una sottintesa polemica a dire “ha cambiato idea”, perché nel caso dovrei spiegarle che non è così. Esattamente: colgo l'importanza delle sfide comuni, purché siano sfide strategiche. È quello che sta accadendo oggi, collega Rosato. Lo dicevo nel discorso: quando l'Unione europea che nasceva come Comunità economica del carbone dell'acciaio - cioè nasceva per mettere in relazione, l’ho detto altre volte, proprio una strategia comune in termini di approvvigionamento energetico, di approvvigionamento di materie prime - si accorge dopo anni e anni che è esposta, che non ha controllato le catene di approvvigionamento fondamentali, che è troppo dipendente e corre ai ripari,  vuol dire che forse qualcosa non ha perfettamente funzionato in passato. E che cosa non ha funzionato in passato? Tante volte lo abbiamo denunciato. Non ha funzionato che noi, mentre avevamo normato e normavamo ogni singolo microbo aspetto della vita dei cittadini, non ci accorgevamo di quali fossero le scelte strategiche fondamentali che andavano portate avanti. E allora quello che in questi anni noi abbiamo rivendicato, e per questo siamo stati definiti spesso dei nemici dell'Unione europea, era un principio che è scritto nei Trattati e che non è stato applicato sempre, ovvero il principio di sussidiarietà.
Non si occupi, Bruxelles, di quello di cui si può meglio occupare Roma; e non faccia Roma, da sola, quello per cui serve Bruxelles.
Ma non è esattamente quello che è stato fatto ed è la ragione per la quale oggi - e sono contenta di questo cambio di passo, sono fiera di tentare di dare una mano in questo senso - è cambiato l'approccio. E allora noi dobbiamo essere consapevoli del fatto che quando qualcuno cercava di accendere i riflettori su alcune necessità, su alcune mancanze, non lo faceva perché era nemico, lo faceva perché gli amici veri sono quelli che ti dicono le cose come stanno, non sono quelli che ti dicono sempre di sì.
Sull’immigrazione l’onorevole Rosato richiama alla sobrietà. Io ho usato nel mio intervento di oggi toni estremamente sobri, a meno che lei non si riferisca agli scafisti perché con quelli non ritengo che servano toni sobri.
Mentre sul Mes - così approfitto partendo dal primo che ne ha parlato, che è l'onorevole Rosato, ma poi è stato citato da altri - io nel merito non ho cambiato idea. Ma quello che vi ho chiesto stamattina, e quello che vi ho posto stamattina, non è un tema di merito, è un tema di metodo che, indipendentemente dall'idea che ciascuno di noi ha sulla utilità o meno del Mes, sulla capacità salvifica dello strumento, è capire se questo sia il momento, ma non per me, per questo Parlamento che è chiamato - perché questo è il suo ruolo - a difendere l'interesse nazionale italiano, per discutere questa materia. Questa è la questione che vi pongo, indipendentemente da quello che si può pensare: ha senso che noi procediamo a una ratifica senza conoscere quale sia il contesto, senza conoscere come lo strumento del quale stiamo dibattendo si inserisce nella logica più generale, senza sapere qual è la riforma della governance del patto di stabilità, senza sapere che cosa è accaduto sull'unione bancaria, senza sapere che cosa è accaduto sulla garanzia dei depositi, su mille questioni che sono aperte e che secondo me è corretto me è corretto porre sul tavolo nella loro completezza?
Questo è, non è tattica. Guardi io sono una persona che è sempre stata abituata a assumersi le sue responsabilità e questo farò anche in questo senso e anche in questo caso, ma voglio cercare come sempre di difendere al meglio possibile l'interesse nazionale italiano. E io dico a tutto il Parlamento che discutere adesso questo provvedimento non è nell'interesse nazionale italiano. Questa è la questione che ho posto, dopodiché ognuno farà le proprie scelte e ognuno se ne assumerà la responsabilità. 
Allora il collega Provenzano fa un riferimento che mi ha molto colpito, che riguarda il tema della modifica del patto di stabilità, delle trattative che noi abbiamo aperto con la Commissione europea, perché – dice -  “ma lei veramente pensa di poter portare a casa una riforma vantaggiosa, per esempio in tema di nuova governance, con gli alleati con i quali si accompagna in Europa?”. Scusi collega Provenzano, lei mi sta dicendo che la Commissione europea decide come trattarti in base a valutazioni di carattere politico? Che le valutazioni che la Commissione europea fa non sono nell'interesse degli Stati nazionali ma nell'interesse dei partiti politici? Perché quella che lei fa, in questo caso, è un’accusa molto grave nei confronti della Commissione, che io non mi sento di condividere. Non mi sento di condividerla esattamente come non mi sento di condividere l'approccio che ho sentito da molti, sempre in riferimento alla Commissione europea, sul tema della Tunisia.
Onorevole Boldrini, per carità di Patria, non entriamo sul tema delle autocrazie perché le lezioni da quelli che andavano a braccetto con la Cuba comunista di Fidel Castro e con tutte le altre dittature comuniste del mondo di oggi non le accetto. Grazie. 
Ma quello che voglio dire è: quando si accusa il Governo italiano, in Tunisia, di trattare con il dittatore, vi siete resi conto che in Tunisia sono stata con la Presidente della Commissione europea e con il Primo Ministro olandese? Quindi mi state dicendo che sono così brava, che ho convinto la Commissione europea a trattare con un dittatore? No. E non state dicendo che l'Unione europea tratta con dei dittatori per assecondare con piacere la Meloni. Quindi, consiglio cautela sulle parole che vengono utilizzate rispetto a queste materie. Quello che stiamo cercando di fare con la Tunisia è impedire che una nazione, che è oltretutto nostra dirimpettaia, vada in default. Questo cerchiamo di fare e cerchiamo di farlo per i cittadini della Tunisia. E a voi non interessa, perché voi fate tutta una questione politica, ma quello che noi stiamo facendo è avere un approccio diverso con i Paesi africani, un approccio che non sta lì a spiegarti come funziona il mondo e poi magari ti frega le risorse, un approccio di cooperazione serio, un approccio da pari a pari, di sviluppo. Questo è quello che vogliamo fare.
E guardate, sul Piano Mattei - che verrà formalmente presentato nella sua versione definitiva in autunno, quando noi avremo diversi appuntamenti, tra cui la Conferenza Italia-Africa, con il coinvolgimento anche in atto dei Paesi che sono coinvolti - mi dispiace che si dica “no, non esiste niente” perché, per carità, offrirei volentieri qualche elemento in più, ma ho spiegato diverse volte che l'idea che noi abbiamo in mente è quella di concentrare le nostre risorse in materia di cooperazione, ma anche coinvolgere l'Unione europea su questo progetto, di aiutare lo sviluppo dei Paesi africani particolarmente consentendo loro di sviluppare quello che hanno, di vivere con ciò che hanno. E in alcuni casi, in tema di materie prime, in tema di energie, questi interessi possono essere convergenti con i nostri. Lo dicevo in apertura. Chiaramente tutto quello che si fa deve servire in primo luogo ai Paesi africani ma, in secondo luogo, per esempio – e l'ho detto tante volte -, è una scelta strategica fondamentale lavorare insieme sulla produzione energetica, particolarmente su quella verde perché sì, l'Africa ha le condizioni ideali per ricevere degli investimenti, per sviluppare la produzione di energia, particolarmente di energia pulita. E quello che noi stiamo facendo a 360 gradi è poi lavorare alle infrastrutture di collegamento, perché la parte che non serve all'Africa possa servire all'Europa. 
E allora, per esempio - “non c'è niente!” - abbiamo sbloccato il finanziamento del cavo che elettricamente deve collegare la Tunisia all'Italia, il famoso Elmed, lavoriamo sul SoutH2 Corridor che serve invece al collegamento tra l’Italia e su fino alla Germania, alle nazioni che hanno un maggiore problema di approvvigionamento energetico. Lavoriamo alle infrastrutture interne, questo si era già cominciato a fare - penso al “bottle-neck”, al problema che abbiamo nella trasmissione dell'energia in Italia e alle infrastrutture sulle quali dobbiamo lavorare. Questo è il lavoro che stiamo facendo e credo che sia un lavoro sul quale penso che, almeno su questo, dovremmo essere d'accordo. Penso che il fatto stesso che l'Italia oggi abbia una cosa che non ha avuto spesso in passato, cioè una strategia - sceglie dove stare nel mondo, sceglie su quali priorità lavorare e lavora giorno dopo giorno su quella priorità -, sia una cosa che può aiutare la nostra centralità e il nostro sviluppo. 
Sempre riferito al collega Provenzano, c'è un'altra cosa che devo aggiungere oltre alla Tunisia, che è il tema della Libia. Anche di questo adesso veniamo accusati e mi pare d'obbligo ricordare che il Memorandum Italia-Libia fu stipulato dal Presidente Gentiloni, che il dossier fu seguito dal Ministro Minniti e oggi ci si dice che è abbastanza discutibile dialogare con queste persone. Quindi, in buona sostanza, il messaggio sarebbe che alcuni lo possono fare e altri no. Non mi sembra una grande strategia. Sì, sono cambiate le cose. In effetti sono cambiate le cose che oggi al Governo non c'è più il PD e quindi le cose non si possono fare.
Dicevo al collega Vigna che condivido ogni parola di quello che ha detto, particolarmente in tema di politiche green. A differenza di quello che ho sentito dire anche stamattina, non vogliamo affatto affossare la transizione. Il punto è che però non vogliamo affossare neanche l'Italia, cioè cerchiamo di trovare un equilibrio serio, intelligente, tra la sostenibilità ambientale e la sostenibilità economica e sociale. E guardate, mi pare che la serietà del nostro approccio - forse serviva qualcuno che ponesse questi temi con chiarezza o magari con maggiore forza - stia piano piano prendendo piede. Immagino che i colleghi abbiano visto gli ultimi voti nelle Commissioni competenti e il Parlamento europeo su queste materie. Insomma, mi pare che piano piano ci si renda conto che su queste materie l'approccio non può essere ideologico perché, come tante volte abbiamo detto, si rischia di fare molti danni. Al contrario, deve essere un approccio pragmatico. E l’approccio pragmatico è esattamente quello che lei citava: la neutralità tecnologica. E torniamo anche qui al principio della sussidiarietà. È giusto che la Commissione europea dia degli obiettivi. Noi rispettiamo quegli obiettivi, li condividiamo. Ma come raggiungiamo quegli obiettivi deve essere lasciato anche alle specificità, alla tecnologia, agli investimenti, alla storia, alla competenza degli Stati nazionali. E su questo mi pare che non siamo soli in Europa perché in tanti oggi con noi - tant'è che poi il principio è entrato nelle norme - difendono il principio della neutralità tecnologica. 
Collega Della Vedova, mi accusa di attaccare l'indipendenza della Banca Centrale Europea per aver detto che c’è il rischio che l'aumento dei tassi nel nostro contesto economico - che non è lo stesso di altri continenti - non sia esattamente, non dico risolutivo nella lotta all'inflazione ma che possa in qualche maniera creare ulteriori squilibri. Non so perché lei intenda questa cosa un attacco alla indipendenza della Banca Centrale Europea. Io difendo l'indipendenza della Banca Centrale Europea e difendo il mio diritto a valutare le decisioni che vengono prese perché questo è il ruolo della politica, collega Della Vedova. Il ruolo della politica non è dire “sì” acriticamente, siamo d'accordo su tutto, il ruolo della politica è cercare di offrire il proprio punto di vista. Io ritengo che sia nella mia responsabilità venire in Aula e spiegare al Parlamento italiano qual è la posizione che l'Italia ha tenuto su questa materia nelle sedi competenti. È quello che ho fatto e quindi il tema di attaccare l'indipendenza della Banca Centrale Europea è, dal mio punto di vista, abbastanza “curioso”.
Collega Fratoianni. In riferimento all'immigrazione dice “da cosa dobbiamo difenderci? Dai bambini che muoiono?”. No, collega Fratoianni, dobbiamo difenderci dai trafficanti che li uccidono. Che hanno fatto miliardi di euro sulla pelle di quei bambini e di quelle persone sfortunate mentre i vostri occhi erano rivolti altrove. Da questo vogliamo difenderci.
Collega Scerra, ho alcune cose da dire: il tema dei ricollocamenti, il Patto di migrazione-asilo. È evidente che i ricollocamenti - questo lo dico anche alla Presidente Boldrini - non sono mai stati la nostra priorità per quello che riguarda il nostro governo. Continuo a spiegare che il tema per me non è come li distribuiamo all'interno dell'Unione europea, il tema per me continua a essere come cerchiamo tutti insieme di lavorare per fermare le partenze. Perché il tema dei movimenti secondari, se non si affronta a monte quello dei primari, non si risolverà mai. Quindi, questa non è la priorità dell'impegno italiano. Abbiamo fatto del nostro meglio per migliorare regole che erano ormai addirittura deleterie per noi e mi pare che sia passato questo messaggio. E quindi il tema non è “ti pagano o non ti pagano”, il tema è che noi mettiamo le risorse per la dimensione esterna, quindi per affrontare il problema prima che arrivi da noi. Perché io non ho mai pensato, come hanno pensato altri, che la questione si dovesse semplicemente tentare di scaricare su un'altra nazione. Non la risolvi così, la risolvi se cerchi un punto di contatto che affronti la questione per tutti. Ed è quello che noi stiamo facendo chiedendo aiuto sulla dimensione esterna ed è - se mi consentite - una politica un po' più seria che dire “noi facciamo entrare tutti ma poi ve li dovete prendere voi”, quando magari altri difendono i confini esterni dell'Unione europea. L’ho sempre sostenuto ed è quello che sto facendo.
PNNR. Intanto alcuni elementi di chiarezza. È vero, in Europa si è scelto di aprire all'utilizzo delle risorse del PNRR anche per l'acquisto di armi. Mi pare che il governo italiano abbia, nello spazio di cinque minuti rispetto alla decisione, chiaramente garantito, dichiarato - e lo ribadisco anche io qui in aula - che non intende in alcun modo utilizzare le risorse del PNRR per questo scopo. Noi vogliamo utilizzare le risorse del PNNR per le scelte strategiche che stiamo sostenendo; vogliamo spendere le risorse del PNRR in modo veloce, in modo efficace. Voglio dire anche al collega Scerra che non ho alcun problema a discutere le modifiche eventuali che presenteremo e il REPowerEU entro il 31 agosto con questo Parlamento. Sono contenta che oggi vi rendiate conto di quanto sia importante il ruolo del Parlamento perché ricordo che quando è stata approvato il PNRR il Parlamento non l'ha neanche potuto leggere, ma al tempo si riteneva che andasse bene così. Invece io sono convinta che il PNRR debba avere anche un confronto con il Parlamento e volentieri rispondo a questa sollecitazione. Dopodiché il collega Scerra fa una valutazione che mi ha molto incuriosito, cioè dice che in pratica noi cerchiamo di non spendere i soldi del PNRR per affossare l'integrazione europea. Una strategia intelligente, è quella che utilizzerebbe lei? Lei capisce che questa cosa non è molto sensata. Non è molto sensato che noi diciamo che abbiamo delle risorse ma non le vogliamo spendere sperando che questo affossi l'Europa. Affosserebbe ovviamente molto più noi che l'Europa, quindi le comunico che io non arrivo a questi livelli neanche di immaginazione.
Dopodiché, sulla politica dell'austerità ho detto che cosa pensavo in apertura: il tempo della politica dell'austerità è finito, per quello che ci riguarda, è un tempo che va superato. Quindi, collega Scerra, no all'austerità ma anche no a buttare soldi per comprare consenso, come è stato fatto qualche volta in questi anni.
Sulla pace in Ucraina ho sentito molti interventi, ma guardate su questo, fermo restando che sono d'accordo sul fatto che l'Europa debba avere una propria iniziativa, è oggetto dei dibattiti che noi stiamo facendo in queste ore, è oggetto della nostra attenzione, così come ovviamente l'Italia e il governo italiano hanno fatto tutto quello che era possibile per favorire, aiutare e per sostenere la missione che il Cardinale Zuppi ha portato avanti su indicazione di Papa Francesco. Dopodiché, però, siamo sempre al tema, questo dibattito noi l’abbiamo fatto tante volte. Io credo e continuo a essere convinta del fatto che il modo più serio, al di là della propaganda, per favorire una pace e una apertura negoziale tra le parti, sia mantenere equilibrio tra le stesse; lo strumento più efficace per costringere a negoziare è che ci sia equilibrio tra le forze in campo. Tante volte l'ho detto e tante volte lo ripeto perché, signori, se noi non avessimo aiutato gli ucraini come abbiamo fatto finora non ci sarebbe stato bisogno di nessun tavolo di pace perché ci sarebbe stata un'invasione. 
Questo è il tema. Questo è il tema sul quale non si scende nel merito. Io ho già chiesto a voi in altre occasioni quali sono le condizioni che secondo voi andrebbero accettate: il riconoscimento dei referendum che sono stati fatti su pezzi di territorio ucraino, ecc. Nessuno mi fa mai una proposta concreta, perché se mi fate una proposta concreta vi dico che cosa ne penso, atteso che continuo a ritenere che la cosa più seria per la pace la stiamo facendo adesso. Però, vedete, alla fine la verità non la si vuole dire. Qualche sera fa mi imbatto in una trasmissione televisiva nella quale De Masi, filosofo di riferimento del MoVimento 5 Stelle, a un certo punto, in buona sostanza, in riferimento alla posizione del MoVimento 5 Stelle sul tema dell'Ucraina, dice che è meglio vivere sotto una dittatura che morire. E cade la maschera e si fa strage, in una parola, di secoli di storia in cui libertà, democrazia e tutti i valori della nostra civiltà sono stati costruiti con il sacrificio di chi era pronto a sacrificarsi per costruirli, e si fa strage della scelta che hanno fatto Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e quelli che hanno combattuto la mafia. Io non credo che sia meglio vivere sotto una dittatura che morire. Io penso che noi dobbiamo lavorare perché le persone possano vivere libere. Questa è la differenza tra quello che stiamo facendo noi è quello che proponete voi.
Grazie

28 Giugno 2023

Scorrimento della graduatoria concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di 2.133 posti, elevati a 2.736, di personale non dirigenziale, a tempo pieno e indeterminato, Area III - F1, nei ruoli di diverse amministrazioni

Scorrimento della graduatoria del concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di 2.133 posti, elevati a 2.736, di personale non dirigenziale, a tempo pieno e indeterminato, da inquadrare nell’Area III, posizione retributiva/fascia retributiva F1, o categorie o livelli equiparati, nel profilo di funzionario amministrativo, nei ruoli di diverse amministrazioni (G.U. IV Serie Speciale Concorsi ed esami n. 50 del 30 giugno 2020 - G.U. IV Serie Speciale Concorsi ed esami n. 60 del 30 luglio 2021 ).

28 Giugno 2023

Scorrimento della graduatoria concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di 2.133 posti, elevati a 2.736, di personale non dirigenziale, a tempo pieno e indeterminato, Area III - F1, nei ruoli di diverse amministrazioni

Avviso scorrimento della graduatoria relativa al concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di 2.133 posti, elevati a 2.736, di personale non dirigenziale, a tempo pieno e indeterminato, da inquadrare nell’Area III, posizione retributiva/fascia retributiva F1, o categorie o livelli equiparati, nel profilo di funzionario amministrativo, nei ruoli di diverse amministrazioni (G.U. IV Serie Speciale Concorsi ed esami n. 50 del 30 giugno 2020 - G.U. IV Serie Speciale Concorsi ed esami n. 60 del 30 luglio 2021. 

28 Giugno 2023

Concorso pubblico, per titoli ed esami, per 17 unità di personale dirigenziale non generale a tempo indeterminato di cui 13 unità ruolo speciale della Protezione Civile

Avviso dello scorrimento della graduatoria del concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di n. 17 unità di personale dirigenziale non generale a tempo indeterminato, di cui n. 13 unità da inquadrare nel ruolo speciale della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e n. 4 unità da inquadrare nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri (G.U. IV serie speciale “Concorsi ed Esami” n. 77 del 28 settembre 2018). Codice concorso PC/AG.

28 Giugno 2023

Consiglio europeo, le comunicazioni del Presidente Meloni in Parlamento

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha reso alla Camera dei Deputati le Comunicazioni in vista della riunione del Consiglio europeo del 29 e 30 giugno 2023. Al termine della discussione generale ha tenuto la replica.

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Consiglio europeo del 29 e 30 giugno, le Comunicazioni alla Camera dei Deputati

Mercoledì, 28 Giugno 2023

Signor Presidente, onorevoli colleghi,

anche il Consiglio europeo, il quarto da quando si è insediato il nuovo Governo, ha in agenda delle sfide che sono prioritarie per l’Unione europea: l’aggressione all’Ucraina, l’economia, la sicurezza, la difesa, la migrazione, le relazioni esterne.

E del resto non è mutata la complessità della fase che l’Europa, l’Occidente, il sistema internazionale stanno vivendo. La sicurezza in tutti gli ambiti, compreso quello sociale ed economico, rimane la priorità del nostro lavoro quotidiano.

La difesa della sicurezza e, conseguentemente, della libertà non può prescindere dal partenariato strategico che lega Unione europea e NATO. Per questo, in vista di un altro importante appuntamento - il Vertice NATO dell’11 e del 12 luglio a Vilnius in Lituania - giovedì 29 giugno è previsto, prima dell’avvio dei lavori a 27 del Consiglio europeo, un incontro di lavoro con il Segretario Generale NATO Stoltenberg. In quella occasione il Consiglio ribadirà l’impegno dell’Unione come partner e fornitore di sicurezza globale, in complementarietà con l’Alleanza Atlantica, per attuare la Bussola Strategica e avanzare sui regolamenti per il rafforzamento dell’industria europea della difesa anche mediante acquisti comuni. 

Si aprirà quindi un Consiglio europeo che dovrà esprimere segnali ambiziosi di una Europa capace di proteggere imprese e cittadini. 

Tema centrale, soprattutto grazie all’impegno italiano, sarà quello delle migrazioni.  

Sul punto voglio innanzitutto unirmi al cordoglio per la recente tragedia avvenuta a largo delle coste greche, rinnovando a nome del Governo la nostra vicinanza ai familiari delle vittime e il nostro impegno in ogni sede a stroncare il disumano traffico di esseri umani che continua a mietere vittime nel Mediterraneo. 

Al Consiglio europeo straordinario di febbraio scorso, grazie all’azione dell’Italia, è stato finalmente riconosciuto da tutti e 27 gli Stati Membri e dalle Istituzioni europee che la migrazione è una sfida europea e dunque richiede risposte europee. 

E sempre grazie al nostro lavoro si fa sempre più strada l’approccio che mira a superare la storica contrapposizione tra movimenti primari e movimenti secondari e tra Paesi di primo arrivo e Paesi di destinazione.

Se non si affronta, cioè, a monte il tema della difesa dei confini esterni dell’Unione europea, se non si contrasta l’immigrazione illegale prima che giunga sulle nostre coste, è impossibile realizzare una politica di migrazione e di asilo giusta ed efficace. E una civiltà come la nostra non può lasciare agli schiavisti del ventunesimo secolo, trafficanti senza scrupoli che lucrano sulle vite umane, il potere di decidere chi entra e chi no in Europa. L’immigrazione irregolare di massa non ha niente di umano e solidale. E colpisce i più deboli, i più fragili, a partire da coloro che avrebbero diritto ad essere accolti.

Questo cambio di passo significa soprattutto mantenere alta l’attenzione dell’Unione europea nei confronti dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo e dell’Africa, coniugando la lotta ai trafficanti con politiche di sviluppo. Il rapporto con i Paesi di origine e di transito deve essere considerato prioritario e deve concretizzarsi attraverso partenariati equilibrati, finanziati con risorse adeguate, tema che intendiamo porre nel quadro della revisione del bilancio settennale dell’Unione.
Un approccio del quale è pioniere il nostro “Piano Mattei” per l’Africa, un obiettivo strategico che è stato lanciato da questo governo, sul quale molti Stati europei hanno manifestato il loro interesse e apprezzamento.

Si comincia cioè a comprendere che se si vuole affrontare alla radice il problema dell’immigrazione ci si deve porre il tema dello sviluppo dell’Africa, con la sua popolazione in crescita, le sue sfide e le sue opportunità. Una vasta regione che possiede risorse - a partire da quelle energetiche – cruciali per l’Europa, che tuttavia dovrebbero, prima di tutto, andare a beneficio dei popoli che ne sono detentori. Uno sviluppo che deve essere finalizzato a valorizzare il capitale umano e la crescita di un tessuto produttivo locale, solido e autosufficiente. L’obiettivo è ambizioso ma molto chiaro: garantire prosperità, pace e amicizia duratura. Con un modello di cooperazione allo sviluppo che deve essere paritario e non predatorio. 

Anche per questo nelle ultime settimane il Governo si è impegnato, e mi sono impegnata personalmente con le recenti missioni del 6 e dell’11 giugno - quest’ultima con la Presidente della Commissione von der Leyen e il Premier olandese Mark Rutte -, perché l’Europa mantenesse alta l’attenzione sulla stabilità della Tunisia, obiettivo fondamentale per la sicurezza dell’intero Mediterraneo e, conseguentemente, dell’Europa. L’adozione della Dichiarazione congiunta UE-Tunisia e il lavoro che continua in queste ore per giungere alla definizione di un pacchetto europeo a sostegno di Tunisi, rappresentano un segnale molto importante, e sono per questo grata alla Commissione per il lavoro che sta portando avanti. Così come saluto con soddisfazione che questa priorità sia stata riconosciuta come punto a sé nell’agenda di politica estera di questo Consiglio europeo. 
L’Europa, oggi, riconosce finalmente che la stabilità dei Paesi del Nord Africa è anche un problema del nostro continente. 

Ma serve anche un segnale del Consiglio europeo per consolidare con ulteriori progressi, in vista del negoziato col Parlamento europeo, l’intesa che è stata raggiunta al Consiglio Giustizia e Affari Interni sulle proposte di regolamento in materia di asilo e migrazione volte a superare le regole di Dublino, regole che ormai sono considerate da tutti superate, ma che per nazioni come la nostra, che difendono i confini esterni dell’Unione europea, diventano addirittura potenzialmente rischiose, perché ci espongono a flussi illegali crescenti, con il portato di tragedie che continuiamo a vedere nel Mediterraneo. 
Le proposte che abbiamo concordato, certamente da perfezionare, vanno però nella giusta direzione: rendono le responsabilità per i Paesi di primo ingresso più sostenibili, valorizzano il concetto di Paese terzo sicuro, prevedono un meccanismo di solidarietà permanente e vincolante, pur con elementi di flessibilità nei suoi contenuti. Proponevano che gli Stati che dovessero rifiutare i ricollocamenti dei migranti pagassero quelli che dovevano ricollocare i migranti. Ma io non avrei mai accettato di essere pagata per trasformare l’Italia nel campo profughi d’Europa. Quello che abbiamo chiesto e ottenuto è che quelle risorse alimentino invece un fondo per difendere i confini esterni. Non per gestire l’immigrazione illegale, ma per contrastarla. 

Il vero nodo della questione per noi rimane uno: distinguere i migranti economici da chi ha diritto invece alla protezione internazionale. Sono due materie molto diverse che per anni sono state colpevolmente sovrapposte.

E questa mancata distinzione, che era soprattutto figlia di calcoli ideologici, ha avuto il paradosso di indebolire enormemente la possibilità di aiutare chi ne aveva diritto per favorire le organizzazioni criminali che gestiscono la tratta di esseri umani. 

Allora per noi la difesa dei confini esterni è l’aspetto fondamentale. Chi ha dato fiducia a me e a questo Governo si aspetta risultati concreti nel contrasto all’immigrazione irregolare, e li avrà. E non importa se servirà tempo per ottenerli, perché i risultati ai quali stiamo lavorando saranno strutturali e duraturi. Questo è l’impegno che ci siamo assunti, questo è quello che faremo. 

E voglio dire che sono fiera di essere arrivata alla guida di questa nazione quando era lanciata a folle velocità verso la cancellazione dei confini nazionali, il riconoscimento del diritto inalienabile alla migrazione e quindi ad essere accolti in Europa senza vincoli e senza distinzioni, il divieto di adottare qualsiasi misura di contenimento dell’immigrazione illegale, arrivando perfino a legittimare chi sperona le navi dello Stato italiano; e di ritrovarmi oggi a rappresentare una Nazione che si fa portatrice di una visione diametralmente opposta. 

E quindi considero molto significativo il capitolo delle Conclusioni del Consiglio dedicato alle relazioni esterne dell’Unione europea, elemento che ci consentirà di ribadire l’importanza di rilanciare la discussione in seno all’Ue sui rapporti con la Sponda Sud. L’Italia ha presentato, con il sostegno degli altri partner MED 9, un documento di posizione sul rilancio delle relazioni tra l’Unione europea e il Vicinato Sud, che contiene proposte concrete per rafforzare il partenariato in tre settori strategici: energia, per l’appunto migrazione e transizione verde. 

Auspichiamo che un incontro Unione europea-Vicinato Sud possa tenersi sotto la Presidenza spagnola a livello di Vertice dei Capi di Stato e di Governo. 

Il Consiglio Europeo esprimerà inoltre il sostegno dell’Unione europea a una presenza rafforzata dell’Unione Africana nei fori internazionali, specialmente nel G20. E, in linea con gli obiettivi della nostra Presidenza G7 nel 2024, ribadirò l’importanza per l’Italia di rilanciare il ruolo dell’Africa in questi consessi. Per questo ci siamo subito espressi a favore dell’inclusione permanente dell’Unione Africana nel G20, perché riteniamo sia necessario aggiungere una nuova, autorevole voce, nella ricerca di soluzioni comuni alle sfide globali.

Tratteremo ancora una volta, in questo Consiglio europeo, dell’aggressione della Federazione russa all’Ucraina.

L’Italia ha seguito con grande attenzione insieme ai suoi alleati gli sviluppi della crisi interna alla Federazione Russa. Senza volerci addentrare in commenti su fatti interni alla Russia, mi limito a notare come questo episodio abbia contribuito a far emergere in maniera evidente le difficoltà che sta attraversando il sistema di potere di Putin e a smontare la narrazione russa secondo la quale in Ucraina stia andando tutto secondo i piani. Come sappiamo, la situazione è in evoluzione, anche a seguito delle ultime dichiarazioni dei vertici russi che riguardano il tema della brigata Wagner e il dispiegamento dei suoi uomini nei diversi scenari di guerra, un tema che per noi chiama in causa anche l’Africa dove la presenza di Wagner è molto significativa.

L’Unione europea confermerà il suo convinto sostegno al popolo ucraino che si batte da 16 mesi per la libertà e l’indipendenza della propria nazione. 

La chiara posizione del governo italiano è riconosciuta e apprezzata dai nostri partner e rafforza il peso della nostra nazione nei contesti europei e internazionali. E di questo penso dovremmo andare tutti fieri, non solo il governo, ma l’intero Parlamento e la nazione nel suo complesso. 

Voglio ribadire la mia ferma convinzione che difendere l’Ucraina vuol dire oggi difendere l’interesse nazionale italiano. Perché la capitolazione dell’Ucraina porterebbe con sé il crollo del diritto internazionale e del sistema di convivenza tra Stati, nato con la fine della Seconda guerra mondiale.  Se noi non avessimo aiutato gli ucraini, come anche qualcuno in quest’aula suggerisce – probabilmente per interessi di propaganda-, se gli ucraini non avessero stupito il mondo con il loro coraggio, noi oggi ci troveremmo in un mondo nel quale alla forza del diritto si sostituisce il diritto del più forte, un mondo nel quale chi è militarmente più potente può liberamente invadere il suo vicino, un mondo molto più instabile e molto più pericoloso. E in un mondo senza regole, se non quella delle armi, l’Europa e l’Italia avrebbero solo da perdere.

Il nostro auspicio è che si possa giungere il prima possibile a una pace giusta e duratura, nel pieno rispetto del diritto internazionale e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. A questo obiettivo continuiamo a lavorare con impegno in ogni sede internazionale. 
L’Italia continuerà a sostenere gli sforzi volti a garantire che i crimini internazionali commessi nell’ambito dell’aggressione ai danni dell’Ucraina siano perseguiti, in primis attraverso il lavoro indipendente della Corte Penale Internazionale. 

Penso, su tutti, al rapimento e alla deportazione in Russia di migliaia di bambini ucraini di cui non si hanno più notizie, perché da madre è certamente uno degli aspetti che più mi hanno segnato in questa terribile vicenda. 

Il sostegno finanziario europeo a Kiev resta solido, proseguirà di pari passo con la ricostruzione del Paese aggredito. Lo strumento proposto dalla Commissione, il c.d. “New Ukraine Facility”, dimostra che la comunità internazionale guarda tutta nella stessa direzione. Cioè, oltre questa guerra, oltre quel nemico, oltre quell’ingiustizia, noi guardiamo a un’Ucraina ricostruita, e l'Italia ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo da assoluta protagonista, come ha dimostrato con la Conferenza bilaterale sulla Ricostruzione che abbiamo celebrato il 26 aprile scorso e che ha permesso di portare a Roma il meglio dei sistemi imprenditoriali delle due Nazioni. Noi scommettiamo su un futuro di pace e di prosperità per l’Ucraina, e sull'integrazione europea di questa Nazione. Perché sosterremo con forza il diritto degli ucraini a essere parte integrante della famiglia europea.

L’Italia assicura sostegno all’Ucraina anche attraverso la cooperazione allo sviluppo, così come sul contrasto alle gravi ripercussioni sulla sicurezza alimentare che il conflitto ha causato. Accogliamo con sollievo la proroga dell’accordo Black Sea Grain Initiative e plaudiamo agli sforzi profusi dall’Europa per assicurare la continuazione del programma Solidarity Lanes. Tuttavia, sarà necessario trovare una soluzione duratura che garantisca il libero flusso dei prodotti agricoli nel Mar Nero, e confermiamo anche su questo il nostro totale impegno. 

Seguiamo anche con grandissima attenzione e sosteniamo pienamente gli incessanti sforzi e l’azione diplomatica del Direttore Generale dell’AIEA, Grossi, per garantire la sicurezza nucleare in Ucraina. 

Dopo l’atto criminale che ha causato l’esplosione della diga di Nova Kakhovka, siamo preoccupati che anche la centrale nucleare di Zaporizhia possa essere usata come strumento di guerra. Ed è dovere di tutta la comunità internazionale vigilare affinché una tale catastrofe non avvenga. Ci auguriamo che la recentissima visita di Grossi a Kiev e Zaporizhia possa aprire la strada a progressi concreti, pur in un contesto che sappiamo essere particolarmente difficile. 

Rimanendo con lo sguardo alla frontiera est, desidero fare un cenno anche a quanto stiamo facendo per la Moldova, di cui sosteniamo il processo europeo, incoraggiandola ad adempiere pienamente alle condizioni individuate dall’UE.  Ma in quel processo, che a me non piace definire allargamento ma piuttosto riunificazione, perché come diceva San Giovanni Paolo II “l’Europa ha bisogno di respirare con due polmoni, quello d’occidente e quello d’oriente”, noi dobbiamo assicurare il rispetto delle regole per tutti, evitando “percorsi prioritari” a favore dei nuovi candidati e a discapito dei vecchi, e mi riferisco in particolare ai Paesi dei Balcani Occidentali.

La guerra in Ucraina ha avuto un impatto evidente sulle economie del continente. A maggior ragione sono quindi fondamentali i segnali che, sull’economia, ogni Consiglio Europeo, e dunque anche questo, riesce a dare, per assicurare un vero sostegno, con parità di condizioni, alle imprese del nostro continente.

Una politica industriale europea che preservi il Mercato unico è inseparabile da un approccio europeo alla competitività. È sotto gli occhi di tutti come, senza finanziamenti europei erogati indipendentemente da capacità fiscali nazionali, si rischi solo di aumentare le disparità, favorendo alcuni Paesi a discapito di altri.

La Commissione europea ha presentato il 20 giugno una proposta di “Piattaforma per le Tecnologie Strategiche per l’Europa”, denominata STEP (Strategic Technologies for Europe Platform), con un “portale di sovranità” che non solo ha come obiettivo semplificare le informazioni e le procedure per i finanziamenti europei, ma concede flessibilità nell’uso dei fondi europei per favorire e finanziare gli investimenti in settori strategici. Si tratta di una richiesta che l’Italia aveva avanzato già a febbraio e che, su nostro impulso, era stata inserita nelle Conclusioni del Consiglio europeo. La proposta della Commissione è un importante punto di partenza per il negoziato, al quale l’Italia intende contribuire per arrivare ad un accordo in tempi rapidi.
Questo strumento costituisce, come dice la parola STEP, per noi un primo passo per arrivare ad un Fondo Europeo per la Sovranità, strumento fondamentale per affrontare con risorse adeguate sfide come le transizioni verde e digitale, la difesa, la salute, sfide cioè che ci impegneranno almeno per i prossimi tre decenni.
C’è poi il tema della riforma della governance economica, che per il Governo italiano deve avere come principale obiettivo il sostegno alla crescita, perché senza sostegno alla crescita non si può neanche garantire stabilità. La riforma deve garantire, a nostro avviso, la protezione degli investimenti nei settori strategici - in particolare transizione verde, transizione digitale e difesa - e deve prevedere procedure semplificate e veloci per le nostre imprese. 

L’intenso lavoro diplomatico che stiamo svolgendo con i partner è volto soprattutto a superare vecchie contrapposizioni e a porre fine una volta per tutte alla stagione dell’austerità, pur senza venir meno a quella disciplina di bilancio sulla quale il governo italiano ha dimostrato serietà fin dalla manovra finanziaria, con buona pace dei gufi che preconizzavano catastrofi di ogni sorta.

É una partita complessa, sulla quale io credo che l’Italia abbia obiettivi in questo caso condivisi dalla gran parte delle forze politiche e che sono stati oggetto di sostegno bipartisan già con i governi precedenti. Per questa ragione, lo voglio dire con serenità ma anche con chiarezza, non reputo utile all’Italia alimentare in questa fase una polemica interna su alcuni strumenti finanziari, come ad esempio il MES. L’interesse dell’Italia oggi è affrontare il negoziato sulla nuova governance europea con un approccio a pacchetto, nel quale le regole del patto di stabilità, il completamento dell’Unione bancaria e i meccanismi di salvaguardia finanziaria si discutano nel loro complesso, nel rispetto del nostro interesse nazionale. Prima ancora di una questione di merito c’è una questione di metodo su come si faccia a difendere l’interesse nazionale italiano. 

Il Consiglio europeo si occuperà anche di sicurezza economica, obiettivo prioritario nella recente proposta della Commissione europea. Sicurezza economica intesa come promozione di competitività e crescita, protezione dell’industria, vigilanza sugli investimenti e le tecnologie sensibili, protezione delle filiere produttive dell’Unione, sviluppo di capacità industriali e innovazione sul nostro territorio, rafforzamento e maggiore controllo delle nostre catene di approvvigionamento. 

Insomma, tutto quell’approccio sulla difesa e il controllo delle proprie catene produttive e sulla propria autosufficienza che qualche tempo fa qualcuno avrebbe bollato in maniera un po' semplicistica come un approccio “autarchico”, ma che in realtà era semplicemente approccio realistico di chi capisce che l’Europa ha necessità e bisogno di controllare le sue catene di approvvigionamento e di non essere sempre più esposta a dipendenze che diventano pericolose.

Nella discussione sull’economia si farà poi riferimento all’avvio, a breve, del percorso di revisione di medio termine del bilancio settennale dell’Unione, il cosiddetto Quadro Finanziario Pluriennale. Nei giorni scorsi abbiamo presentato un documento di posizione, evidenziando gli aspetti che sono per l’Italia di maggior interesse: Il bilancio dell’Unione dovrà tenere conto della situazione di grande instabilità geopolitica nel Nord Africa, come dicevamo, ma anche - specie in rapporto al debito di NextGenerationEU – all’aumento continuo dei tassi di interesse.

E, certo, i cittadini degli Stati dell’eurozona avevano quasi dimenticato cosa fosse l’inflazione. Ora è tornata a colpire le nostre economie, e ci ricordiamo di come sia una odiosa tassa occulta che colpisce soprattutto i meno abbienti e chi ha un reddito fisso, dai lavoratori ai pensionati. Per questo è certamente giusto combatterla con decisione. Ma la semplicistica ricetta dell’aumento dei tassi intrapresa dalla Banca Centrale Europea non appare agli occhi di molti la strada più corretta da perseguire, considerato che nei nostri Paesi l’aumento generalizzato dei prezzi non è figlio di una economia che cresce troppo velocemente ma di fattori endogeni, primo fra tutti la crisi energetica causata dal conflitto in Ucraina. Non si può non considerare il rischio che l’aumento costante dei tassi finisca per colpire più le nostre economie che l’inflazione, e cioè che la cura si riveli più dannosa della malattia. 

È probabilmente più utile concentrarsi, riteniamo, sulle cause specifiche che scatenano questa inflazione, proseguendo nelle misure di contenimento dei prezzi dell’energia e delle materie prime che l’Europa ha messo in atto, ricordo il tema del Price Cap, grazie soprattutto all’attivismo dell’Italia. 

Di grande portata sarà anche la componente di politica estera, le cosiddette “relazioni esterne”, in questo Consiglio.

È prevista una discussione sulla Cina. Il futuro delle relazioni con Pechino è oggetto di un intenso dibattito a livello UE. Certo, andrebbe, a monte, aperto un lungo capitolo sulla miopia con la quale anche l’Unione europea ha gestito le conseguenze dell’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Come ha lungamente spiegato il Presidente Tremonti, il commercio per essere davvero vantaggioso per tutte le parti deve essere non solo libero, ma anche equo. Ma oggi, più pragmaticamente, dobbiamo prendere atto che quella cinese e quella europea sono economie per molti aspetti interdipendenti, il cui rapporto è stato spesso viziato da pratiche distorsive e dovrebbe invece evolvere verso standard e regole comuni. 

In questo contesto, se da un lato il disaccoppiamento non è un’ipotesi percorribile, dall’altro lo è ridurre il rischio, sostenere con forza la competitività del nostro sistema produttivo e la resilienza delle nostre catene di approvvigionamento per non cadere in nuovi, deleteri, legami di dipendenza.

Non solo. Sul piano geopolitico, la Cina è diventata interlocutore imprescindibile nelle relazioni internazionali, anche laddove la sua leadership politica sembra spesso perseguire un diverso ordine internazionale, ed è attore imprescindibile per dare adeguate risposte ad alcune sfide globali, pensiamo il clima, perché è evidente che non possiamo affrontare sfide come quella climatica gravando solo e unicamente sulle nostre economie.

Per tutte queste ragioni, intendiamo perseguire con la Cina un rapporto che – lungi dall’essere ostile – vuole però essere maggiormente equilibrato. La Cina è a tutt’oggi un rivale sistemico, che chiama l’Unione europea a essere, da una parte, ferma nella difesa dei propri valori e dell’ordine internazionale basato sulle regole e, dall’altra, pragmatica nel perseguimento dei propri interessi economici e nel confronto sulle sfide globali.

Nelle Conclusioni del Consiglio vi sarà inoltre un riferimento alla preparazione del Vertice UE-CELAC del 17-18 luglio prossimi, grande opportunità per rilanciare le relazioni tra Europa e America Latina, due regioni storicamente legate da radici culturali comuni, come noi italiani – grazie alle nostre radicate e folte comunità italiane che vivono in quelle terre – sappiamo meglio di altri. In questo contesto non si può però non notare, e non farlo con preoccupazione, il deterioramento della situazione della democrazia, del diritto, della libertà religiosa e più in generale dei diritti umani in molti stati dell’America Latina.
Vi sarà un riferimento anche alla ferma condanna del Consiglio europeo dei violenti incidenti nel nord del Kosovo a fine maggio e alla necessità di un’immediata de-escalation nella tensione di ripresa del dialogo facilitato dall’UE tra Belgrado e Pristina. Confermo l'impegno italiano per la pace e la stabilità del Kosovo e di tutta l’area dei Balcani Occidentali, a cui stiamo dedicando molte, molte energie.

Voglio, a questo proposito, ribadire - e mi avvio alla conclusione - l’indignazione italiana per l’attacco di fine maggio a danno della missione KFOR, che ha coinvolto anche militari italiani. A loro, come a tutti gli uomini e le donne in uniforme che onorano il tricolore, difendendo ovunque nel mondo pace e democrazia, va il nostro grazie a nome dell’Italia intera. 

A loro, e a tutti i cittadini italiani che ci seguono, voglio dire che in tutti i consessi europei e internazionali viene oggi riconosciuto all’Italia il ruolo di una Nazione solida, credibile, affidabile. Forte delle sue ragioni e dei suoi interessi, forte della sua tradizione di dialogo e del suo ruolo geopolitico. 

E lo dico con orgoglio, anche pensando ai molti che, strumentalmente, preconizzavano o scommettevano su un’Italia a guida centrodestra che sarebbe stata isolata a livello internazionale. I risultati, ancora una volta, smentiscono i pronostici. E ci responsabilizzano a fare sempre di più, sempre meglio, consapevoli come siamo che un’Italia forte e credibile fuori dai confini nazionali significa soprattutto un’Italia capace di affermare gli interessi e i bisogni dei suoi cittadini. 
Vi ringrazio.
 


 

28 Giugno 2023

Consiglio europeo, le comunicazioni del Presidente Meloni in Parlamento

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha reso alla Camera dei Deputati le Comunicazioni in vista della riunione del Consiglio europeo del 29 e 30 giugno 2023. Al termine della discussione generale ha tenuto l'intervento di replica. In seguito, al termine della discussione generale al Senato della Repubblica, il Presidente Meloni ha tenuto l'intervento di replica.